La ricerca e lo studio dei prossimi asteroidi interstellari

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La ricerca e lo studio dei prossimi asteroidi interstellari

Mentre la comunità scientifica si prepara a scoprire altri “‘Oumuamua” che dovessero visitarci nei prossimi anni (e c’è chi pensa a prenderli di mira con sonde-proiettile per analizzarne la composizione), sembra che in passato qualche altro oggetto simile sia già stato avvistato e altri potrebbero essere stati catturati nel sistema solare dopo il loro arrivo!
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 Torniamo a parlare di 1I/’Oumuamua, forse il primo oggetto di origine interstellare che sia stato visto attraversare il sistema solare interno. La sua fugace apparizione, nell’autunno scorso, ha lasciato più domande che risposte ed ha acceso una ridda di ipotesi sulla sua origine e la sua reale natura; per risolvere questi misteri, a quanto pare, dobbiamo augurarci che simili passaggi non siano troppo rari e che presto ci siano delle repliche; con il potenziamento dei sistemi di monitoraggio, inoltre, si spera di avvistarli con sufficiente anticipo per poterli osservare più a lungo, magari anche da vicino con un veicolo spaziale.

 Prima di parlare di tutto questo, però, facciamo un breve aggiornamento sulla posizione attuale: ‘Oumuamua si trova ora a 4,4 unità astronomiche dalla Terra e circa 3,5 dal Sole, distanza paragonabile a quella degli oggetti più esterni nella fascia principale degli asteroidi; possiamo quindi affermare che sta uscendo adesso dal sistema solare interno. Si sta allontanando da noi a 52 km/s ma la velocità sta diminuendo (un mese fa era 61 km/s) e continuerà a farlo fino a tornare (lo ricordiamo) sui 26,3 km/s al di fuori dal sistema solare. La sua magnitudine apparente, in media, dovrebbe essere pari quasi a 29, praticamente fuori dalla portata di qualsiasi telescopio anche perchè prospetticamente abbastanza vicino al Sole (circa 40°).

 Veniamo ora agli ultimi sviluppi.

 Il primo di essi riguarda la possibile affiliazione di ‘Oumuamua a una famiglia di oggetti già noti in passato per avere orbite “sospette” molto allungate e potenzialmente iperboliche. In una lettera pubblicata il 6 febbraio alla Royal Astronomical Society, il ricercatore spagnolo Carlos de la Fuente e colleghi elencano diverse possibili spiegazioni per queste orbite iperboliche: potrebbe trattarsi di oggetti inizialmente appartenenti al sistema solare, scagliati su traiettorie di fuga in seguito a incontri ravvicinati con pianeti noti, oppure potrebbero essere oggetti inizialmente appartenenti alla nube di Oort, deviati verso l’interno del sistema solare e poi sfuggiti ad esso a seguito del passaggio ravvicinato di una stella perturbatrice o anche per la semplice azione mareale del disco galattico. Per discriminare tra queste possibilità, gli autori hanno considerato 339 oggetti di questo tipo e, usando simulazioni numeriche a “N-corpi”, ne hanno ricostruite le traiettorie risalendo fino a 100mila anni nel passato. L’analisi statistica dei risultati mostra una forte anisotropia o disuniformità sulle direzioni di provenienza di questi corpi (il cosiddetto “radiante”) e, in particolare, tra gli oggetti più veloci c’è una concentrazione verso la costellazione dei Gemelli; l’ipotesi è che si tratti di oggetti espulsi dalla nube di Oort durante il più recente incontro ravvicinato stellare (la cosiddetta stella di Scholz), avvenuto 70.000 anni fa a una distanza di circa 10 mesi-luce. In ogni caso, i ricercatori hanno identificato, oltre a ‘Oumuamua, altri otto possibili “interlopers interstellari” con elevata velocità d’arrivo: tra questi, la cometa ISON del 2013, soprannominata a suo tempo la “cometa del secolo” e distrutta subito dopo il passaggio ravvicinato al perielio.

 In un altro affascinante studio, due astronomi dello Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics hanno mostrato che la visita di ‘Oumuamua non solo implica il probabile passaggio storico di altri asteroidi interstellari, ma anche la possibile cattura di migliaia di essi da parte del sistema solare, nel passato. Le simulazioni numeriche mostrano infatti che alcuni di questi oggetti, grandi fino a qualche decina di km, potrebbero essere stati rallentati e catturati dalle interazioni gravitazionali con il Sole e Giove; nel caso della stella doppia Alpha Centauri A/B, addirittura, il meccanismo diventa talmente efficente da poter catturare oggetti di dimensioni planetarie! Gli autori considerano anche le possibil implicazioni sulla diffusione di forme elementari di vita da un sistema planetario extrasolare ad un altro (una sorta di “panspermia interstellare“). Inoltre, il tasso di impatto sulla Terra da parte di oggetti interstellari con dimensioni dell’ordine del chilometro è stimata dagli autori in uno ogni qualche decina di milioni di anni, dunque confrontabile con la frequenza con cui avvengono anche le grandi estizioni di massa. Infine, viene suggerito un metodo per scovare questi “intrusi” nel sistema solare tramite anomalie nelle abbondanze degli isotopi di ossigeno, misurabili attraverso la spettroscopia ad alta risoluzione del vapore acqueo presente nelle code cometarie.

 Quest’ultima possibilità, unita al fatto che ‘Oumuamua non ha mostrato alcuna emissione di gas o di polvere anche in vicinanza del perielio, fa nascere l’idea di colpire uno di questi oggetti con un proiettile in grado di vaporizzarne il materiale superficiale e poterne studiare lo spettro, come fece nel 2005 la sonda americana Deep-Impact con il nucleo della cometa Tempel-1. L’idea, proposta da G.Laughlin e D. Seligmann della Yale University, richiederebbe naturalmente un grande tempismo e renderebbe necessario avere una sonda già pronta per il lancio, con un preavviso comunque più ampio di quello disponibile con ‘Oumuamua. Un aiuto decisivo in questo senso potrebbe arrivare dall’entrata in funzione del grande telescopio per survey LSST, tra un paio d’anni; le ultime stime dicono che questo strumento potrebbe rivelare un asteroide interstellare ogni anno.

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