Wwf: “In 44 anni abbiamo perso il 60% della popolazione di vertebrati” (VIDEO)

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Wwf: “In 44 anni abbiamo perso il 60% della popolazione di vertebrati” (VIDEO)

E’ difficile, ma non è ancora detta la parola fine e sembra possibile invertire la curva della perdita di biodiversità
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Il Living Planet Report 2018 del Wwf, realizzato con il supporto di più di 50 esperti e in collaborazione con la Zoological Society of London, si conclude con una pressante richiesta: «La natura è la nostra unica casa e l’unica strada che abbiamo per salvarla (e salvarci) è lanciare un Global Deal per la natura e le persone capace di invertire il drammatico trend della perdita della ricchezza della vita sulla Terra, base del nostro benessere e del nostro sviluppo, agendo con urgenza per garantire in modo sostenibile l’alimentazione a una popolazione crescente, limitare il riscaldamento globale a 1,5°C e ripristinare i sistemi naturali che stiamo perdendo».

Fin in dalla sua prima edizione nel 1998, il Living Planet Report ha fornito quella che il Wwf definisce «un’istantanea della biodiversità globale e dei suoi trend. Tutte le ricerche scientifiche dimostrano l’incalcolabile importanza dei sistemi naturali per la nostra salute, il nostro benessere, la nostra alimentazione, la nostra sicurezza. Globalmente è stato stimato che la natura offre servizi che possono essere valutati intorno a 125.000 miliardi di dollari, una cifra superiore al prodotto globale lordo dei paesi di tutto il mondo, che si aggira sugli 80.000 miliardi di dollari».

ILiving Planet Index è un indicatore dello stato della biodiversità globale, elaborato dal Wwf e dalla Zoological Society of London, che  segnala lo stato di salute della biodiversità trerrestre e che per 20 anni ha registrato in tutto il mondo l’abbondanza di 16.704 popolazioni di oltre 4.000 specie di mammiferi, uccelli, pesci, rettili e anfibi (i vertebrati). Al Wwf spiegano che «L’Indice analizza i trend di queste popolazioni, selezionate in maniera scientifica, quale misura dei cambiamenti nella biodiversità». Nel Living Planet Report 2018, l’indice include i dati dal 1970 al 2014 e mostra «un declino globale del 60% nella dimensione delle popolazioni di vertebrati che, in pratica, significa un crollo di più della metà in meno di 50 anni».

Il rapporto sottolinea che «Le minacce che stanno minando le oltre 8.500 specie a rischio di estinzione, presenti nella Lista Rossa (Red List) dell’Iucn, riguardano soprattutto il sovrasfruttamento e le modifiche degli ambienti naturali, in particolare quelle dovute all’agricoltura. Delle piante e di buona parte degli animali vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili e anfibi) che si sono estinti dal 1500 ad oggi, il 75% di queste estinzioni è stata causata dal sovrasfruttamento e dall’agricoltura. Altre minacce derivano dal cambiamento climatico, che sta diventando un driver crescente, dall’inquinamento, dalle specie invasive – che noi abbiamo spostato in tante aree del pianeta dove prima non esistevano e che fanno concorrenza a tante specie autoctone – dalle dighe e dalle miniere».

Inoltre, dal rapporto emerge che «Negli ultimi 50 anni la nostra impronta ecologica, la misura del consumo delle risorse naturali, è incrementata del 190%. Creare un sistema più sostenibile richiede significativi e urgenti cambiamenti nelle attività di produzione e consumo».

Il Wwf ricorda che nel marzo 2018 l’Intergovernamental Science/Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (Ipbes) ha reso nota la valutazione sul degrado dei suoli (Land Degradation and Restoration Assessment) che «dimostra come oggi meno del 25% della superficie terrestre sia ancora in condizioni naturali e come nel 2050, continuando con gli attuali andamenti di sfruttamento senza invertire l’attuale tendenza, la percentuale della superficie delle terre emerse  in condizioni naturali si abbasserà al 10%. Oggi, il degrado dei suoli mina il benessere di circa 3,2 miliardi di persone nel mondo. Inoltre, nell’era moderna, le zone umide hanno perso l’87% della loro estensione. Il degrado dei terreni include anche la perdita delle foreste, un fenomeno che nelle zone temperate è stato rallentato dalle operazioni di riforestazione ma che è andato accelerandosi nelle foreste tropicali. Un’analisi in 46 Paesi in area tropicale e subtropicale ha dimostrato che l’agricoltura commerciale su larga scala e l’agricoltura di sussistenza sono state responsabili rispettivamente di circa il 40% e il 33% della conversione forestale tra il 2000 e il 2010. Il 27% della deforestazione è stata causata dalla crescita urbana, dall’espansione delle infrastrutture e dalle attività minerarie. Questo degrado esercita numerosi impatti sulle specie, sulla qualità degli habitat e sul funzionamento degli ecosistemi».
Ma è possibile invertire la curva della perdita di biodiversità? Il WWf è convinto di sì: «La biodiversità costituisce l’infrastruttura che sostiene tutta la vita sulla Terra. I sistemi naturali e i cicli biogeochimici che la diversità biologica genera consentono un funzionamento stabile dell’atmosfera, degli oceani, delle foreste, dei vari territori e dei bacini idrici. Essi costituiscono i prerequisiti per l’esistenza di una moderna e prospera società umana, capace di continuare a vivere bene nel corso del tempo. Da ora al 2020 abbiamo un’unica finestra di opportunità per formulare una visione di positivo rapporto tra l’umanità e la natura. La Convenzione della Diversità Biologica sta individuando i nuovi obiettivi e i target per il futuro. Questi, insieme agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), possono diventare la chiave per un contesto di protezione concreta e di efficacia nella tutela della natura e della biodiversità».

La presidente del Wwf Italia, Donatella Bianche, conclude: «In appena 50 anni il 20% della superficie delle foreste dell’Amazzonia è scomparsa mentre gli ambienti marini del mondo hanno perso quasi la metà dei coralli negli ultimi 30 anni. Il Living Planet Report 2018 richiama ad un impegno deciso per invertire la tendenza negativa della perdita della biodiversità. Il mondo ha bisogno di una Roadmap dal 2020 al 2050 con obiettivi chiari e ben definiti, di un set di azioni credibili per ripristinare i sistemi naturali e ristabilire un livello capace di dare benessere e prosperità all’umanità. Per ottenere risultati è necessario intervenire subito già dalla 14° Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD, Convention on Biological Diversity, che avrà luogo in Egitto) nel prossimo novembre. E’ fondamentale un accordo globale, ambizioso ed efficace per la natura e la biodiversità, come è avvenuto per il cambiamento climatico in occasione della Conferenza di Parigi nel 2015».

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