Come finirà la vita sulla Terra? E soprattutto, quando?

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Come finirà la vita sulla Terra? E soprattutto, quando?

Le prime a iniziare a morire saranno le piante, già fra 170 milioni di anni, seguite via via da tutti gli altri organismi, a eccezione di alcune forme di vita più semplici e adattate ad ambienti estremi, che resisteranno un altro miliardo di anni. Ecco come si estinguerà la vita sul pianeta secondo la più recente ricostruzione di quello che accadrà quando il Sole comincerà a trasformarsi in gigante rossa
di Massimo Sandal
www.lescienze.it

È difficile credere che l’intera vita sulla Terra possa finire. Eppure esiste un limite certo alla durata della vita sulla Terra, ed è la fine della Terra stessa. Nel giro di 7 miliardi e 600 milioni di anni circa da oggi il Sole avrà raggiunto la prossima fase della sua evoluzione, diventando una gigante rossa. Espandendosi oltre 200 volte il suo raggio attuale, alla fine inghiottirà il nostro pianeta.

Oggi però sappiamo che la Terra potrebbe diventare inabitabile molto tempo prima. Tempi e modi sono difficili da prevedere, ma grazie a modelli matematici sempre più raffinati iniziamo ad avere un quadro chiaro del destino ultimo della vita.

L’analisi più recente, realizzata da Fernando de Sousa Mello e Amâncio César Santos Friaça dell’Istituto di astronomia e geofisica di San Paolo, in Brasile, e pubblicata su “International Journal of Astrobiology”, simula in che modo si evolverà il rapporto tra evoluzione del Sole, atmosfera terrestre e geologia, offrendoci uno sguardo sulle tappe future del clima terrestre e sulla sua capacità di sostenere forme di vita. “Altri modelli simulano meglio i singoli aspetti – ha spiegato a “Le Scienze” de Sousa Mello – ma la peculiarità del nostro lavoro è l’integrazione di tutti questi elementi nell’analisi del futuro della biosfera a lungo termine”.

Secondo gli autori dello studio, tenendo conto di questi numerosi fattori risulta che la biosfera entrerà in crisi già tra 170-500 milioni di anni e cesserà di esistere circa tra 1 miliardo e 600 milioni di anni, in buon accordo con varie previsioni precedenti. Il motivo? Un grande riscaldamento globale, ma non quello di cui ci preoccupiamo oggi.

A uccidere la vita sarà la stessa fonte che oggi la sostiene, il Sole. La nostra stella non è statica, ma diventa sempre più calda e luminosa fin dalla sua origine. Un processo lentissimo, che – è bene ribadire – non ha alcun rapporto con l’attuale crisi climatica. Sulla scala dei miliardi di anni l’evoluzione solare è però la tendenza dominante che stravolgerà il clima.

La crisi dell’anidride carbonica

Più caldo significa, è vero, siccità e desertificazione in varie regioni, ma significa anche una maggiore evaporazione di acqua dagli oceani e quindi, in complesso, un aumento delle precipitazioni. Queste piogge più intense faranno saltare il bilancio dell’anidride carbonica in atmosfera: non perché ce ne sarà troppa, come oggi, ma perché, prevedono tutti i modelli, ce ne sarà troppo poca. Più piove, infatti, più l’anidride carbonica verrà catturata dall’acqua delle piogge e assorbita dalle rocce, sotto forma di carbonati.

Oggi le rocce contenenti carbonati finiscono nel mantello terrestre grazie ai processi geologici e da lì l’anidride carbonica ritorna in atmosfera attraverso i vulcani. Ma con il passare dei milioni di anni l’interno della Terra sarà sempre più freddo e viscoso. Contemporaneamente all’aumento delle piogge, l’attività geologica sulla Terra del futuro rallenterà: l’anidride carbonica, quindi, non riuscirà più a essere riciclata e piano piano verrà tutta intrappolata nella crosta terrestre.

Così avrà inizio la prima grande crisi ecologica del futuro remoto, ovvero la morte delle piante. Le piante usano la luce solare per trasformare l’anidride carbonica dell’atmosfera in zucchero, rilasciando ossigeno: è la fotosintesi. Senza anidride carbonica la fotosintesi cessa di funzionare e le piante muoiono letteralmente di fame. La maggior parte, inclusa la quasi totalità degli alberi, potrebbe quindi estinguersi già in 170 milioni di anni e al massimo entro 500 milioni di anni.

A prendere il sopravvento saranno le cosiddette piante C4, fra le quali oggi ci sono il mais e le erbe, la cui fotosintesi più efficiente permetterà loro di sfruttare la poca anidride carbonica residua fino a 840 milioni di anni nel futuro. Dopo quella data, la fotosintesi come la conosciamo diventerà impossibile, portando al collasso degli ecosistemi, al crollo dell’ossigeno in atmosfera e alla fine di tutti gli organismi di grandi dimensioni.

Microfotografia di Pyrococcus furiosus, un archea in grado di prosperare anche a più di 100 °C (© Science Photo Library/AGF)

Sarà un mondo molto più desolato, ma la vita non demorde. Organismi unicellulari e forse organismi pluricellulari semplici, capaci di vivere con poco o nessun ossigeno, potrebbero resistere ancora a lungo, specie negli oceani. Sarà un po’ un ritorno alle origini: la Terra futura, deserta e senza ossigeno, somiglierà alla Terra primordiale.

Ma è solo questione di tempo. Sotto un Sole sempre più caldo a un certo punto l’evaporazione degli oceani supererà un punto di non ritorno. Il vapore acqueo è infatti un potente gas serra, e oltre una certa soglia si innesca un circolo vizioso in cui l’evaporazione induce un aumento della temperatura, che a sua volta accelera l’evaporazione.

A quel punto in poco tempo la temperatura alla superficie oltrepasserà i 100 gradi. Nel giro di 1 miliardo e 600 milioni di anni circa da oggi gli oceani evaporeranno del tutto e la temperatura della Terra potrebbe arrivare a oltre 150 gradi. Qualche batterio capace di sopravvivere a temperature anche di 100-120 gradi – come gli organismi ipertermofili che oggi esistono in alcuni ambienti estremi in zone vulcaniche – potrebbe cavarsela per un breve periodo, ma anche la vita microbica infine non avrà speranze. Il nostro pianeta azzurro diventerà un mondo rovente e sterile, completamente avvolto da un manto di nubi, fino a che, miliardi di anni dopo, non verrà inglobato dal Sole trasformato in gigante rossa.

A immagine di Venere

Esiste già un pianeta privo di vita, arroventato dall’effetto serra e avvolto da una cappa compatta di nubi nel nostro sistema solare. È Venere, il nostro “gemello mancato”. Non sappiamo… L’ARTICOLO CONTINUA QUI

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