Dalle webcam alla targa dell’auto: ecco tanti modi in cui (quasi sicuramente) veniamo spiati

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Dalle webcam alla targa dell’auto: ecco tanti modi in cui (quasi sicuramente) veniamo spiati

La webcam, le app del meteo, la targa dell’ auto e i nuovi “home device” che rispondono alle nostre richieste più curiose. Quanto è alta la probabilità che stanno spiando?
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I più famosi (forse) sono i cookie, i programmini che tengono traccia delle nostre visite ai siti web. Ma nell’era dell’informazione super pervasiva, i metodi hi-tech per riconoscerci e tracciarci ce ne sono tanti. In nome della legge, ma anche della pubblicità. Alcuni sono talmente fantasiosi da surclassare persino la fervida immaginazione di George Orwell, che predisse l’esistenza di un Grande Fratello “spione” nel suo romanzo 1984. Un fenomeno ancora tutto da studiare, visto che è legato allo sviluppo recentissimo dei software di riconoscimento facciale e dell’intelligenza artificiale, di cui in realtà può darsi che non sappiamo ancora moltissimo… Ma nel frattempo almeno questi 7 li abbiamo scoperti.

1. La telecamera del computer.

Qualche tempo fa, ha fatto il giro del web una foto di Mark Zuckerberg accanto al suo portatile. Niente di strano, se non che gli osservatori più attenti hanno notato del nastro adesivo nero appiccicato sulla webcam. Cosa ha spinto il fondatore di Facebook, grande esperto di hi-tech a tale precauzione? Forse il fatto che le cam possono essere manipolate dagli hacker proprio come le altre periferiche del pc. Ma non solo. Anche la pubblicità guarda con interesse alle nostre telecamere: una società chiamata Realeyes, per esempio, ha sviluppato un software che utilizza la webcam del computer per le analisi emozionali (emotional analytics): cioè per guardare e analizzare le reazioni del viso delle persone davanti agli spot.

Tutto legale se utilizzato con la consapevolezza degli utenti, che sono messi al corrente che le loro espressioni facciali saranno registrate attraverso la webcam per capire quando esprimono felicità, sorpresa, tristezza, disgusto, paura o confusione. Ma c’è la possibilità che qualche furbo voglia sfruttare un metodo simile senza il nostro permesso. Non a caso, recentemente, Android ha avvertito l’esigenza di aggiornare la propria politica sulla privacy per vietare categoricamente alle App di utilizzare le telecamere dei telefoni cellulari per registrare segretamente i volti delle persone. Cosa li avrà spinti a farlo?

2. La targa dell’auto.

Chi l’ha detto che siamo intercettabili solo se usiamo uno smartphone o un computer? Software capaci di leggere le targhe delle auto non sono fantascienza: anzi, è proprio grazie a tecnologie di questo tipo che funzionano le telecamere che regolano gli ingressi e le uscite delle auto nei parcheggi a pagamento, che controllano i caselli di strade e autostrade che prevedono un pedaggio, tutor, autovelox ecc.

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Anche in questo caso c’è chi potrebbe farne un uso scorretto, per esempio per raccogliere dati sulle abitudini degli automobilisti. Anzi, c’è già: nel 2015, infatti, si è scoperto che, con un sistema del genere, una società specializzata americana aveva archiviato la bellezza di due miliardi di scansioni di targhe.

Si tratta anche in questo caso di dati sensibili, che possono dire molto di noi e dei nostri spostamenti, e che secondo il quotidiano della città di Syracuse, potrebbero essere usati a nostra insaputa dalle compagnie assicurative, per esempio, per studiare il nostro stile di guida ed eventualmente aumentare i premi.

3. Il wi-fi gratis.

Quando qualcuno ci offre il Wi-Fi gratuito, le probabilità sono che non lo faccia solo per generosità sono alte. In alcuni centri commerciali il Wi-fi gratuito può servire a tracciare i nostri movimenti, per ricostruire meglio le zone in cui ci soffermiamo di più e dunque i prodotti a cui siamo più interessati, se acquistiamo o se usciamo a mani vuote.

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Il nostro smartphone infatti cerca continuamente una rete a cui connettersi e per farlo invia i cosiddetti ping, che sono piccole quantità di dati: i negozi, semplicemente, possono monitorare quei ping per vedere dove vai. Negli Usa la pratica è diffusa nei centri commerciali più visitati.

4. Le telecamere di sorveglianza.

Fino a qualche anno fa le telecamere di sorveglianza si limitavano a osservarci. Ma con l’arrivo delle tecnologie di riconoscimento facciale e dell’intelligenza artificiale le cose sono cambiate. Le moderne telecamere, associate a software ad hoc, possono infatti capire età, etnie e sesso di una persona e monitorarne gli spostamenti. In alcuni paesi vengono usate spesso nei centri commerciali per capire il comportamento dei clienti.

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L’esempio più noto è quello di Rekognition, il software di riconoscimento prodotto da Amazon che – si legge sul sito ufficiale – “offre anche funzionalità estremamente accurate di analisi facciale e riconoscimento facciale. Puoi rilevare, analizzare e confrontare volti per diversi casi d’uso di verifica degli utenti, catalogazione, conteggio delle persone e pubblica sicurezza”. Negli Stati Uniti lo usa anche la polizia, su esempio di quanto accade in Cina, dove una rete di 170 milioni di telecamere in tutto il paese già utilizza il riconoscimento facciale per rintracciare chiunque nel paese.

Se funziona? Pare proprio di sì: di recente, grazie alle telecamere la polizia cinese è riuscita a individuare a catturare un criminale, cercandolo in una folla di 60.000 persone. “La Cina – scrive la BBC – ha costruito quella che definisce la più grande rete di videosorveglianza del mondo”. In tutto il paese sono già installate 170 milioni di telecamere CCTV e circa 400 milioni di nuove saranno installate nei prossimi tre anni. Molte delle telecamere sono dotate di intelligenza artificiale, compresa la tecnologia di riconoscimento facciale.

5. Facebook.

Lo scandalo Cambridge Analytica non è ancora stato archiviato, e già Facebook si ritrova con un’altra gatta da pelare: a marzo si è scoperto che aveva tenuto un registro delle telefonate dei suoi utenti, che usavano Android. Facebook aveva tutti i dettagli su chi avevano chiamato, per quanto tempo avevano parlato con loro e ogni sms che avevano inviato.

A scoprirlo è stato un utente neozelandese, Dylan McKay che dopo aver ha scaricato dal sito tutti i dati sul proprio profilo, scorrendo l’elenco, ha visto che nella lista delle sue attività memorizzate dal social network c’erano anche le chiamate effettuate, ricevute o perse. Con tanto di dati della persona chiamata. Facebook ha precisato che non ha mai ascoltato le chiamate e che l’opzione non è attiva in modo predefinito, ma spetta agli utenti eventualmente attivarla. Molti utenti però hanno segnalato di aver scoperto solo ora la raccolta dei dati sulle chiamate e gli SMS da parte di Facebook: probabilmente avevano dato il loro consenso dalla schermata informativa di Messenger e se ne erano dimenticati.

Ma in realtà Facebook utilizza diversi modi per monitorare legalmente i suoi utenti. Un esempio? Il pulsante “Mi piace” o “Condividi”, che troviamo sui vari siti web: non c’è bisogno di cliccarci su per essere tracciati: basta essere su quella pagina perché il social network colga un altro piccolo frammento della nostra vita digitale.

6. Le app del meteo. 

L’app AccuWeather nell’agosto 2017 è finita nell’occhio del ciclone, quando è stata sorpresa a vendere la geolocalizzazione dei loro clienti senza il loro permesso: l’app pare registrasse segretamente un’inquietante quantità di informazioni degli utenti, tra cui la loro posizione geografica al millimetro. E il bello è che lo faceva anche senza il loro consenso. Lo scopo?  Vendere tali informazioni agli inserzionisti in modo che potessero (o possano?) personalizzare gli annunci in base al luogo.

7. Le app che usano il microfono.

Altre app potenzialmente spione: tutte quelle che ci chiedono accesso al microfono del cellulare, per esempio. A dimostrarlo, secondo una giornalista del Daily Mail, che se n’è occupata in un’inchiesta, ci sarebbero gli annunci pubblicitari personalizzati che appaiono dopo aver menzionato una parola chiave durante una conversazione.

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Alcune app lo fanno usando un programmino creato da una compagnia chiamata Alphonso, che monitora costantemente il microfono, anche quando l’app è chiusa, per ascoltare programmi televisivi o annunci e vedere come influiscono sul nostro comportamento. Il CEO di Alphonso, Ashish Chordia, ha dichiarato che il suo software è in oltre 1.000 giochi e app in totale, ma non ha condiviso i dettagli su quali app o su quanti utenti vengono raccolti i dati. Tecnicamente, Alphonso è legale perché richiede il permesso di registrarci, ma di solito tale richiesta è sepolta da qualche parte all’interno di una lunga e illeggibile politica sulla privacy, di quelle che accettiamo senza averle prima lette attentamente (spesso non le leggiamo affatto…).

Ma c’è chi dice che tecnologie simili siano tranquillamente alla portata dei nuovi sistemi analoghi a Google Home, che si comandano proprio attraverso la voce. Parafrasando lo slogan in voga durante la seconda guerra mondiale, verrebbe da dire… Tacete, lo sponsor vi ascolta.

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