La diga del Mekong, una minaccia ecosistema ed economia

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La diga del Mekong, una minaccia ecosistema ed economia

Il piano per lo sbarramento di un tratto di fiume in Cambogia, finanziato da una compagnia energetica cinese, ostacolerebbe una delle più grandi migrazioni di pesci d’acqua dolce e meterebbe in ginocchio l’economia della regione.
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Secondo un rapporto svelato in esclusiva dal Guardian, il progetto di uno sbarramento lungo 18 km sul fiume a Sambor, nella provincia di Kratie, in Cambogia, potrebbe “letteralmente uccidere” il Mekong, perché impedirebbe una delle più grandi migrazioni di pesci di fiume al mondo, vitale per l’ecosistema e per l’economia ittica della zona, e minaccerebbe la sopravvivenza di un già raro cetaceo marino che si inoltra in queste acque.

Il report sugli effetti della diga, commissionato nel 2014 dal governo cambogiano al National Heritage Institute, un istituto di ricerca britannico, è stato consegnato lo scorso anno. Da allora non se ne è saputo più nulla, cosa che ha alimentato il sospetto che si voglia procedere in ogni caso alla costruzione dell’opera. Il Guardian sarebbe riuscito a entrare in possesso di una copia dello studio.

La diga, e il lago artificiale di 620 km quadrati che si formerebbe, bloccherebbero la migrazione di pesci nel Mekong dal Tonle Sap, un sistema combinato lago-fiume affluente del Mekong, nonché il più grande lago d’acqua dolce del sud-est asiatico. Questo specchio d’acqua ospita almeno 197 diverse specie di pesci, e l’ambiente che lo delimita è un luogo privilegiato per l’accoppiamento e la deposizione delle uova. Le attività ittiche attorno al Tonle Sap sfamano 3 milioni di persone e provvedono al 60% delle proteine consumate in Cambogia.

Una scelta infelice.
Quella del Mekong, che si estende per 4.350 km, è una delle aree di pesca interne più produttive al mondo, che serve circa 60 milioni di persone tra Cambogia, Laos, Vietnam e Thailandia. Il settore muove circa 17 miliardi di dollari (14,4 miliardi di euro) annui e dipende fortemente dall’annuale migrazione che interessa proprio quest’area, definita, nel report, la peggiore scelta possibile per la costruzione di un impianto idroelettrico.

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Un’Orcaella brevirostris. | Wikimedia Commons

Come se non bastasse, la diga metterebbe a repentaglio una specie già minacciata di estinzione, l’orcella asiatica (Orcaella brevirostris) o delfino di Irrawaddy, un cetaceo oceanico che vive nei pressi delle coste ed entra nei fiumi, e che inizia solo ora a riprendersi dopo vent’anni di serio rischio per la specie.

Il rapporto suggerisce 10 possibili località alternative per la costruzione dell’impianto, precisando che nessuna sarebbe priva di rischi per l’ecosistema. Per un’alternativa meno dannosa (si afferma nel report) si potrebbero integrare le dighe già esistenti con pannelli fotovoltaici galleggianti, come si vedono sempre più spesso in Paesi come India e Cina. Proprio una compagnia energetica cinese, però, la Hydrolancang International Energy Company, si occuperebbe della costruzione della diga, se il piano del Mekong venisse infine approvato.

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