L’Amazzonia sempre più a rischio per colpa delle dighe

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L’Amazzonia sempre più a rischio per colpa delle dighe

di Pietro Greco
www.rivistamicron.it

L’intero sistema delle Amazzoni – il più grande bacino fluviale al mondo, che si estende per circa 6,1 milioni di Km2, coinvolgendo nove diversi Paesi – potrebbe pagare (sta già pagando) un tributo altissimo alla costruzione di dighe per la produzione di energia elettrica. È quanto dimostrano Edgardo M. Latrubesse e un folto gruppo internazionale di suoi colleghi in un recente articolo pubblicato su Nature.

I ricercatori hanno preso in esame 140 dighe tra quelle già attive o in costruzione, comprese le tre più grandi; quella di Belo Monte sul fiume Xingu (da 11.233 MW, capaci cioè di generare una potenza pari a più di 11 centrali nucleari a un GW); quelle di Santo Antônio (3.150 MW) e di Jirau (3.750 MW) sul Madeira. Ma Latrubesse e colleghi hanno valutato anche l’impatto delle nuove 288 dighe (alcune delle quali grandissime; la maggior parte medie e piccole) progettate nel bacino disegnato dal Rio delle Amazzoni. Di tutte il gruppo di ricercatori ha valutato l’impatto ambientale globale (il DEVI), definito come la somma del Basin Integrity Index (BII), che quantifica la vulnerabilità in termini di cambiamento dell’uso, dell’erosione e dell’inquinamento del suolo; del Fluvial Dynamics Index (FDI), che quantifica l’influenza sul flusso di sedimenti e sulla modificazione della morfologia; e del Dam Impact Index (DII), che cerca di valutare come le dighe progettate e non ancora costruite potranno influenzare i sistemi fluviali.
Il risultato è un indice, il DEVI appunto, che consiste in una scala da 0 (minimo impatto) a 100 (massimo impatto). Come si vede in figura, un’ampia area – quella del bacino del Madeira – è nella fascia più a rischio. Con un indice DEVI superiore a 80. A est e a ovest di questo bacino, altre grandi aree a rischio, perché con un indice DEVI compreso tra 60 e 80. Solo in piccolissime aree dell’intero sistema amazzonico l’impatto delle dighe è minimo.

La spinta a costruirle, tutte queste dighe, viene in buona sostanza dalla domanda di energia elettrica del Brasile, che secondo le previsioni delle autorità carioca dovrebbe crescere da qui al 2050 al ritmo del 2,2%annuo. Sulla base di queste previsioni il Brasile e i Paesi vicini stanno costruendo o progettando a centinaia le nuove dighe con largo dispiego di mezzi finanziari. Un dispendio di risorse inutile, dicono gli analisti, dato che il rallentamento della crescita economica potrebbe portare a una richiesta di energia elettrica molto più limitata. Ma intanto le dighe sono in costruzione o, comunque, in fase di progettazione.
Si tratta di un programma, scrivono i ricercatori su Nature, che potrebbe causare – che stanno già causando – danni irreversibili al più grande bacino fluviale e hot spot di biodiversità e polmone verde del mondo. Danni di natura geofisica, idrologica ed ecologica in grado di coinvolgere anche le coste del Sud America e persino la dinamica dei sedimenti dell’Oceano Atlantico.

Il sistema del Rio delle Amazzoni, ricordano i ricercatori su Nature, dalla più vasta ed estesa rete di canali fluviali del mondo e la varietà delle terre umide che comprende danno vita, letteralmente, a un’enorme estensione di specie animali e vegetali, compresi i produttori di energia netta primaria. Il bacino amazzonico è così grande che porta a mare tra il 16 e il 18% di tutta l’acqua dolce che raggiunge gli oceani del mondo. Di questo sistema fanno parte quattro dei dieci fiumi più grandi del mondo: il Rio delle Amazzoni in senso stretto, il Negro, il Madeira e lo Japurá.
Uno sviluppo così imponente di dighe non è svantaggioso solo da un punto di vista ecologico, sostengono Latrubesse e i suoi colleghi, ma anche da un punto di vista economico. Dopo aver analizzato la dinamica economica di 245 grandi dighe nel mondo, incluse le 26 maggiori, costruite tra il 1934 e il 2007, ha dimostrato che il 96% ha avuto un costo reale maggiore del previsto. E uno su dieci ha avuto un costo tre volte superiore al previsto.

Il gruppo di ricercatori ha avanzato una serie di proposte, anche politiche, per tentare di rendere più sostenibile la fonte idroelettrica in Amazzonia. Si tratta di proposte tecniche, su cui non entriamo, ma che hanno un rilievo generale. Proprio per il ruolo che il bacino ha nell’ecosistema mondo.
E tuttavia la vicenda ha anche un altro aspetto che ci riguarda da vicino. Quella idroelettrica è una fonte rinnovabile e carbon free. Tuttavia in natura non esistono “pasti gratis”. Ogni intervento ha un impatto. E prima di realizzarli, questo interventi, occorre valutare attentamente quali impatti produce.

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