La tettonica a placche ha avuto un ruolo per la vita sulla Terra

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La tettonica a placche ha avuto un ruolo per la vita sulla Terra

La vita ha bisogno di qualcosa di più della sola acqua. Recenti scoperte suggeriscono che la tettonica a placche abbia avuto un ruolo cruciale nel mantenimento della vita sulla Terra. Questi risultati hanno conseguenze importanti per la ricerca della vita in altre parti dell’universo.
di Rebecca Boyle / Quanta Magazine
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Da lontano, non è ovvio che la Terra sia piena di vita. Bisogna avvicinarsi abbastanza per vedere le foreste più grandi, e ancora di più vicino per vedere il lavoro degli esseri umani, per non parlare dei microbi. Ma dallo spazio, il pianeta sembra vivo. La terraferma è divisa in sette continenti, separati da vaste acque. Sotto quegli oceani, nelle profondità invisibili del nostro pianeta, le cose sono ancora più vivaci. La Terra si sta distruggendo e fondendo per poi rimettersi in sesto.

Una dozzina di placche fredde e rigide scivolano lentamente sul caldo mantello interno della Terra, tuffandosi l’una sotto l’altra e urtandosi di tanto in tanto. Questo processo di tettonica a placche è una delle caratteristiche che definiscono la Terra. Gli esseri umani lo sperimentano per lo più attraverso i terremoti e, più raramente, i vulcani. La lava che in questo momento sgorga nelle Hawaii, emessa da un punto caldo profondo, è legata all’attività tettonica.

Ma la tettonica a placche è ben più di terremoti ed eruzioni. Un’ondata di nuove ricerche indica sempre più che i movimenti della parte più esterna della Terra possono essere cruciali per l’altra sua caratteristica distintiva: la vita. Che la Terra abbia una crosta esterna in movimento e trasformazione può essere la ragione principale per cui la Terra è vibrante di vita, e perché nessun altro pianeta può eguagliare la sua ricchezza.

Il ruolo della tettonica a placche nello sviluppo della vita

La Silfra Fissure, in Islanda, si trova al confine tra le placche tettoniche nordamericana ed eurasiatica. Le due placche si allontanano l’una dall’altra di circa 2 centimetri all’anno.

“Capire la tettonica a placche è una chiave di volta per comprendere il nostro pianeta e la sua abitabilità. In che modo si può creare un pianeta abitabile e poi sostenerne la vita per miliardi di anni?”, dice Katharine Huntington, geologa all’Università di Washington. “La tettonica a placche è ciò che modula la nostra atmosfera sui tempi più lunghi. E’ indispensabile per conservare l’acqua sul pianeta, mantenerlo caldo, conservare e far progredire la vita a lungo”.

Negli ultimi anni, geologi e astrobiologi hanno legato sempre più la tettonica a placche a tutto ciò che rende unica la Terra. Hanno dimostrato che l’atmosfera terrestre deve la sua longevità, le sue componenti e la sua temperatura incredibilmente stabile, non troppo calda ma neppure troppo fredda, tipo Goldilocks [dalla favola “Riccioli d’oro e i tre orsi”, la cui protagonista è soddisfatta quando nella casa degli orsi trova del cibo “Né troppo freddo né troppo caldo”, NdR]al riciclaggio della sua crosta.

Gli oceani della Terra potrebbero non esistere se l’acqua non fosse periodicamente inglobata nel mantello del pianeta e poi rilasciata. Senza la tettonica a placche che guida la creazione delle coste e il movimento delle maree, gli oceani potrebbero essere sterili, con le sostanze nutritive che permettono la vita relegate per sempre nelle loro oscure profondità. Se la tettonica non costringesse le placche rocciose a immergersi l’una sotto l’altra e a tornare su, un processo chiamato subduzione, il fondo marino sarebbe completamente sterile e privo di una chimica interessante, il che significa in primo luogo che la vita non avrebbe mai potuto affermarsi. Alcuni ricercatori credono addirittura che senza il movimento dei continenti la vita non si sarebbe evoluta in forme complesse.

Nel 2015 James Dohm e Shigenori Maruyama del Tokyo Institute of Technology hanno coniato un nuovo termine per questa interdipendenza: la Trinità abitabile, che descrive un pianeta con acqua abbondante, un’atmosfera e una massa continentale – che si scambiano e fanno circolare del materiale – come prerequisiti per la vita.

Tuttavia, per comprendere come la tettonica a placche influenzi l’evoluzione – e se sia un ingrediente necessario in questo processo – è necessario trovare risposte ad alcune delle domande più scottanti delle scienze della terra: come e quando le placche hanno iniziato a muoversi. Capire perché la Terra ha una crosta mobile potrebbe dire molto ai geologi non solo sul nostro pianeta, ma su tutti i pianeti o lune con superfici solide, ivi compreso se possono ospitare la vita.

Dalle vette alle fosse

Nel 2012, il regista James Cameron è stata la prima persona a immergersi in solitaria nelle profondità dell’abisso più profondo della Terra, toccando i 10.894 metri sotto la superficie dell’oceano nel Challenger Deep, una depressione all’interno della Fossa delle Marianne, a sua volta un avvallamento molto più grande all’intersezione di due placche tettoniche. Cameron ha raccolto campioni in tutta la fossa, tra cui le prove di una vita fiorente sulle linee di sutura del nostro pianeta.

Il ruolo della tettonica a placche nello sviluppo della vita

La lava del vulcano Kilauea delle Hawaii ha distrutto decine di case nel corso dell’ultimo mese. Il vulcano è prodotto dallo stesso punto caldo e profondo che ha formato la catena delle isole Hawaii. (Cortesia USGS)

Quando la placca del Pacifico viene trascinata giù nel manto terrestre, si riscalda e rilascia l’acqua intrappolata nella roccia. In un processo chiamato serpentinizzazione, l’acqua gorgoglia dalla placca e cambia le proprietà fisiche del mantello superiore. Questa trasformazione permette al metano e ad altri composti di percolare fuori dal mantello attraverso le sorgenti termali sul fondo dell’oceano, che altrimenti sarebbe sterile.

Processi simili sulla Terra primordiale potrebbero avere fornito le materie prime per il metabolismo, che può aver dato origine alle prime cellule in grado di replicarsi. Dalla sua spedizione Cameron ha riportato la prova dei discendenti moderni di quelle cellule: tappeti microbici, grumi di microbi che prosperano sotto quasi sette miglia di acqua, dove la luce del sole non può penetrare e la pressione è più di mille volte quella a livello del mare.

“È davvero emozionante, perché collega la tettonica a placche alla vita”, ha dichiarato Keith Klepeis, geologa all’Università del Vermont. “Ci dà idee su cosa cercare altrove nel sistema solare. Ci dà un’idea di ciò che avrebbe potuto essere la prima vita sulla Terra”.

L’immersione da record di Cameron non è stata l’unica spedizione per dimostrare una connessione tra la tettonica a placche e la vita oceanica. Recenti ricerche legano l’attività tettonica delle placche a quel prodigio evolutivo chiamato esplosione del Cambriano quando, 541 milioni di anni fa, emerse una straordinaria serie di nuove forme di vita complessa.

Nel dicembre 2015, ricercatori australiani hanno pubblicato uno studio su circa 300 nuclei di perforazione provenienti da siti su fondali marini di tutto il mondo, alcuni dei quali contengono campioni vecchi di 700 milioni di anni. Hanno poi misurato i livelli di fosforo e oligoelementi come rame, zinco, selenio e cobalto, tutti nutrienti essenziali per la vita. Quando questi nutrienti sono abbondanti negli oceani, possono innescare una rapida crescita del plancton. I ricercatori, guidati da Ross Large dell’Università della Tasmania, hanno dimostrato che le concentrazioni di questi elementi sono aumentati di circa un ordine di grandezza 560-550 milioni di anni fa.

Large e la sua squadra sostengono che la tettonica a placche ha guidato questo processo. Le montagne si formano quando le placche continentali si scontrano e spingono la roccia verso l’alto, dove può essere più facilmente battuta dalla pioggia. L’azione degli agenti atmosferici provoca poi una lenta lisciviazione dei nutrienti dalle montagne agli oceani.

Cosa forse più sorprendente, Large e i suoi colleghi hanno anche scoperto che durante i periodi più recenti l’abbondanza di questi elementi era bassa, e che questi periodi coincidevano con le estinzioni di massa. Questi periodi poveri di nutrienti si sono verificati quando il fosforo e gli oligoelementi erano consumati dalla terra più velocemente di quanto venissero reintegrati, dice Large.

L’attività tettonica ha un ruolo essenziale anche nel mantenimento della stabilità a lungo termine del termostato terrestre. Consideriamo il caso dell’anidride carbonica. Un pianeta con troppa anidride carbonica potrebbe finire come Venere, un altoforno planetario. L’attività delle placche sulla Terra ha contribuito a regolare il livello di anidride carbonica nelle eoni.

La stessa azione degli agenti atmosferici che spinge le sostanze nutritive dalle cime delle montagne verso gli oceani contribuisce a rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera. Il primo passo di questo processo avviene quando l’anidride carbonica atmosferica si combina con l’acqua per formare l’acido carbonico, un composto che aiuta a sciogliere le rocce e ad accelerare il processo di erosione. La pioggia porta nell’oceano sia l’acido carbonico che il calcio delle rocce disciolte.
L’anidride carbonica si dissolve anche direttamente nell’oceano, dove si combina con l’acido carbonico e il calcio disciolto per formare calcare, che cade sul fondo dell’oceano. Alla fine, nel corso di lunghissimi eoni, l’anidride carbonica sequestrata viene inghiottita dal mantello. “E’ una cosa che regola la CO2 nell’atmosfera sui tempi lunghi”, dice Huntington.

La tettonica a placche potrebbe anche essere responsabile di un altro ingrediente dell’atmosfera, e probabilmente il più importante: l’ossigeno.

Ben 2 miliardi di anni prima dell’esplosione del Cambriano, nell’eone archeano, la Terra non aveva l’aria che respiriamo ora. Le alghe avevano iniziato a usare la fotosintesi per produrre ossigeno, ma molto di quell’ossigeno veniva consumato dalle rocce ricche di ferro, che lo usavano per produrre ruggine.

Il ruolo della tettonica a placche nello sviluppo della vita

Un tappeto microbico bianco ricopre i coralli gialli vicino al vulcano East Diamante nell’anello di fuoco del Pacifico. Il tappeto è alimentato dall’energia chimica delle bocchette di bocche idrotermali. (Cortesia Pacific Ring of Fire 2004 Expedition. NOAA Office of Ocean Exploration; Dr. Bob Embley, NOAA PMEL, Chief Scientist)

Secondo una ricerca pubblicata nel 2016, la tettonica a placche ha poi avviato un processo in due fasi che ha portato a livelli di ossigeno più elevati. Nella prima fase, la subduzione provoca il cambiamento del mantello terrestre e produce due tipi di crosta: oceanica e continentale. La versione continentale ha meno rocce ricche di ferro e più rocce ricche di quarzo, che non estraggono ossigeno dall’atmosfera.

Nei successivi miliardi di anni – da 2,5 miliardi di anni fa a 1,5 miliardi di anni fa – le rocce si sono erose, pompando anidride carbonica nell’aria e negli oceani. L’anidride carbonica in più avrebbe aiutato le alghe, che hanno così potuto produrre ancora più ossigeno, sufficiente per innescare infine l’esplosione del Cambriano.

La tettonica a placche può anche aver dato una spinta all’evoluzione. Robert Stern, geologo all’Università del Texas a Dallas, pensa la tettonica a placche si sia manifestata nell’era neoproterozoica, tra 1 miliardo e 540 milioni di anni fa. Ciò avrebbe coinciso con un periodo di insolito raffreddamento globale circa 700 milioni di anni fa, che i geologi e gli esperti di paleoclima chiamano “Terra a palla di neve”. Lo scorso aprile, Stern e Nathaniel Miller, dell’Università del Texas ad Austin, hanno pubblicato una ricerca secondo la quale la tettonica a placche avrebbe ridistribuito catastroficamente i continenti, disturbando gli oceani e l’atmosfera. E, sostiene Stern, questo avrebbe avuto conseguenze importanti per la vita.

“Ci vogliono isolamento e competizione per l’evoluzione, per progredire davvero. Se non c’è un reale cambiamento nella zona terra-mare, non c’è nessuna spinta competitiva e speciazione”, dice Stern. “A pompare questo fenomeno è stata la tettonica a placche. Una volta sorta la vita, si può davvero farla evolvere rapidamente spezzando continenti e piattaforme continentali, spostandoli a latitudini diverse e ricombinandoli”.

Stern ha anche sostenuto che la tettonica a placche potrebbe essere necessaria per l’evoluzione delle specie avanzate. Egli ritiene che la terraferma dei continenti sia necessaria per far evolvere le specie con arti e mani che permettono loro di afferrare e manipolare gli oggetti, e che un pianeta con oceani, continenti e tettonica a placche massimizzi le opportunità di speciazione e selezione naturale.

“Penso che si possa avere vita senza la tettonica a placche. Penso che sia successo. Ma non credo che si possa arrivare a noi senza la tettonica a placche”, dice.

Stern immagina un futuro lontano in cui i telescopi in orbita possano determinare quali esopianeti sono rocciosi e quali hanno la tettonica a placche. Gli emissari verso sistemi stellari lontani dovrebbero mirare dapprima a quelli senza tettonica a placche, dice: così da evitare di rovinare l’evoluzione della vita complessa su un altro mondo.

Rompere la crosta

Ma tutto dipende da quando il processo è iniziato, e questa è una grande domanda aperta.

La Terra si è formata circa 4,54 miliardi di anni fa e ha iniziato la sua storia come una palla incandescente di roccia fusa. Probabilmente non ha avuto alcuna alcuna forma riconoscibile di tettonica a placche per almeno un miliardo di anni dopo la sua formazione, soprattutto perché il pianeta appena nato era troppo caldo, dice Craig O’Neill, planetologo all’Università di Macquarie, in Australia.

Allora, come oggi, la convezione all’interno degli strati interni del pianeta avrebbe movimentato calore e rocce. La roccia nel mantello viene compressa e riscaldata nel crogiolo delle viscere della Terra e poi sale verso la superficie, dove si raffredda e si addensa, per poi affondare e ricominciare il processo. Immagine una fontana di lava.

Attraverso la convezione, il movimento verticale doveva essere presente anche sulla Terra primordiale. Ma il mantello a quel tempo era relativamente sottile e “acquoso”, dice O’Neill, e incapace di generare la forza necessaria per rompere la crosta solida.

“La subduzione non avveniva. Non c’era movimento orizzontale”, dice Klepeis. “Quindi è passsato del tempo prima che si formasse il primo continente” – il tempo prima della terra, se volete. La Terra doveva avere una sorta di “coperchio immobile”, senza placche distinte.

Il ruolo della tettonica a placche nello sviluppo della vita

Possibili meccanismi di rottura della crosta primordiale. (Cortesia Lucy Reading-Ikkanda/Quanta magazine)

O’Neill ha pubblicato una ricerca nel 2016, in cui ha mostrato che la Terra primigenia avrebbe potuto somigliare alla luna vulcanica di Giove Io, “dove si ha un regime vulcanicamente attivo, ma senza grandi movimenti laterali”, dice O’Neill. Quando il pianeta ha cominciato a raffreddarsi, le placche possono essersi accoppiate più facilmente con il mantello sottostante, portando il pianeta in un’era di tettonica a placche.

Ciò solleva un problema: che cosa ha rotto il “coperchio” e ha creato quelle placche?

Alcuni ricercatori pensano che un’intrusione potrebbe aver fatto muovere le cose. Negli ultimi due anni, diverse squadre di ricercatori hanno ipotizzato che potrebbero essere stati gli asteroidi rimasti dalla nascita del sistema solare ad aver rotto il coperchio della Terra. Lo scorso autunno, O’Neill e colleghi hanno pubblicato una ricerca che suggerisce che un bombardamento di asteroidi, mezzo miliardo di anni dopo la formazione della Terra, avrebbe potuto innescare la subduzione spingendo improvvisamente la crosta fredda esterna nel caldo mantello superiore. Nel 2016, Maruyama e colleghi hanno sostenuto che insieme alla loro energia d’impatto, gli asteroidi avrebbero apportato acqua, indebolendo le rocce e consentendo l’avvio del movimento delle placche.

Ma è possibile che la Terra non abbia avuto bisogno di un simile aiuto. Il suo stesso processo di raffreddamento può aver frantumato il coperchio, come una torta cotta in un forno troppo caldo.

Tre miliardi di anni fa, la Terra può aver avuto un temporanea attività di tettonica a placche in alcune regioni, ma non diffusa. Alla fine, le zone più fredde della crosta sarebbero state tirate verso il basso, indebolendo la crosta circostante. Come è accaduto più volte, le aree deboli si sarebbero gradualmente degradate ai confini della placcA. Alla fine, secondo un articolo di David Bercovici dell’Università di Yale e Yanick Ricard dell’Università di Lione, in Francia, pubblicato su “Nature” nel 2014, avrebbero formato vere e proprie placche tettoniche soggette a subduzione.

Oppure sarebbe potuto accadere il contrario: invece di spingere la crosta fredda verso il basso, i pennacchi caldi mantello- come quello che stanno provocando le eruzioni alle Hawaii – potrebbero essere saliti in superficie, percolando attraverso la crosta e fondendola, in modo da rompere in più pezzi coperchio a parte. In uno studio del 2015 Stern e Scott Whattam della Korea University a Seul hanno mostrato come potrebbe essere accaduto.

Secondo queste teorie, la tettonica a placche potrebbe essere iniziata e arrestatasi diverse volte prima di riprendere slancio circa 3 miliardi di anni fa. “Se si dovesse scommettere su un numero, quello più gettonato nella comunità per l’inizio della tettonica a placche sarebbe circa 3 miliardi di anni fa”, dice O’Neill.

Eppure è difficile da saperlo con certezza, perché le prove sono decisamente frammentarie.

“La crosta oceanica ha solo 200 milioni di anni. Ci mancano le prove di cui abbiamo bisogno”, dice O’Neill. “La geochimica ha fatto molta strada dagli anni ottanta, ma le stesse domande fondamentali sono ancora lì.”

Le rocce più antiche della Terra suggeriscono che una sorta di proto-subduzione si stava verificando già 4 miliardi di anni fa, ma queste rocce sono difficili da interpretare, dice O’Neill. Nel frattempo, tra 3 miliardi e 2 miliardi di anni fa, il mantello della Terra sembra aver subito diversi cambiamenti chimici che possono essere attribuiti al raffreddamento, modificandone il modello di convezione. Alcuni geologi la considerano una testimonianza dell’insorgenza e della graduale diffusione delle placche tettoniche in tutto il pianeta.

“La vera risposta è che non lo sappiamo”, dice Brad Foley, geofisico alla Pennsylvania State University. “Abbiamo queste rocce, ma non riusciamo a individuare la pistola fumante che ci dica con certezza che in quel momento c’era un placca tettonica e o una subduzione, o al contrario che non c’era”.

Placche su altri pianeti

Quindi, la tettonica è essenziale per la vita?

In definitiva, il problema è avere un esempio. Avere un pianeta che somigli alla Terra, un luogo con l’acqua e una crosta esterna scivolosa e scorrevole, un luogo pieno di vita. Altri pianeti o lune possono avere attività simili alla tettonica, ma niente di simile a ciò che vediamo sulla Terra.

Prendete Encelado, una luna ghiacciata di Saturno che sta vomitando materiale nello spazio da strane fratture nella sua crosta globale di ghiaccio. O Venere, un pianeta che sembra giunto da un passato di 500 milioni di anni fa, ma su cui non possiamo discernere placche. O Marte, che con l’Olympus Mons ha il più grande vulcano del sistema solare, ma la cui storia tettonica è misteriosa. L’Olympus Mons si trova in una grande provincia vulcanica chiamata Tharsis, che è così imponente che avrebbe potuto gravare sulla crosta di Marte abbastanza da far spostare i suoi poli.

Il ruolo della tettonica a placche nello sviluppo della vita

Valles Marineris su Marte è un canyon che si estende per 3000 chilometri e raggiunge una profondità di 8 chilometri. (Cortesia NASA/SPL- Caltech)

O’Neill ha pubblicato una ricerca che dimostra che un pianeta delle dimensioni di Marte e abbondanza di acqua potrebbe essere spinto in uno stato tettonicamente attivo. E altri hanno sostenuto che alcune regioni dell’emisfero meridionale di Marte ricordano la diffusione dei fondali marini. Ma sulla base dei dati satellitari e dei robot sulla sua superficie i ricercatori concordano sul fatto che Marte non abbia avuto alcuna attività per almeno 4 miliardi di anni, che è circa l’età della sua crosta,.

“C’è qualche argomento a favore dell’idea che in un’epoca molto iniziale avrebbe potuto avere una tettonica a placche, ma la mia opinione è che probabilmente non l’ha mai avuta”, dice Foley.

Il lander di InSight Mars – che, lanciato a maggio, dovrebbe arrivare a destinazione il 26 novembre – contribuirà a risolvere la questione. I tre strumenti di InSight hanno lo scopo di misurare lo spessore e la composizione della crosta, del mantello e del nucleo marziani, fornendo nuovi indizi su come Marte abbia perso il suo campo magnetico e sull’eventuale esistenza di una passata tettonica a placche.

“Riusciare a capire altri pianeti, come Venere e Marte, e le lune di Giove, ci aiuterebbe a capire che cosa cercare qui sulla Terra. È un motivo per continuare a esplorare altri pianeti, ci riporta a casa”, dice Klepeis.

Mentre le origini della tettonica a placche rimangono oggetto di dibattito, i geologi concordano sul fatto che a un certo punto i suoi meccanismi smetteranno di funzionare.

O’Neill considera la tettonica a placche una fase di mezza età dei pianeti rocciosi. Quando un pianeta invecchia, può evolversi da un mondo caldo e statico a uno caldo, tettonicamente attivo, per giungere infine a essere freddo e statico nei suoi anni successivi. Sappiamo che i pianeti possono diventare tranquilli quando si raffreddano; molti geologi pensano che questo sia ciò che è successo a Marte, che si è raffreddato più velocemente della Terra perché è molto più piccolo.

Alla fine la Terra si raffredderà abbastanza da interrompere la tettonica a placche, facendo sì che il pianeta torni a stabilizzarsi in uno stato di stabilità. Prima che ciò accada emergeranno e si inabisseranno nuovi supercontinenti, ma a un certo punto i terremoti cesseranno. I vulcani si spegneranno definitivamente. La terra morirà, proprio come Marte. Se le forme di vita che coprono ogni suo anfratto sarà ancora lì è una questione per il futuro.

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(L’originale di questo articolo è stato pubblicato il 7 giugno 2018 da QuantaMagazine.org, una pubblicazione editoriale indipendente online promossa dalla Fondazione Simons per migliorare la comprensione pubblica della scienza. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

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