Sulle spiagge italiane ci sono quasi 2.000 tonnellate di microplastiche

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Sulle spiagge italiane ci sono quasi 2.000 tonnellate di microplastiche

Le stime e i rischi di una subdola forma di inquinamento in una ricerca dell’università di Pisa sui campioni di sabbia raccolti alle foci dell’ Arno e del Serchio
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Un nuovo studio pubblicato su Environmental Science and Technology, la rivista dell’American Chemical Society, da un team del dipartimento di chimica e chimica industriale dell’università di Pisa (Valter Castelvetro, Alessio Ceccarini, Andrea Corti, Francesca Erba, Francesca Modugno, Jacopo La Nasa e Sabrina Bianchi) fa luce sul fenomeno delle microplastiche, «Particelle piccolissime, quasi indistinguibili dalla sabbia – spiegano i ricercatori italiani – le microplastiche nelle nostre spiagge sono una forma di inquinamento elusivo e pervasivo con cui è sempre più necessario fare i conti».

Per determinare la quantità e la natura dei frammenti di plastica inferiori ai 2 millimetri, il team coordinato da Castelvetro ha analizzato dei campioni di sabbia raccolti alle foci dei fumi Arno e Serchio e dice che «I risultati hanno evidenziato la presenza di notevoli quantità di materiale polimerico parzialmente degradato, fino a 5-10 grammi per metro quadro di spiaggia, derivante per lo più da imballaggi e da oggetti monouso abbandonati in loco, ma in prevalenza portati dal mare. Come tipologia si tratta prevalentemente di poliolefine, di cui sono fatti ad esempio gran parte degli imballaggi alimentari, e di polistirene, una plastica rigida ed economica usata anche per i contenitori dei CD o i rasoi usa e getta. Questi residui variamente degradati sono stati ritrovati in quantità diversa a seconda della distanza dal mare, più concentrati nella zona interna e dunale per effetto della progressiva accumulazione rispetto alla linea della battigia».

Castelvetro sottolinea che «Le nostre ricerche stanno mettendo in evidenza quanto questa forma di contaminazione ambientale possa essere pervasiva e pressoché onnipresente anche nelle zone di intensa frequentazione turistico-balneare, uno dei principali rischi poi è che le microplastiche agiscano da collettori di sostanze inquinanti anche altamente tossiche come pesticidi e idrocarburi policiclici aromatici».

I ricercatori pisani ricordano che «La gestione dell’inquinamento marino e lacustre da plastica, in Italia e nel mondo, si è finora per lo più limitata a campagne di raccolta e conta (più raramente di identificazione) di frammenti plastici in mare. In genere viene utilizzata la cosiddetta “manta”, una specie di retino a maglia fine trainato da imbarcazioni, che cattura oggetti e frammenti galleggianti generalmente di dimensioni maggiori di 2 millimetri. Molto più sporadiche sono invece le campagne di raccolta di plastiche sulle spiagge costiere, così come gli studi scientifici sulla loro distribuzione e gli eventuali effetti sull’ecosistema».

La ricerca dell’Ateneo pisano mira proprio a colmare questa lacuna «in modo da definire un modello analitico relativo alla distribuzione delle varie tipologie di microplastiche sulle coste italiane basato su analisi a campione».

Giusto per dare un ordine di grandezza, a partire da questi primi dati raccolti, i ricercatori pisani stimano che «La quantità di microplastiche sulle spiagge italiane sia pari a 1.000/2.000 tonnellate».

Castelvetro conclude: «E’ importante sensibilizzare il mondo scientifico e delle istituzioni nazionali ed internazionali verso il problema delle microplastiche che sebbene potenzialmente di grande impatto è stato finora poco compreso. sono quindi necessarie nuove ricerche per valutare quale possa essere l’effetto di questa forma di inquinamento altamente pervasiva e, stando ai primi risultati, assai più massiccia di quanto non si credesse».

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