Le nebbie misteriose dell’atmosfera di Titano

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Le nebbie misteriose dell’atmosfera di Titano

Le nebbie che ricoprono il più grande satellite di Saturno formano in alta quota uno strato che si separa periodicamente dal resto dell’atmosfera. I meccanismi che provocano questo fenomeno sono ancora oscuri e molte speranze sono rivolte a una nuova missione NASA, che però non è ancora stata approvata definitivamente
di Erik Larson / Scientific American
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Titano, la luna più grande di Saturno, è più grande del pianeta Mercurio e ha un’atmosfera più densa di qualsiasi altro satellite planetario conosciuto.

La sua coltre di gas per alcuni versi è incredibilmente simile alla nostra: è fatta prevalentemente di azoto, per esempio, e anche la pressione alla  superficie – circa 100 volte superiore a quella di Marte e 100 volte inferiore a quella di Venere – ricorda quella della Terra. Ha anche nuvole e precipitazioni.

Per altri versi, tuttavia, l’atmosfera di Titano è del tutto aliena. A una temperatura media di -180 °C, le nuvole e le gocce di pioggia non sono fatte d’acqua ma di metano ed etano liquidi, che evaporano da laghi e mari di idrocarburi vicini ai poli.

Il ghiaccio d’acqua che costituisce la superficie del satellite è così freddo che si comporta come una roccia. In combinazione con la bassa gravità di Titano – appena un settimo di quella della Terra – la densità dell’atmosfera ha indotto alcuni a ipotizzare che gli esseri umani potrebbero volare con le proprie forze usando ali sintetiche legate alle braccia.

Un aspetto particolarmente affascinante di Titano è la fitta nebbia di sostanze chimiche organiche che domina l’atmosfera e ne oscura la superficie. Ricorda lo smog di Los Angeles, ma è spesso centinaia di chilometri.

Le nebbie misteriose dell'atmosfera di Titano

Immagine in falsi colori degli strati di nebbia che ricoprono Titano (Cortesia NASA/JPL)

La nebbia è composta da microscopici fiocchi di neve oleosi e si forma nell’alta atmosfera per l’interazione dell’azoto atmosferico e del metano con la luce ultravioletta e le particelle ad alta energia. Benché questa fotochimica avvenga anche in altre atmosfere povere di ossigeno – come quelle di Plutone, Giove, Saturno e, miliardi di anni fa, anche nella Terra primigenia – l’abbondanza di nebbia di Titano e la lunga durata della missione Cassini (che ha orbitatoattorno a Saturno dal 2004 fino al suo tuffo sul pianeta nel 2017) ne fanno l’esempio più eclatante e ben studiato di questo processo.

Stranamente, le immagini di Titano mostrano uno strato molto spesso di nebbia separato dalla parte preponderante della sua nebbiosa atmosfera. La formazione dello strato separato è ancora fonte di dibattiti: alcuni sostengono che sia causata da un cambiamento nella forma delle particelle che formano lo strato, altri sostengono che siano i venti a determinare il fenomeno.

Non solo lo strato di nebbia separato circonda l’intera luna, ma la sua altitudine varia nel tempo. Durante l’inverno settentrionale di Titano e subito dopo l’equinozio del 2009, che si allinea con l’inizio della primavera settentrionale di Titano, esso si trovava nell’alta atmosfera, a circa 560 chilometri sopra la superficie. Lo strato si è poi abbassato oltre 80 chilometri in pochi mesi prima di fondersi lentamente, nel 2012, con il resto dell’atmosfera nebulosa sottostante.

Un recente studio su “Nature Astronomy” descrive il movimento di questo strato di nebbia, compresa la sua scomparsa nel 2012 e la successiva riapparizione nel 2016. L’evento inaspettato ha aiutato i ricercatori a capire e spiegare la formazione dello strato di nebbia separato.

La scomparsa sarebbe dovuta allo spostamento dell’equilibrio tra i venti verso l’alto e le particelle che cadono a seconda del variare delle stagioni. Queste particelle agiscono anche come traccianti che permettono di osservare la circolazione atmosferica.

Le nebbie misteriose dell'atmosfera di Titano

Un’immagine di Titano ripresa dalla sonda Cassini della NASA (Credit NASA/JPL/Space Science Institute)

Precedenti misurazioni effettuate della sonda spaziale Voyager nel 1980 avevano osservato, un “anno” di Titano prima (circa 29,5 anni terrestri), lo strato di nebbia separato esattamente alla stessa altezza di Cassini.

Queste osservazioni indicano che il ciclo stagionale dello strato di nebbia separato è sorprendentemente coerente nel corso dell’anno. La ricomparsa dello strato di nebbia separato, tuttavia, è stata più complicata di quanto ci si aspettasse sulla base dei modelli computerizzati.

Le simulazioni al computer dell’atmosfera di Titano prevedevano che lo strato separato si sarebbe riformato nell’alta atmosfera pochi anni dopo la scomparsa e la lenta diminuzione di altitudine per alcuni anni prima di stabilizzarsi fino all’equinozio successivo. Tuttavia, la recente ricomparsa è iniziata con strati separati transitori nell’alta atmosfera che si sono dissipati nel giro di pochi mesi dalla formazione. Alla fine della missione Cassini, nel 2017, la nebbia non aveva ancora formato uno strato separato stabile.

Senza Cassini, che ha lasciato un tesoro di osservazioni sorprendenti, potrebbe volerci molto tempo prima di poter determinare quando lo strato di nebbia separato tornerà alla stabilità, o se lo farà durante questa stagione estiva settentrionale. Questa longeva sonda spaziale ci ha insegnato molto su Titano e sui processi chimici e fisici che si verificano nell’atmosfera. Gli studi futuri dovranno accontentarsi dei telescopi terrestri, almeno fino alla prossima missione.


Recentemente, la sonda Dragonfly to Titan è stata selezionata come finalista fra le possibili future missioni della NASA. Se le venisse dato il via libera, la missione invierebbe un quadrirotore verso una serie di siti di atterraggio su Titano, effettuando una serie di misurazioni uniche sullo scambio di materiali superficie-atmosfera, la meteorologia di Titano e la composizione della sua superficie, comprese le molecole biologicamente rilevanti. La missione potrebbe essere lanciata già a partire dal 2025.

(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American” il 10 gennaio 2019. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)
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Erik Larson studia le atmosfere planetarie, inclusa quella della Terra. principalmente attraverso la modellazione numerica. Ha conseguito il dottorato di ricerca in scienze dell’atmosfera e oceaniche all’Università del Colorado. Ha lavorato alla NOAAA e attualmente è borsista all’Università di Harvard.

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