Un tempo mancavano galassie, e ora? Ce ne sono troppe!

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Un tempo mancavano galassie, e ora? Ce ne sono troppe!

Anni fa gli astronomi non avevano trovato abbastanza galassie satelliti attorno alla Via Lattea. Ora hanno il problema opposto, e questo suggerisce che la nostra comprensione della formazione delle galassie è ancora incompleta. Osservazioni astronomiche future oltre la nostra galassia aiuteranno gli scienziati capirne di più
di Shannon Hall/QuantaMagazine
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Se si guarda verso il cielo dall’emisfero australe è difficile non notare la Grande Nube di Magellano. Il fatto che sembri uno dei bracci di spirale della Via Lattea, anche se più piccolo, rivela che si tratta di una piccola galassia distante circa 30.000 anni luce formata da qualche miliardo di stelle. Infatti, qualsiasi piccolo telescopio mostrerà che è disseminata di nebulose incandescenti che sono punteggiate da nubi oscure di polveri.

E non è l’unica galassia satellite che orbita lentamente attorno alla Via Lattea. Nel 1999, gli astronomi avevano individuato una dozzina di compagne, molte delle quali invisibili a occhio nudo. Ma a quel tempo, le simulazioni al computer dell’evoluzione dell’universo avevano previsto che le regioni attorno alla Via Lattea dovessero essere piene di attività e ospitare non una dozzina, ma migliaia, di piccole compagne. Dove erano le galassie satelliti mancanti?

Quell’enigma astronomico si è trascinato per quasi due decenni. I ricercatori hanno fornito una serie di potenziali spiegazioni. Alcune contemplavano nuove idee speculative sull’evoluzione delle galassie. Altre proponevano l’esistenza di forme esotiche di materia oscura, la sostanza misteriosa che costituisce l’84 per cento della materia nell’universo.

Galassie mancanti? Ora ce ne sono troppe
Questa simulazione della materia oscura in un alone galattico mostra la presenza di molti gruppi di materia oscura. (Cortesia Shea C. Garrison-Kimmel / ELVIS)

Ma negli ultimi anni è successo qualcosa di strano. Nuove indagini hanno permesso agli astronomi di trovare altre galassie satelliti che in precedenza erano sfuggite. Allo stesso tempo, simulazioni al computer aggiornate prevedevano l’esistenza di un numero di galassie molto inferiore a quello precedente.

Di fatto, le stime sul numero delle galassie ricavate da studi osservazionali e da simulazioni teoriche hanno finito per convergere così rapidamente da invertirsi. Mentre all’inizio degli anni duemila gli astronomi temevano che le galassie satelliti della Via Lattea fossero troppo poche, nel 2018 sembravano essere troppe. Il problema delle satelliti mancanti si era trasformato nel suo opposto.

Ma ora alcuni astronomi vedono una potenziale soluzione. Paradossalmente, la risoluzione del problema dell’eccesso di galassie satelliti potrebbe significare ipotizzare l’esistenza di un numero ancora maggiore delle satelliti di quello stimato in precedenza, ma estremamente piccole.

Un nuovo tipo di galassia
Gli astronomi hanno fatto il primo passo per risolvere il problema delle galassie satelliti mancanti nel 2004. Fu allora che Beth Willman, all’epoca specializzanda alla New York University, si trovò a fissare sullo schermo del computer di un collega un’immagine scura, in primo piano rispetto alla Via Lattea, cosparsa di stelle rosse, arancioni e blu e con una debole macchia al centro. O meglio, lei pensava che si trattasse di una macchia al centro e temeva che fosse uno scherzo della sua immaginazione.

Se quella macchia fosse stato un vero e proprio oggetto fisico, poteva essere una galassia nana ultradebole, qualcosa di una luminosità pari ad appena l’uno per cento delle galassie più striminzite note al tempo.

Ma questo sembrava impossibile. Solo due anni prima, gli astronomi avevano cominciato a portare argomenti a sostegno dell’idea che non ci fossero più altre galassie nane in attesa di essere scoperte. Inoltre, sembrava inverosimile pensare che un oggetto così debole potesse trattenere il gas necessario a innescare la formazione di stelle. “Ero molto titubante nell’interpretare quella macchia”, ricorda Willman. “Ho pensato: questi oggetti non possono esistere davvero. Sembrano così stravaganti.”

Ma si sono rivelati reali. La scoperta da parte di Willman della prima galassia nana ultradebole ha chiarito che le frange esterne della Via Lattea nascondevano altri segreti.

Con il tempo, la Sloan Digital Sky Survey e la Dark Energy Survey hanno contribuito ad aumentare il numero di galassie satelliti note a oltre 50. Molte erano simili all’oggetto che Willman aveva scoperto: galassie nane ultradeboli che potevano essere così piccole da ospitare solo un migliaio di stelle.

Ma anche queste rilevazioni non coprivano l’intero cielo. Né potevano individuare ogni galassia nana nelle vicinanze della Via Lattea. Alcune sono così deboli da essere invisibili oltre una certa distanza.

Nel 2008, è stata pubblicata una serie di articoli che tenevano conto di questi limiti di rilevabilità nel tentativo di fare previsioni più accurate sul numero di galassie nane che affollano la Via Lattea. Le statistiche erano allarmanti. Erik Tollerud, astronomo alllo Space Telescope Science Institute, e colleghi hanno stimato che potrebbero esserci ben 1000 galassie nane invisibili, un numero molto più grande delle decine di galassie nane conosciute quando è sorto il problema dei satelliti mancanti.

“Oggi c’è la sensazione che là fuori sia in agguato una vasta popolazione di galassie molto piccole, che però non possiamo vedere”, ha detto James Bullock, astronomo all’Università della California a Irvine. “Sono piccole galassie fantasma”.

Nel frattempo, ricercatori come Bullock hanno eseguito nuove simulazioni al computer della formazione delle galassie, scoprendo che nel corso del tempo cosmico una grande galassia come la Via Lattea dovrebbe divorare questi fantasmi. Come dice Annika Peter, astronoma alla Ohio State University: “La Via Lattea è molto simile al Cookie Monster”. [personaggio del mondo immaginario del programma televisivo statunitense per bambini Sesame Street, la cui caratteristica è un appetito insaziabile. NdR]

Modelli cosmici migliori
Le prime simulazioni al computer della storia dell’universo – quelle che prevedevano molte migliaia di galassie in orbita intorno alla Via Lattea – avevano un limite importante: includevano solo la materia oscura.

Le simulazioni erano carenti per due motivi. La prima è che simulare i 14 miliardi di anni di storia dell’universo in tutta la sua complessità è impossibile. Ma se si modella solo la materia oscura, diventa fattibile. Questo perché la materia oscura è relativamente semplice, visto che (per quanto ne sappiamo) interagisce solo per gravità. La materia ordinaria, al contrario, interagisce in diversi modi. Le stelle, per esempio, possono esplodere catastroficamente, rilasciando nel cosmo energia che riscalda il gas circostante, e seminando l’universo con elementi chimici più pesanti che alimentano la successiva generazione di stelle.

Questi dettagli, secondo i ricercatori, potevano essere trascurati. E in effetti, le simulazioni con la sola materia oscura hanno fatto un lavoro notevole nel ricreare la struttura cosmica su larga scala dell’universo. E questo ci porta alla seconda ragione: la materia oscura è responsabile della configurazione del cosmo.

La materia oscura fornisce l’impalcatura che sostiene le galassie disperse in tutto il nostro universo. Prendiamo come esempio la Via Lattea: la nostra galassia è incastonata in un’enorme nube di materia oscura, o alone, che si estende ben oltre l’iconico disco a spirale. I cosmologi ritengono che l’alone si sia formata per primo. Nel tempo, l’attrazione gravitazionale di questa nube oscura ha attratto tutta la materia ordinaria che forma il disco vorticoso di polvere e stelle a cui ci riferiamo quando pensiamo alla “Via Lattea”.

Galassie mancanti? Ora ce ne sono troppe
Beth Willman. (Cortesia Beth Willman)

Inoltre, questo alone contiene un certo numero di mini-aloni che a loro volta hanno formato l’impalcatura cosmica per le galassie satelliti come le nubi di Magellano Grande e Piccola. Per questo motivo, una simulazione di questo tipo costituisce comunque un’approssimazione abbastanza buona per la materia visibile nell’universo.

Buona, ma non perfetta. Quando gli astronomi hanno avuto a disposizione centri di calcolo più grandi, gli ingegneri hanno costruito processori più veloci e gli scienziati hanno iniziato a comprendere meglio i processi fisici che circondano la materia normale (come gli apocalittici effetti delle esplosioni stellari), hanno cominciato ad acquisire gli strumenti necessari a realizzare simulazioni complesse che includevano la materia normale.

Nel 2016, Andrew Wetzel dell’Università della California a Davis, e colleghi crearono una delle prime simulazioni realistiche di una galassia centrale massiccia e della sua legione di nane. Non aveva l’aspetto di modelli precedenti. Nel modello di Wetzel, la galassia centrale aveva distrutto così tante nane che alla fine, dopo i 14 miliardi di anni (simulati), ne erano rimaste solo 13. Se prima c’era un’abbondanza di galassie nane, ora non c’erano quasi più.

Gli astronomi hanno cercato di capire. Un secondo articolo pubblicato da Wetzel insieme a Shea Garrison-Kimmel, astronomo al California Institute of Technology, e colleghi a metà 2017 ha confrontato le simulazioni che contemplavano la materia normale con quelle che non lo facevano. Hanno scoperto che nelle simulazioni con la materia normale, la massa supplementare nel disco galattico conferisce alla galassia centrale un campo gravitazionale molto più intenso. E questo fa la differenza. Senza di essa, le galassie nane entrano ed escono dalla Via Lattea, fuggendo senza un graffio. Ma con la materia normale, il disco le fa a brandelli.

Ulteriori affinamenti hanno ridotto ancor più il numero delle nane previsti dai modelli. Ma, paradossalmente, facendo aumentare di continuo il numero delle nane che gli astronomi pensano siano in agguato ai margini della Via Lattea.

Simulare la Via Lattea
Garrison-Kimmel e colleghi hanno sostenuto che il disco della Via Lattea è famelico, che si nutre di nani, ma che sgranocchia solo le galassie che si trovano vicino al disco. “Mangia tutti i biscotti in casa, ma probabilmente non può andare dal fornaio per mangiare quelli che sono là fuori”, ha detto Peter.

Dovremmo dunque aspettarci di trovare relativamente poche galassie nane vicino al disco della Via Lattea, e molte più che indugiano in prossimità dei bordi esterni dell’alone della Via Lattea, ben oltre quello che possiamo vedere. Quando Peter e colleghi hanno considerato questo aspetto, hanno stimato che probabilmente tra 800 e 1700 galassie satelliti si trovano appena oltre il limite di rilevazione dei nostri migliori osservatori. Ma quando il gruppo ha simulato quante satelliti si sarebbero dovute formare nel primo universo, ha scoperto che i numeri erano molto più bassi, da 100 a 300.

E uno studio di Bullock e colleghi pubblicato a novembre suggerisce che il problema potrebbe essere ancora più acuto. A differenza delle precedenti simulazioni, che si concentravano solo su galassie non descritte e dalle dimensioni approssimativamente come quelle della Via Lattea, la nuova simulazione ha tentato di modellare la Via Lattea stessa. Il gruppo di Bullock ha creato un certo numero di simulazioni (tutte chiamate con i titoli di canzoni di Elvis Presley) per ottenere una gamma delle migliori stime possibili su massa, struttura ed evoluzione della nostra galassia.

Queste simulazioni hanno concluso che la Via Lattea è proprio il Cookie Monster. Solo 30 galassie satelliti dovrebbero essere sopravvissute fino a oggi, meno di quanto avevano trovato finora.

Entrambi gli studi dimostrano che i ricercatori hanno il problema opposto a quello di vent’anni fa: attorno alla Via Lattea sembrano brulicare migliaia di galassie, ma le simulazioni ne prevedono solo decine. “La situazione è interessante: ha letteralmente capovolto il modello”, ha detto Bullock.

Abbastanza piccole da formare una galassia
Ma Bullock e colleghi non si sono limitati a delineare il problema, hanno anche proposto una soluzione. Da tempo le simulazioni avevano suggerito che intorno alla Via Lattea si dovessero formare molti mini-aloni di materia oscura. Gli astronomi però sostenevano che questi aloni non formavano galassie. C’è una soglia, argomentavano, al di sotto della quale gli aloni non hanno una gravità sufficiente per aggregare il gas necessario a formare le stelle. Quindi erano privi di stelle e invisibili.

Per quasi vent’anni, gli astronomi hanno pensato che la soglia della massa di un alone di materia oscura oltre cui si poteva formare una galassia si aggirasse sui 500 milioni masse solari. Ma la squadra di Bullock sospetta che sia molto più bassa, attorno ai 30 milioni di masse solari.

Se queste piccole “gocce” di materia oscura potessero aggregare abbastanza materia ordinaria da creare stelle (e quindi galassie), le simulazioni inizierebbero a corrispondere alle osservazioni. In effetti, il gruppo di Bullock è stato in grado di modellare galassie che sono terribilmente reali. Non solo il numero di mini-aloni simulato corrisponde a quello previsto dalle osservazioni, ma le forme delle orbite delle galassie somigliano a quelle che abbiamo già rilevato. “Quando ho fatto quella simulazione e trovato una corrispondenza così stretta ho pensato di aver sbagliato qualcosa”, ha detto Tyler Kelley, uno specializzando a Irvine che ha partecipato allo studio.

Anche se è un enigma il modo in cui questi mini-aloni formano galassie nane molto più piccole di quanto si pensasse in precedenza, probabilmente aiuteranno gli astronomi a capire la natura della materia oscura.

La maggior parte dei cosmologi ritiene che le particelle di materia oscura siano “fredde”, il che significa che si muovono lentamente. Per questo motivo possono fondersi in numerosi piccoli aloni, fornendo decine di zone dove possono formarsi galassie nane. Ma la materia oscura “calda” , che per definizione si muove più velocemente, non può aggregarsi così facilmente. Le particelle calde, cioè, non sarebbero in grado di formare mini-aloni. Quindi la mera esistenza di queste piccole galassie è un segno che la materia oscura calda non è probabilmente della partita. “È una pessima notizia per gli scenari alternativi della materia oscura”, ha detto Bullock. “Sono morti in partenza.”

Galassie mancanti? Ora ce ne sono troppe
L’immagine ripresa dallo Hubble Ultra Deep Field. (Cortesia NASA, ESA, and S. Beckwith (STScI) and the HUDF Team)

L’importanza di questa conclusione non può essere sottovalutata. “E’ il Santo Graal della cosmologia: cercare di individuare quali sono le proprietà delle particelle della materia oscura in modo da poter comprendere questa componente mancante dell’universo”, ha detto Alex Drlica-Wagner, astronomo al Fermi National Accelerator Laboratory.

E arriva in un momento cruciale. Willman ammette di aver iniziato a chiedersi se gli scienziati sarebbero mai stati in grado di usare veramente queste piccole galassie per imparare qualcosa di fondamentale sulla materia oscura. “Ma con studi come quello di Kelley, sto davvero iniziando a pensare che siamo sulla strada giusta”, ha detto Willman, attualmente astronoma all’Università dell’Arizona e vice-direttrice dello statunitense National Center for Optical-Infrared Astronomy. “Mi sembra che ci stiamo davvero avvicinando all’idea di poter estendere quello che stiamo imparando da questi nani ultradeboli a qualcosa sulla materia oscura”.

Detto questo, Wetzel si chiede se la Via Lattea possa essere un’eccezione. Motivo per cui è in ansiosa attesa delle indagini future, come il Large Synoptic Survey Telescope , che spingerà le osservazioni oltre la Via Lattea, aiutando gli astronomi a trovare una soluzione al problema delle galassie mancanti nelle nostre vicinanze, comprese quelle che orbitano intorno ad Andromeda.

E se studi futuri verificheranno che c’è un’abbondanza di queste galassie esangui intorno alla Via Lattea, ad Andromeda e ad altre galassie, il risultato non influenzerà solo la nostra comprensione della materia oscura, ma farà crescere anche il numero delle galassie in tutto il cosmo.

Bullock sostiene che probabilmente attorno a ogni grande galassia come la Via Lattea orbita un migliaio di galassie minuscole, e che anche le vaste distese di spazio apparentemente vuoto tra le grandi galassie sono solcate da galassie nane. Per ogni grande galassia dell’universo potrebbero così esserci ben 100.000 galassie nane.

Oggi gli astronomi stimano che nell’universo osservabile ci siano probabilmente 100 miliardi di galassie. Ma si tratta di galassie delle dimensioni della Via Lattea. Se si estende il conto a queste mini-galassie, ci potrebbero essere complessivamente oltre 10 milioni di miliardi di galassie.

Pensate alla classica immagine dell’Hubble Ultra-Deep Field, l’indimenticabile esposizione di un milione di secondi che ha rivelato 10.000 galassie in un piccolo lembo di cielo oscuro. In quell’immagine ci potrebbe essere un miliardo di piccole galassie nascoste alla vista. Certo, potrebbero non somigliare alle classiche galassie che possiamo vedere negli archivi di Hubble, ma alla debole macchia rilevata nel 2004 da Willman. Tuttavia, le scoperte degli ultimi anni suggeriscono che ci siano molte più galassie di quante ne rilevi l’occhio di Hubble.

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(L’originale di questo articolo è stato pubblicato il 9 gennaio 2019 da QuantaMagazine.org, una pubblicazione editoriale indipendente online promossa dalla Fondazione Simons per migliorare la comprensione pubblica della scienza. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)

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