Una supernova “asciugò” il nostro Pianeta rendendolo pronto per la vita
Le caratteristiche ospitali del nostro pianeta potrebbero essere in parte dovute a una stella massiccia presente al momento della nascita del Sole. Senza i suoi elementi radioattivi iniettati nel Sistema solare primitivo – alluminio-26 in testa – il destino della Terra sarebbe potuto essere quello di un ostile mondo oceanico coperto da spesse lastre di ghiaccio
di Giuseppe Fiasconaro
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L’acqua è un elemento essenziale per la vita. Sul nostro pianeta copre più dei due terzi della superficie: verrebbe da dire, dunque, che ce n’è in abbondanza. Tuttavia, non è così – o meglio, non è così in termini astronomici. I pianeti rocciosi del Sistema solare, infatti, appaiono veramente asciutti. E fortunatamente per noi – si potrebbe dire – se si considera l’alternativa a questa condizione: perché se il contenuto d’acqua interna di un pianeta è significativamente maggiore di quello terrestre, il suo mantello – in geologia e in geofisica, l’involucro che si trova tra la crosta (più superficiale) e il nucleo (più interno) – sarebbe coperto da un oceano profondo caratterizzato da impenetrabili strati di ghiaccio. Strati che, prevenendo processi geochimici, come ad esempio il ciclo del carbonio, impedirebbero la formazione di un clima stabile e delle condizioni superficiali favorevoli alla vita così come la conosciamo. Come si dice in questi casi, il “troppo stroppia”. Ci si chiede, dunque: quali sono i meccanismi in gioco che hanno permesso alla Terra di diventare ciò che è, impedendo che diventasse un mondo oceanico ghiacciato e inospitale?
La risposta è deducibile dai risultati ottenuti dal team di ricerca del National Centre of Competence in Research PlanetS (Nccr PlanetS) utilizzando modelli al computer per simulare la formazione dei pianeti dai loro blocchi di costruzione, i cosiddetti planetesimi: corpi rocciosi e ghiacciati dalle dimensioni di dozzine di chilometri che si formano nel disco di polveri e gas attorno a giovani stelle, e che successivamente – a seguito del processo di accrescimento – diventeranno dei pianeti embrionali.
«Oggi si ritiene che la Terra abbia ereditato la maggior parte della sua acqua dai planetesimi, che ne contenevano in quantità relativamente abbondanti», dice Tim Lichtenberg, ricercatore dell’università di Oxford e primo autore dell’articolo, «ma se un pianeta terrestre accresce molto materiale oltre la cosiddetta linea di neve, l’acqua che riceve è troppa, e diventa un mondo ghiacciato». Tuttavia, se questi planetesimi vengono riscaldati dall’interno, parte del loro contenuto iniziale del ghiaccio d’acqua evapora prima che esso sia inglobato nel pianeta stesso, producendo pianeti rocciosi come la Terra e non pianeti ghiacciati inospitali alla vita. Questo è esattamente il processo che potrebbe essere avvenuto nel nostro pianeta durante la sua formazione dopo la nascita del Sistema solare, 4.6 miliardi di anni fa, e che può essere ancora in corso in numerosi altri sistemi planetari».

Schema che mostra gli effetti dell’arricchimento con alluminio-26 dei planetesimi durante l’accrescimento planetario. A sinistra, sistemi planetari poveri di Al26; a destra, sistemi planetari ricchi di Al26. RP è il raggio planetario. Le frecce indicano rispettivamente: la capacità di accrescimento (al centro), il contenuto di acqua planetesimale (in basso a destra, blu-marrone) e il contenuto di alluminio 26 (in basso a destra, rosso-bianco). Crediti: Tim Lichtenberg et al., Nature Astronomy, 2019