Scoperto il meccanismo di esplosione dei meteoroidi

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Scoperto il meccanismo di esplosione dei meteoroidi

I piccoli corpi celesti rocciosi che penetrano nell’atmosfera terrestre possono esplodere in aria, rilasciando moltissima energia. Lo studio dell’evento che colpì la città russa di Chelyabinsk nel 2013, causando molte centinaia di feriti, ha ora permesso di stabilire con precisione il processo che provoca l’esplosione
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L’atmosfera del nostro pianeta è in grado di proteggerci dalla caduta di corpi celesti molto meglio di quanto si pensava: è questa la conclusione a cui sono giunti H. Jay Melosh e M. E. Tabetah della Purdue University dopo essere riusciti a spiegare l’esplosione di un meteoroide nel cielo sopra la città russa di Chelyabinsk nel 2013. (Un corpo celeste roccioso o metallico di dimensioni inferiori a quelle di un asteroide è detto meteoroide;  la meteorite è ciò che resta di quel corpo se e quando arriva fino a terra, mentre con il termine “meteora” si indica la scia luminosa lasciata dal meteoroide durante il suo percorso nell’atmsfera.)

Scoperto il meccanismo di esplosione dei meteoroidi
La scia luminosa prodotta dal passaggio del meteoroide di Chelyabinsk.

Il 15 febbraio 2013, un meteoroide del diametro di 17-20 metri e del peso stimato di 10.000 tonnellate entrò nell’atmosfera terrestre dirigendosi verso la Russia ed esplose a circa 30 chilometri di altitudine a sud di Chelyabinsk, un importante centro industriale che fino al 1992 rientrava nel novero delle cosiddette città chiuse sovietiche per la presenza di impianti nucleari e industrie chimiche di interesse militare.

L’esplosione, di potenza pari a circa 500 chilotoni (per confronto, le atomiche di Hiroshima e Nagasaki avevano una potenza rispettivamente di 15 e 21 chilotoni circa), generò un’onda d’urto che, abbattendosi sulla città, provocò molte centinaia di feriti, dovuti ai frammenti di vetro, tegole e altri materiali mandati in frantumi.

Polverizzando quasi interamente il meteoroide, l’esplosione ad alta quota provocò danni molto inferiori a quelli che avrebbe causato arrivando al suolo. Finora però i fisici non erano riusciti a spiegare il meccanismo che aveva portato all’esplosione e a quelle di altri eventi anaoghi.

Nel nuovo studio, pubblicato su “Meteoritics & Planetary Science” – Melosh e Tabetah hanno sviluppato un nuovo modello che, a differenza dei precedenti, permette di tenere adeguatamente conto dell’effetto della presenza di differenti materiali nel meteoroide.

In particolare, i ricercatori hanno analizzato gli scambi energetici che avvengono all’interno del corpo celeste in seguito alla presenza di aria ad alta pressione davanti a esso e di un vuoto d’aria dietro di esso. Di fatto, per quanto il corpo sia compatto, i diversi materiali che lo compongono si comportano in modo leggermente differente, creando crepe in cui si insinua l’aria ad alta velocità prima frenandolo e poi facendolo esplodere.

Tuttavia, osservano Melosh e Tabetah, questo meccanismo può proteggere gli abitanti della Terra dai piccoli meteoroidi, mentre quelli più grandi probabilmente non risentirebbero in maniera decisiva di questo processo, e così pure le meteoriti ferrose che, pur essendo in genere molto più piccole, sono anche molto più dense e meno porose.

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