Eccola la prima immagina di Ultima Thule, effettuato il sorvolo a 6 miliardi di km dalla Terra!

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Eccola la prima immagina di Ultima Thule, effettuato il sorvolo a 6 miliardi di km dalla Terra!

La missione New Horizons della NASA ha effettuato con successo il sorvolo ravvicinato dell’oggetto celeste più lontano tra quelli mai raggiunti dalle sonde spaziali: l’asteroide Ultima Thule, che si trova a circa 6 miliardi di chilometri dalla Terra, all’interno della fascia di Kuiper, la regione del sistema solare che si estende oltre l’orbita di Nettuno
di Emiliano Ricci
www.lescienze.it

Dal 1° gennaio 2019 l’agenzia spaziale statunitense NASA ha superato e allungato un record spaziale che deteneva già da tempo: riuscire a effettuare il sorvolo dell’oggetto più distante dalla Terra mai effettuato fino a oggi.

A conquistare il record è stata la stessa sonda che l’aveva raggiunto non molti anni fa: New Horizons, che nel luglio 2015 aveva compiuto con successo il sorvolo ravvicinato (flyby) con il pianeta nano Plutone e il suo sistema di satelliti.

Oltre Plutone, la sonda non poteva dirigersi che verso uno specifico oggetto della fascia di Kuiper, la regione del sistema solare che si estende oltre l’orbita di Nettuno, popolata da una grande quantità di asteroidi e da cui provengono le comete a medio periodo (come la Halley, per esempio): l’asteroide 2014 MU69, soprannominato per l’occasione “Ultima Thule”, in riferimento al mito, descritto fra gli altri anche da Virgilio nelle sue Georgiche, di un’isola remota situata ai confini delle terre esplorate e difficilmente raggiungibile.

Ultima Thule, una nocciolina nello spazio remotoInterpretazione artistica dell’arrivo di New Horizons a Ultima Thule (Credits: NASA/JHUAPL/SwRI)

E in effetti, Ultima Thule rispetta in pieno tutti questi requisiti.

L’asteroide transnettuniano è stato scoperto nel 2014 dal telescopio spaziale Hubble nell’ambito di una campagna per individuare oggetti della fascia di Kuiper potenzialmente esplorabili in vista di un’estensione della missione di New Horizons e subito inserito nell’elenco di preselezione. La selezione finale è arrivata nell’agosto 2015, ancora prima che la NASA approvasse l’estensione.

Il nomignolo Ultima Thule gli è stato attribuito nel marzo 2018 direttamente dall’agenzia spaziale, senza alcun passaggio formale attraverso l’Unione Astronomica Internazionale (IAU), che è invece l’unica con il potere di assegnare i nomi ai corpi celesti. Il nome definitivo sarà invece frutto di una decisione dell’IAU, e dovrà naturalmente tenere conto del fatto che Ultima Thule potrebbe non essere un corpo unico, ma addirittura un asteroide binario o multiplo.

Ultima Thule, una nocciolina nello spazio remoto
A sinistra, il montaggio di due immagini riprese dallo strumento LORRI (Long-Range Reconnaissance Imager) di New Horizons, che offre l’indicazione migliore ora disponibile delle dimensioni e della forma di Ultima Thule. A destra, interpretazione artistica dell’aspetto dell’asteroide. Le frecce indicano la direzione di rotazione dell’asse
(Cortesia NASA/JHUAPL/SwRI/James Tuttle Keane)

Già, perché le prime immagini arrivate da New Horizons dopo il flyby con l’oggetto – avvenuto esattamente alle 6:33 ora italiana del giorno di Capodanno, a una distanza di 3500 chilometri dall’asteroide e a più di 42 unità astronomiche dalla Terra (oltre 6 miliardi di chilometri; l’unità astronomica è la distanza media Terra-Sole, pari a circa 150 milioni di chilometri) – non riescono a eliminare totalmente il dubbio che l’asteroide non sia un oggetto unico.

La forma di Ultima Thule, al massimo della risoluzione, è infatti molto simile a quella di un’arachide, con due lobi, di cui uno più grosso, congiunti insieme da una regione più stretta. E il modo in cui ruota su se stesso, come se fosse un’elica, con l’asse passante proprio per la parte del lobo più grande prossima alla regione più stretta, potrebbe ancora far pensare a due corpi più piccoli che orbitano attorno al comune centro di massa.
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Aggiornamento. Un’immagine diffusa dalla NASA intorno alle 21 italiane del 2 gennaio conferma che Ultima Thule è un corpo unico. Più precisamente, si tratterebbe di due masse connesse al centro.
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Curiosamente, per tutta la fase di avvicinamento di New Horizons, l’asse di rotazione dell’asteroide è rimasto puntato verso la sonda: questo ha fatto sì che, seppure in rotazione, l’asteroide non cambiasse di molto la propria luminosità, perché in pratica mostrava alla sonda sempre lo stesso lato.

Una volta che gli astronomi saranno in grado di sciogliere il nodo della possibile molteplicità dell’asteroide, allora sarà possibile definire con maggiore sicurezza forma e dimensioni del corpo (o dei corpi). Intanto, quello che hanno osservato è appunto un oggetto allungato – approssimativamente lungo 32 chilometri e largo 16 – di cui ancora non è stato possibile determinare il periodo di rotazione.

Ultima Thule, una nocciolina nello spazio remoto
Interpretazione artistica di New Horizons nella Fascia di Kuiper (Cortesia NASA)

Ma le immagini appena arrivate sono solo quelle definite ad alta priorità. Altre ne arriveranno nei prossimi mesi.

Terminata infatti la fase del flyby – compresa fra il primo e il 2 gennaio – la sonda modificherà il proprio assetto orbitale e inizierà il lungo processo di invio dei dati a una velocità stimata di 1-2 kilobit per secondo (sì, kilobit, avete letto bene!). Alla NASA si aspettano che il download completo dei dati richieda almeno 20 mesi. Con l’aiuto di altre immagini gli astronomi sperano di chiarire meglio la natura dell’asteroide e di svelarne anche la storia.

Nell’attesa, se volete ripassare tutto l’epico viaggio della sonda New Horizons, lanciata il 19 gennaio 2006 e la cui missione di esplorazione della fascia di Kuiper è attualmente estesa fino al 2021, il consiglio è di andare a vedere lo spettacolare video musicale che l’astrofisico Brian May, più noto come chitarrista dei Queen (ma nel film Bohemian Rapsody si dice spesso che è un astronomo!), ha pubblicato a Capodanno su YouTube e intitolato “New Horizons (Ultima Thule remix)”. Un vero e proprio inno alle conquiste della scienza, in perfetto stile Queen!

Capodanno a Bennu
Ma i record della NASA non finiscono qui. Appena poche ore prima del flyby di Ultima Thule, alle 20:33 ora italiana del 31 dicembre 2018, la sonda OSIRIS-REx è entrata in orbita attorno a Bennu, rendendo così questo asteroide il più piccolo oggetto mai orbitato da una sonda.

Ultima Thule, una nocciolina nello spazio remoto
Interpretazione artistica di OSIRIS-REx sopra la superificie dell’asteroide Bennu (Cortesia NASA)

A una distanza dalla Terra di “appena” 110 milioni di chilometri – niente in confronto a quella di Ultima Thule – la sonda, arrivata in prossimità di Bennu il 3 dicembre scorso, si è perfettamente inserita in orbita grazie a una singola accensione di 8 secondi dei propri razzi di manovra. Un’impresa non facile, perché Bennu ha una gravità appena sufficiente a tenere in orbita la sonda: la sua intensità vale infatti 5 milionesimi di quella terrestre. Non solo: trovandosi a orbitare a meno di due chilometri dal centro dell’asteroide – distanza necessaria per tenere la sonda in orbita stabile, legata gravitazionalmente all’asteroide! – il moto della sonda sarà fortemente influenzato dalla distribuzione di massa dell’asteroide, ma anche dalla pressione della radiazione solare e di quella riflessa dalla superficie stessa dell’asteroide.

Ecco perché alla NASA sono pronti – dopo aver sviluppato accurati modelli 3D della superficie dell’asteroide – a correggere periodicamente la rotta della sonda. La cui missione finale, lo ricordiamo, è quella di riportare nel 2023 sulla Terra un campione di regolite raccolta dalla superficie dell’asteroide.

Naturalmente, anche l’orbita così bassa di OSIRIS-REx attorno a Bennu è un nuovo record della NASA, che va a battere quello stabilito nel maggio 2016 dalla sonda Rosetta, in orbita a 7 chilometri di distanza dal centro della cometa 67P/ Churyumov-Gerasimenko.

Adesso non resta che aspettare un nuovo grande record. Questione di ore, speriamo, poi arriverà l’annuncio dell’atterraggio sulla faccia nascosta della Luna della missione cinese Chang’e 4. E allora potremo dire che il 2019 è iniziato davvero col botto!

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