I microrganismi del ghiaccio marino possono formare le nubi

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I microrganismi del ghiaccio marino possono formare le nubi

Il disgelo dell’Oceano Antartico può fare aumentare la formazione di nubi. La scoperta del progetto Pegaso al quale partecipa l’Isac-Cnr italiano
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Lo studio “Antarctic sea ice region as a source of biogenic organic nitrogen in aerosols”, pubblicato su Scientific Reports da un team internazionale di ricercatri di cui fanno parte Marco Paglione, , Matteo Rinaldi, Stefano Decesari e Maria Cristina Facchini dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr), conferma che « Il ghiaccio marino polare rappresenta uno dei più grandi ecosistemi del pianeta ed è composto da un ambiente complesso, caratterizzato da condizioni estreme, che tuttavia ospita al suo interno una grande varietà di microrganismi in grado di tollerarle. La presenza di questi microrganismi e la loro vita all’interno del ghiaccio marino risulta fondamentale non solo per la biologia degli oceani ma anche per la composizione dell’atmosfera soprastante, con importanti conseguenze potenziali sul clima globale». .

Paglione spiega che «Lo studio coordinato dall’Istituto di scienze marine, Icm-Csic di Barcellona (Spagna), afferma che il ghiaccio marino, grazie al metabolismo degli organismi che vivono al suo interno, risulta una delle principali fonti di azoto organico contenuto nel particolato atmosferico di alcune regioni dell’Oceano Australe limitrofe alla calotta antartica. La concentrazione e la composizione del particolato atmosferico (o aerosol) a loro volta contribuiscono in maniera sostanziale alla formazione e alle caratteristiche delle nubi, elementi chiave nella regolazione del clima di tutto il pianeta».

Rafel Simó dell’Instituto de Ciencias del Mar del CSIC di Barcellona, aggiunge: «Perché una nube si formi,, non basta che l’aria sia satura di vapore acqueo: sono necessarie particelle microscopiche perché il vapore si condensi sopra di loro sottoforma di gocce. Nei continenti, gli inquinanti di origine umana si uniscono alla polvere della terra e ai gas della vegetazione per la formazione di aerosol e nubi». Al Cnr sottolineano che «Finora non era stato studiato nei dettagli quali siano le sorgenti di aerosol che contribuiscono alla formazione di nubi nell’atmosfera incontaminata della regione antartica. Questo è stato l’obiettivo della campagna Pegaso – Plankton-derived Emission of Gases and Aerosols in the Southern Ocean (emissioni da plancton di gas in tracce e aerosol nell’oceano australe)».  Il progetto Pegaso ha visto anche la partecipazione, oltre che di Icm-Csic e Isac-Cnr, della National University of Ireland (Galway), dell´università di Birmingham e del Plymouth Marine Laboratory (Regno Unito), dell´Università di Mainz (Germania), dell’Istituto per la ricerca sulla biodiversità e l’Ambiente (Argentina), del Istituto meteorologico finlandese (Finlandia) e dalla società di ricerca tecnologica Aerodyne Inc (USA).

Paglione, che ha partecipato alla spedizione antartica, spiega ancora: «Per due mesi, il team internazionale coinvolto nel progetto ha analizzato campioni di aria, acque marine e ghiaccio marino per studiare l’interazione oceano-atmosfera. Queste misure sinergiche hanno dimostrato appunto che il microbiota contenuto nel ghiaccio marino e nelle aree limitrofe dell´oceano è una sorgente significativa – precedentemente sconosciuta – di componenti organici azotati misurati in atmosfera».

La Facchini conclude: «Dato il ruolo fondamentale dei composti azotati nella formazione, evoluzione e riduzione dell’acidità degli aerosol, questi risultati richiedono un maggiore sforzo nella simulazione del comportamento degli ecosistemi marini nei modelli climatici che si pongono come obiettivo la predizione del cambiamento climatico nell’Oceano Antartico».

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