Ecco perché il campo magnetico terrestre, periodicamente, si inverte

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Ecco perché il campo magnetico terrestre, periodicamente, si inverte

Gigantesche bolle di magma si muovono nel mantello, modificando la temperatura del nucleo: questo influisce sul campo magnetico della Terra, che a volte si inverte, ma non a intervalli regolari.
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Capita che il campo magnetico terrestre si inverta: l’inversione non avviene a intervalli di tempo regolari e per ciò che riguarda le cause, tra le tante ipotesi fatte finora, una sembra oggi poter godere di conferme indirette.

Se si potesse viaggiare nel tempo e tornare a 41.000 anni fa, in piena era glaciale, l’ago magnetico della nostra bussola punterebbe al Polo Sud, anziché a nord. Il campo magnetico era infatti inverso rispetto all’attuale: ogni tanto, infatti, succede che si inverta.

L’inversione non avviene a intervalli regolari: abbiamo avuto periodi di stabilità molto lunghi, di centinaia di migliaia di anni o anche di milioni di anni, e altri di avvicendamento ravvicinato, a distanza di poche decine di migliaia di anni.

Diverse ipotesi hanno tentato di spiegare il fenomeno, e adesso una è diventata più plausibile delle altre. Spiega Paula Keolemeijer (dip. di scienze della Terra della University of Oxford), autrice di un articolo pubblicato su The Conversation, che in base a nuove ricerche sembra proprio che «le inversioni del campo magnetico sono causate dalla risalita di giganteschi corpi lavici che periodicamente si formano in prossimità del confine tra il nucleo terrestre e il mantello: lo dimostrerebbero gli studi sulle onde sismiche dei più forti terremoti del pianeta».

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Il mantello terrestre inizia a circa 2.900 chilometri di profondità, appena sopra il nucleo, e termina poche decine di chilometri sotto la crosta.

Il nucleo della Terra inizia a circa 2.900 km sotto la superficie ed è composto da una sfera di ferro e in piccola percentuale di nichel, ossigeno e idrogeno. La temperatura al confine con il mantello è di circa 4.000 gradi centigradi, ossia più o meno quella che c’è sulla superficie di una stella come il Sole, e la pressione è 1,3 milioni di volte quella “sul livello del mare”.

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Le nostre conoscenze dell’interno del pianeta arrivano soprattutto dallo studio delle onde sismiche.

Nel nucleo esterno, che è liquido, si forma il campo magnetico che protegge la Terra dalle radiazioni che giungono dallo spazio. Non possiamo raggiungerlo e l’unico modo per studiarlo e analizzare le caratteristiche del limite tra il mantello e il nucleo è quello di analizzare la propagazione delle onde prodotte dai terromoti di maggiore intensità.

Questo tipo di analisi ha permesso di scoprire che esistono due grandi regioni, al confine tra nucleo e mantello, dove le onde sismiche si muovono più lentamente che attraverso le aree circostanti. Sono due regioni molto estese: se fossero in superficie potrebbero contenere più di 100 montagne come l’Everest.

Le due regioni sono identificate da una denominazione scientifica, large-low-velocity-provinces, che sta per qualcosa come “ampie-province-a-bassa-velocità”, ma molti le chiamano semplicemente blob, anche tra i ricercatori.

I blob hanno un impatto molto importante sulla dinamica del mantello, ossia sui movimenti del materiale che caratterizza lo strato al di sopra del nucleo, hanno un ruolo nel raffreddamento del nucleo stesso, fenomeno che, a sua volta, altera i moti all’interno del nucleo liquido.

La struttura della Terra: la crosta, il mantello, il nucleo esterno e quello interno.

«Abbiamo rilevato due blob che hanno densità più bassa rispetto al materiale che li circonda e che stanno risalendo verso la superficie», spiega Paula Keolemeijer. «Secondo noi, la minore densità è da imputare al fatto che sono più caldi. Per questa loro caratteristica salgono verso la superficie, ma risalendo si raffreddano e questo li fa a ricadere verso il nucleo. Questo continuo movimento condiziona il modo con il quale si raffredda il nucleo nel corso di milioni di anni e questo può avere una forte influenza sul campo magnetico terrestre, al punto da innescare un’inversione.»

«Al momento», conclude la ricercatrice, «abbiamo la certezza che esistono due blob, ma potrebbero essercene di più: questo renderebbe ancor più semplice spiegare perché il nucleo si altera al punto tale da fare invertire il campo magnetico.» Ma solo altre ricerche potranno dimostrare l’esistenza di altri blob e la “solidità” di questa ipotesi.

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