I cambiamenti climatici porteranno ad un eccesso di mortalità se…

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I cambiamenti climatici porteranno ad un eccesso di mortalità se…

Se le emissioni di gas serra continueranno ad aumentare per tutto il secolo, ci sarà un aumento della mortalità in tutto il mondo, che nell’Europa del sud – Italia compresa – sarà pari al 6,4 per cento. Il fenomeno potrebbe però essere contrastato perseguendo le politiche di contenimento del riscaldamento globale decise dall’Accordo di Parigi del 2015
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Le conseguenze pratiche del riscaldamento climatico globale spesso sono difficili da comprendere, ma presto arriveranno a toccare direttamente la vita delle persone in tutto il mondo.

Un nuovo studio pubblicato sulla rivista “Lancet Planetary Health” da Antonio Gasparrini e colleghi della London School of Hygiene & Tropical Medicine fa un conteggio allarmante, valutando il numero di morti in più attribuibili alle ondate di caldo durante l’estate, che in molte parti del mondo, soprattutto nei paesi più caldi e più poveri del pianeta, non riuscirebbe a compensare il calo di mortalità registrato durante l’inverno.

L'eccesso di mortalità per il riscaldamento globale
Mappa mondiale del riscaldamento globale al 2100: le tonalità dal giallo al rosso indicano le zone più colpite (Cortesia NASA)

“Il cambiamento climatico viene ora ampiamente riconosciuto come la più grande minaccia globale del XXI secolo: anche se precedenti studi hanno mostrato un potenziale aumento nella mortalità correlata al caldo, finora scarseggiavano i dati riguardanti la riduzione delle morti correlate al freddo, che avrebbe potuto bilanciare tale effetto”, ha esordito Gasparrini. “Noi abbiamo dimostrato che gli effetti tendono a variare notevolmente da regione a regione, in funzione del clima locale e di altre caratteristiche, rendendo il confronto molto difficoltoso”.

Gli autori hanno usato un modello che, confrontando dati climatici, socioeconomici e demografici, mette in correlazione i tassi di mortalità con le temperature medie storiche in 451 zone geografiche del mondo (non corrispondenti ai confini nazionali).

Per quanto riguarda l’Italia, che con la Spagna rappresenta l’Europa meridionale, lo studio ha considerato 11 diverse zone geografiche, caratterizzate da una temperatura media di 15,4 °C tra il 1987 e il 2010.

Grazie a questa base di dati, il modello fornisce le proiezioni aiprossimi decenni dei tassi di mortalità, che variano fortemente in funzione dei quattro diversi scenari climatici elaborati nel 2014 dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite, chiamati RCP (Representative Concentration Pathways).

RCP 8.5, lo scenario peggiore, presume che le emissioni di gas serra continueranno a salire per tutto il secolo, e che l’incremento di temperatura sarà nell’intervallo 3,3-4,9 °C. Se si verificasse questo scenario, a essere particolarmente colpite sarebbero le zone più calde: entro la fine del secolo l’incremento netto della mortalità sarebbe del 12,7 per cento nel Sudest asiatico, del 6,4 per cento nell’Europa del sud e del 4,6 per cento in Sud America. La situazione rimarrebbe pressoché immutata invece nelle regioni dell’Europa del nord.

RCP 2.6 è invece lo scenario più ottimistico e ipotizza il raggiungimento entro pochi anni di un picco di temperatura globale seguito da un deciso calo: l’incremento di temperatura finale dovrebbe attestarsi nell’intervallo di +0,4-0,8 °C.
In questo scenario, il potenziale aumento netto nei tassi di mortalità alla fine del secolo sarà minimo, e cioè compreso tra -0,4 per cento e +0,6 per cento in tutte le regioni incluse nello studio. Si tratta di valori che sottolineano i benefici dell’implementazione dei progetti di mitigazione delle emissioni di gas serra.

“Questo studio dimostra l’impatto negativo del cambiamento climatico, che sarebbe ancora più drammatico nelle aree del pianeta più calde e più popolate, e addirittura sproporzionato nelle regioni più povere del mondo; la buona notizia è che se si riduce il riscaldamento globale, per esempio raggiungendo gli obiettivi fissati con l’accordo di Parigi del 2015, l’impatto potrebbe essere molto più limitato”, ha aggiunto Andy Haines, coautore dello studio. “È dunque imperativo mettere in campo delle misure per diminuire le emissioni di anidride carbonica e di altri gas serra e contenere l’incremento delle temperature globali entro 2 °C rispetto ai livelli preindustriali”.

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