L’equilibrio precario dell’Antartide orientale minato dal riscaldamento oceanico

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L’equilibrio precario dell’Antartide orientale minato dal riscaldamento oceanico

Osservata dall’alto, l’immensa calotta glaciale che ricopre l’Antartide orientale non sembra risentire del riscaldamento globale, ma le acque relativamente calde dell’oceano potrebbero eroderla rapidamente dal basso, grazie anche alla presenza di complesse valli e insenature di una linea di costa di cui ancora non c’è una mappatura completa
di Jane Qiu/Nature
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In una splendida mattina di gennaio 2015, la rompighiaccio australiana RSV Aurora Australis stava perdendo la sua battaglia al largo della costa orientale dell’Antartide.

La nave aveva cercato per giorni di spezzare lo strato di ghiaccio che copriva il mare. Penetrata a fatica nel pack, era rimasta bloccata, aveva riprovato a frantumarlo, ma niente: il ghiaccio, spesso di parecchi metri, non aveva ceduto.

Stephen Rintoul, oceanografo all’Università della Tasmania a Hobart, in Australia, aveva quasi abbandonato l’obiettivo di raggiungere una parte del continente che aveva bloccato tutte le spedizioni precedenti. “Ho davvero pensato che sarebbe stato un altro tentativo fallito.”

Poi il tempo è venuto in suo soccorso; un cambiamento del vento ha allontanto il ghiaccio dalla riva, aprendo una via attraverso il pack. La nave è riuscita a liberarsi e a percorrere 100 chilometri fra i ghiacci, raggiungendo infine il margine del gelido continente poco dopo la mezzanotte.

Rintoul e la sua squadra sono stati i primi scienziati ad arrivare al Totten Ice Shelf – una vasta scogliera di ghiaccio galleggiante che si affaccia sul più grande ghiacciaio dell’Antartide orientale. “E ‘stata un’esperienza davvero esaltante”, afferma Rintoul.

La squadra doveva agire velocemente prima che il ghiaccio si richiudesse di nuovo e bloccasse qualsiasi via di fuga. Per più di 12 ore, Rintoul e i suoi colleghi hanno continuato a lavorare senza sosta, sondando la temperatura e la salinità dell’acqua, la velocità e la direzione delle correnti oceaniche, e la forma e la profondità del fondale dell’oceano. E hanno collocato una serie di strumenti destinati a rilevare dati anche dopo la partenza della nave.

La rompighiaccio Aurora Australis in vista della scogliera del giacciaio Totten. (Cortesia Paul Brown/Australian Maritime College)

Queste prime osservazioni dirette hanno confermato i timori che i ricercatori nutrivano da tempo:

le acque calde dell’oceano circostante possono scivolare sotto la lingua del ghiacciaio che galleggia sul mare ed erodere il ghiaccio dal basso. “Questo potrebbe spiegare perché Totten si è assottigliato negli ultimi decenni”, dice Rintoul.

Scoperte come queste stanno rivelando alcune verità spaventose sull’Antartide orientale, la grande, remota terraferma a est dei Monti Transantartici.

Si tratta di una regione grande come gli Stati Uniti, gran parte della quale è costituita da un altopiano che raggiunge i 4093 metri sul livello del mare, dove le temperature possono scendere a -95 °C.

Poiché la calotta antartica orientale appare così fredda e isolata, si riteneva che fosse rimasta stabile nel passato e che difficilmente sarebbe cambiata in futuro, in netto contrasto con il più sottile strato di ghiaccio dell’Antartide occidentale, che ha destato allarme per il rapido ritiro di molti dei suoi ghiacciai.

Negli ultimi anni, però, “quasi tutto quello che pensavamo di sapere sull’Antartide orientale si è rivelato sbagliato”, spiega Tas van Ommen, glaciologo della Australian Antarctic Division a Kingston, nei pressi di Hobart.

Volando attraverso il continente su aerei dotati di strumenti che sondano sotto il ghiaccio, il suo gruppo di ricerca ha scoperto che una grande frazione dell’Antartide orientale è ben al di sotto del livello del mare, il che la rende più vulnerabile al riscaldamento dell’oceano di quanto si pensava.

I ricercatori hanno anche scoperto indizi che nel passato il massiccio ghiacciaio di Totten, che contiene altrettanto ghiaccio dell’Antartide occidentale, si è ripetutamente ridotto e poi ripreso, un altro indizio che anche in futuro potrebbe ritirarsi.

Anche se al momento l’Antartide orientale non sembra perdere molto ghiaccio, ci sono indicazioni che risente del cambiamento climatico e che sta reagendo in modo misurabile.

Questo è sconcertante perché la sua calotta glaciale è dieci volte più grande di quella occidentale. Se tutti i ghiacci sotto il livello del mare dell’Antartide orientale dovessero scomparire, l’altezza degli oceani del mondo salirebbe di quasi 20 metri.

Localizzazione del ghiacciaio Totten. (Cortesia The University of Texas at Austin) I ricercatori stanno cercando di raccogliere quante più informazioni possibile sull’Antartide orientale per prevedere meglio che cosa accadrà. Il timore è che nei prossimi secoli la calotta glaciale possa raggiungere un punto critico.

“Se i ghiacciai si ritirano oltre un certo punto, le cose possono precipitare, causando un rapido aumento del livello del mare”, afferma Eric Rignot, glaciologo all’Università della California a Irvine. “Di fronte a una calamità come questa non possiamo far finta di niente”.

Pericolo profondo
Rignot è stato uno dei primi scienziati a mettere in guardia sui possibili problemi legati all’Antartide orientale, una regione trascurata dai climatologi. Nel 2013, il suo team ha dettagliato il comportamento del ghiaccio intorno al margine dell’Antartide combinando immagini satellitari, indagini aeree e modelli climatici.

I ricercatori hanno scoperto che sei ghiacciai dell’Antartide orientale, tra cui quello di Totten, si sono sciolti dal basso a tassi molto più elevati del previsto, rivaleggiando in alcuni casi con i ghiacciai in rapida ritirata dell’Antartide occidentale.

Altre sorprese sono emerse quando i ricercatori hanno approfondito lo studio di alcuni di essi. Le immagini satellitari e le indagini aeree effettuate tra il 1996 e il 2013 hanno mostrato che la superficie del ghiacciaio di Totten è scesa di 12 metri e che la sua linea di terra – il punto in cui il ghiaccio che scorre dal continente comincia a galleggiare sull’oceano – si è ritirata di ben tre chilometri, un valore scioccante.

“Non è un caso isolato”, dice Chris Stokes, glaciologo dell’Università di Durham, in Gran Bretagna. Il suo team ha analizzato le immagini satellitari che coprono tutte le regioni costiere in Antartide orientale ottenute tra il 1974 e il 2012. La maggior parte delle aree non ha avuto un guadagno o una perdita netti di ghiaccio.

L’unica eccezione è la Terra di Wilkes – un’area più grande della Groenlandia che include il ghiacciaio di Totten. Tra il 2000 e il 2012 tre quarti dei ghiacciai si sono ritirati. “La Terra di Wilkes può essere il ventre molle dell’Antartide orientale”, dice Stokes.

Mentre i ricercatori riflettevano sul sorprendente ritiro dei ghiacciai antartici orientali, van Ommen e i suoi colleghi stavano volando su Totten per sondarne la parte inferiore. “Il paesaggio sotto il ghiaccio è di fondamentale importanza per il modo in cui i ghiacciai fluiscono e rispondono al cambiamento climatico”, dice.

Quando, una decina di anni fa, il gruppo ha lanciato un’iniziativa internazionale denominata ICECAP (Cooperazione internazionale per l’esplorazione della criosfera attraverso la profilazione aerogeofisica) per analizzare sistematicamente il paesaggio nascosto dell’Antartide orientale, dice van Ommen, “non sapevamo nulla di ciò che succedeva laggiù”.

Da allora, ogni estate (antartica) i velivoli dell’ICECAP hanno attraversato il grande continente per esplorare il ghiaccio usando radar e sensori gravitazionali e magnetici. “Sono i migliori voli al mondo”, afferma Martin Siegert, glaciologo all’Imperial College di Londra e uno dei responsabili del progetto.

Lo strato di ghiaccio apparentemente immutabile è in realtà in continuo cambiamento – con dune di neve scolpite dal vento e ghiacci che luccicano con migliaia di tonalità diverse sotto la spettrale luce antartica. “È come un altro pianeta”, dice Siegert.

Un’altra immagine della scogliera del ghiacciao Totten. (Cortesia Steve Rintoul/CSIRO and ACE CRC)

Sotto lo strato di ghiaccio relativamente piatto i voli hanno rivelato un paesaggio incredibilmente tormentato. I risultati preliminari delle indagini aeree di questo gennaio, dirette dal glaciologo Sun Bo dell’Istituto cinese di ricerca polare a Shanghai, hanno confermato la presenza di un canyon di 1100 chilometri, il più lungo del mondo, profondo quasi quanto il Grand Canyon degli Stati Uniti.

Nei voli precedenti sulla Terra di Wilkes, la squadra di van Ommen ha scoperto che il 21 per cento del bacino del ghiacciaio di Totten si trova a oltre un chilometro sotto il livello del mare, per un’area 100 volte superiore alle stime precedenti. “In effetti non ci aspettavamo che fosse così esteso”, dice Donald Blankenship, geofisico all’Università del Texas a Austin e anch’egli fra i responsabili di ICECAP.

La squadra ha anche trovato depressioni sottomarine che si estendono dal limite del ghiacciaio Totten fino alla linea di terra 125 chilometri più all’interno, scendendo fino a 2,7 chilometri al di sotto del livello del mare. Questo paesaggio profondamente frastagliato potrebbe consentire alle acque provenienti dal largo, più calde, di raggiungere ed erodere velocemente il ghiaccio.

La prima occasione per studiare il destino di quell’acqua è arrivata quando la RSV Aurora Australis ha raggiunto Totten nel 2015.

Vicino alla lingua del ghiacciaio, Rintoul e colleghi hanno rilevato la presenza di acque a 0,3 °C – molto più calde del punto di congelamento dell’acqua di mare, pari a  -2 °C. “Queste acque stanno accelerando lo scioglimento”, dice Rintoul.

Gli strumenti che lui e la sua squadra hanno lasciato dietro di sé mostrano che le acque calde sono presenti tutto l’anno. Se queste acque seguono fino alla linea di terra il canale sotto il Totten da poco scoperto, devono essere almeno 3,2 °C al di sopra del punto di congelamento a quella profondità. “Sarebbe una brutta notizia”, dice Rintoul.

Le minacce alla calotta di ghiaccio potrebbero anche provenire dall’interno dell’Antartide: dai laghi subglaciali che periodicamente inviano acque alluvionali verso la costa. Un decennio fa, il lago Cook, sotto il ghiacciaio della Terra di Wilkes, ha rilasciato improvvisamente 5,2 miliardi di metri cubi di acqua alluvionale, nel più grande evento di questo tipo mai registrato in Antartide. Queste inondazioni potrebbero essere un altro fattore destabilizzante, provocando un’accelerazione del flusso di ghiaccio e il distacco di più iceberg, afferma Leigh Stearns, glaciologo all’Università del Kansas a Lawrence.

Passato preoccupante
Questi non sono scenari ipotetici, dicono i ricercatori. Gli studi degli ultimi anni hanno rivelato che in passato l’Antartide orientale ha perso molto ghiaccio, e che potrebbe farlo ancora in futuro.

Alcune prove provengono da una spedizione del 2010 realizzata nel quadro dell’Integrated Ocean Drilling Program, che ha recuperato sedimenti del fondale al largo della costa orientale dell’Antartide.

Recuperarli è stata un’impresa pericolosa. La nave ha dovuto interrompere ripetutamente la perforazione per schivare grossi  iceberg. “Le acque che circondano l’Antartide rappresentano uno degli ambienti oceanici più impegnativi da perforare dell’oceano”, afferma Tina van de Flierdt, geochemica all’Imperial College di Londra e responsabile della ricerca della spedizione.

Gli sforzi però sono stati ricompensati e hanno rivelato sorprendenti cambiamenti nella storia dello strato di ghiaccio. “Abbiamo pensato a lungo che la crescita della calotta antartica orientale fino alle dimensioni attuali, avvenuta circa 14 milioni di anni fa, fosse la fine della storia”, afferma van de Flierdt. “E che questo grande blocco stabile di ghiaccio non risentisse del cambiamento climatico.”

Invece, i sedimenti marini hanno rivelato che l’enorme lastra di ghiaccio è aumentata e diminuita molte volte tra 5,3 e 3,3 milioni di anni fa, un’epoca – il Pliocene  – in cui le temperature dell’aria erano fino a 2 °C più elevate di oggi. “Abbiamo rilevato un chiaro segnale ogni volta che il clima era caldo, e ciò suggerisce che la calotta abbia risentito del riscaldamento del clima”, dice van de Flierdt.

Una fase delle rilevazione della temperatura della acque a diverse profondità. (Cortesia Steve Rintoul/CSIRO and ACE CRC)

I ricercatori dicono di avere ottenuto alcuni interessanti risultati preliminari relativi al periodo interglaciale più recente, tra 129.000 e 116.000 anni fa, quando il globo era caldo come oggi. Allora la calotta di ghiaccio si ritirò poco meno di quanto avvenuto nel ben più caldo Pliocene. “È stata una grande sorpresa”, dice van de Flierdt.

“Se i risultati si dimostreranno robusti, direi che è una cosa davvero interessante”, afferma Maureen Raymo, geochimica al Lamont-Doherty Earth Observatory a Palisades, New York . “Può significare che basta un riscaldamento moderato perché venga persa facilmente una discreta quantità di ghiaccio.”

Avanti veloce
Via via che i ricercatori si sono concentrati sulla vulnerabilità dell’Antartide orientale, la loro preoccupazione per il futuro è aumentata sempre di più .

L’unico modo per prevedere che cosa accadrà nel giro di decenni o di secoli è ricorrere a modelli al computer che simulano la riposta delle calotte glaciali a un clima che cambia. Ma i modelli sono relativamente semplici e fino a poco tempo fa non riuscivano a riprodurre accuratamente alcuni eventi passati, come i significativi ritiri glaciali che gli scienziati hanno scoperto nella storia dell’Antartide orientale.

I climatologi Robert DeConto, dell’Università del Massachusetts ad Amherst, e David Pollard, della Pennsylvania State University a University Park,  hanno cercato di rendere le simulazioni più realistiche tenendo conto di alcuni processi ignorati dagli studi precedenti.

Il loro modello prevede la possibilità che l’acqua di fusione superficiale approfondisca le crepe nel ghiaccio e la sua frantumazione, e può simulare il crollo delle scogliere di ghiaccio una volta che sia andato perso il sostegno degli strati di ghiaccio a cui si appoggiano.

Quando DeConto e Pollard hanno incluso questi processi, il loro modello ha mostrato che durante l’ultimo periodo interglaciale e nel Pliocene i ghiacciai dell’Antartide orientale si sono ritirati in misura significativa. “È davvero il primo tentativo che sia riuscito a far corrispondere abbastanza bene le simulazioni glaciologiche con quanto sappiamo sul ritiro dei ghiacciai nel passato e sul livello del mare”, afferma van Ommen.

Dopo aver guardato indietro nel tempo, i ricercatori hanno rivolto il loro modello in futuro. E hanno visto un mix di buone e cattive notizie.

Nelle loro simulazioni, l’intera calotta glaciale antartica nel complesso non cambia molto nei prossimi 500 anni, se il riscaldamento globale entro la fine del secolo si limita a meno di 1,6 °C circa rispetto ai livelli preindustriali,  ossia se è più o meno in linea con quanto vorrebbe raggiungere l’accordo sul clima di Parigi.

Ma se entro il 2100 le temperature aumenteranno di oltre 2,5 °C rispetto ai livelli preindustriali  e continueranno a crescere, il ghiaccio antartico farà aumentare i livelli dell’oceano di 5 metri entro il 2500, con quasi la metà di quella cifra imputabile all’Antartide orientale.

Con la fusione del ghiaccio della Groenlandia, il livello del mare globale salirebbe alla fine di almeno 7 metri,  sufficiente per inondare gran parte delle principali città costiere, come Mumbai, Shanghai, Vancouver e New York. “Questo ridurrebbe drasticamente la linea di costa di tutto il mondo,  interessando milioni di persone”, dice DeConto.

Il modello, avverte DeConto, è ancora piuttosto grezzo, soprattutto perché le osservazioni relative all’Antartide orientale sono limitate: “Non abbiamo ancora mappato la maggior parte della linea di costa”
.
La mancanza di dati aveva anche dato origine a modelli degli oceani  estremamente poveri, che sottovalutavano grossolanamente la quantità di acqua calda che raggiunge la calotta glaciale, dice DeConto. “E’ davvero necessario un monitoraggio a lungo termine delle condizioni oceaniche”.

Una priorità per il futuro è mappare il basamento roccioso sotto tutti i principali ghiacciai. Questo aiuterà a identificare altri ghiacciai che potrebbero essere consumati dalle acque calde dell’oceano e prevedere come potrebbe diventare la regione interna una volta scomparso il ghiaccio lungo i margini costieri.

Una delle notizie peggiori sarebbe la scoperta di grandi valli nelle regioni interne del continente che diventano più profonde nel loro avvicinarsi all’oceano. Queste valli potrebbero destabilizzare grandi aree della calotta glaciale dell’Antartide orientale una volta che i suoi margini cominciassero a disintegrarsi nei prossimi decenni o secoli. “Allora l’intera calotta potrebbe scivolare via facilmente”, dice Blankenship. “E nulla potrebbe trattenerla.”

(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su Nature il 12 aprile 2017. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

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