Ecco il quasar più brillante dell’universo primordiale

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Ecco il quasar più brillante dell’universo primordiale

Potenti osservatori astronomici sulla Terra e il telescopio spaziale Hubble hanno permesso di rilevare la luce emessa da un quasar quando l’universo aveva meno di un miliardo di anni. L’oggetto è il più brillante tra quelli della stessa epoca individuati finora e la sua scoperta suggerisce che la maggior parte di questi antichissimi quasar sia sfuggita alle osservazioni
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Gli astronomi lo vedono com’era quando l’universo aveva meno di un miliardo di anni. E appare come l’oggetto astronomico più brillante osservato in quell’epoca primordiale, secondo l’articolo pubblicato su “Astrophysical Journal Letters” da ricercatori che lavorano in alcuni dei più sofisticati telescopi del mondo e con il telescopio spaziale Hubble. La particolarità dell’osservazione ha anche permesso di stabilire che la maggior parte degli oggetti dello stesso tipo sarebbero rimasti finora sconosciuti.
J043947.08+163415.7 – così è stato battezzato l’oggetto – è un quasar, cioè una sorgente di radiazione elettromagnetica luminosa quanto 600.000 miliardi di stelle come il Sole; la radiazione è prodotta dalla materia che viene inghiottita a un ritmo vertiginoso da un buco nero al centro di una galassia.

La straordinaria osservazione del quasar, distante 12,8 miliardi di anni luce dalla Terra, è stata possibile grazie alla fortuita presenza di un oggetto celeste più vicino lungo la direzione di vista: una galassia che si comporta come una lente, curvando i raggi di luce, proprio come in una lente ottica.

Questo effetto lente è uno dei più peculiari effetti previsti dalla teoria generale della relatività di Albert Einstein. Secondo la relatività generale, le masse deformano il “tessuto” dello spazio-tempo circostante, così come farebbe una palla da biliardo posata su un lenzuolo fissato alle estremità, influenzando la propagazione della luce nelle vicinanze.

L’effetto è particolarmente evidente per le grandi masse del cosmo, come galassie o ammassi di galassie, che deflettono i raggi di luce provenienti da un sorgente lontana, come può essere un quasar. Il risultato è analogo a quello di una lente ottica: la luce della sorgente lontana può essere concentrata, oppure può verificarsi una moltiplicazione dell’immagine della sorgente.

Il quasar più brillante dell'universo primordiale
Illustrazione del quasar scoperto nello studio. (Credit: ESA/HUBBLE, NASA, M. KORNMESSER)

Nel caso di J043947.08+163415.7, l’effetto di lente gravitazionale ha amplificato la luminosità della sorgente di circa 50 volte, secondo i calcoli degli autori di una collaborazione che ha coinvolto osservatori astronomici sulla Terra situati tutti sul monte Mauna Kea, nelle isole Hawaii – Gemini Observatory, James Clerk Maxwell Telescope, United Kingdom Infra-Red Telescope e Keck Observatory – e il telescopio spaziale Hubble.

Ma quello della lente gravitazionale non è l’unico effetto di distorsione dovuto all’influenza di oggetti presenti lungo la direzione di vista. I quasar molto lontani sono infatti identificati dal loro colore rosso, esito dell’assorbimento, operato dal gas intergalattico, di alcune particolari lunghezze d’onda della radiazione elettromagnetica emessa da questi oggetti astronomici.

Inoltre, il colore di questa stessa radiazione può essere contaminato dalla presenza di una galassia, e sembrare più blu. Spesso la diluizione del colore è così intensa che i quasar possono apparire come galassie normali ed essere trascurati dagli studi.

“Senza questo alto livello di ingrandimento, sarebbe impossibile per noi vedere la galassia al cui centro si trova il quasar”, ha spiegato Feige Wang, ricercatore dell’Università della California a Santa Barbara, coautore dell’articolo. “Siamo anche in grado cercare il gas attorno al buco nero e studiare quale potrebbe essere l’influenza del buco nero sulla galassia stessa”.

“Si tratta di una scoperta sorprendente e importante: per decenni abbiamo pensato che questi quasar influenzati dall’effetto di lente gravitazionale fossero molto comuni nell’universo primordiale, ma è il primo caso del genere a essere trovato”, ha aggiunto Fabio Pacucci della Yale University, che ha osservato J043947.08 + 163415.7 dal Keck Observatory.

“Il risultato ci dà un indizio su come cercare ‘quasar fantasma’, sorgenti che sappiamo esserci: se fossero davvero numerosi, la nostra idea di ciò che è accaduto subito dopo il big bang ne sarebbe rivoluzionata, e cambierebbe anche la nostra visione di come questi mostri cosmici hanno incrementato la propria massa”, ha concluso Pacucci.

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