Esiste ancora magma fluido nel sottosuolo di Marte?

0

Esiste ancora magma fluido nel sottosuolo di Marte?

Piccolo e caldo, Marte è stato considerato geologicamente morto, ma una serie di osservazioni recenti effettuate sia dall’orbita sia dal sismografo del lander InSight della NASA, che sta studiando l’interno del pianeta, dicono il contrario. L’ipotesi di alcuni scienziati è che i sommovimenti registrati siano dovuti a rimescolamenti di magma ancora fluido
di Robin George Andrews/Quanta Magazine
www.lescienze.it

Una volta Marte era un mondo di cataclismi. Al dio della guerra romano da cui prende il nome probabilmente sarebbe piaciuto vederlo in azione: cattedrali vulcaniche di fiamme scatenavano eserciti di roccia fusa che devastavano la superficie del pianeta.

Oggi i suoi vulcani sono tranquilli. La mancanza di prove di qualsiasi colata lavica ha portato gli scienziati a supporre che la sua attività vulcanica sia finita molto tempo fa. Immaginiamo che Marte, più che al dio della guerra, somigli a uno dei suoi nemici sconfitti: freddo, immobile e senza vita.

L’idea dell’inerzia di Marte però sta cominciando ad apparire del tutto sbagliata. Di recente, una raffica di dati provenienti da veicoli spaziali in orbita ha permesso di scoprire che i suoi antichi flussi di lava non sono poi così antichi. A quanto pare, alcuni fuoriuscirono da fosse o fessure vulcaniche solo alcuni milioni di anni fa, se non forse poche decine di migliaia.

Il lander InSight della NASA, che da due anni sta osservando l’interno di Marte, ha colto alcuni segnali sismici curiosi provenienti da uno di questi siti di vulcanesimo recente. I risultati, presentati a una conferenza a dicembre, non sono ancora definitivi, ma suggeriscono che InSight stia sentendo i suoni del magma in agitazione: il rullo di tamburi della guerra vulcanica che si credeva ormai spenta da tempo immemore. “È una scoperta molto emozionante e, se sarà confermata, Marte potrebbe entrare nel pantheon dei mondi con vulcani attivi del nostro sistema solare”, dice Christopher Hamilton, planetologo presso l’Università dell’Arizona.

I principali strumenti scientifici del lander InSight (© Quanta Magazine; fonte: NASA/JPL-Caltech)

Se in futuro analisi e dati dovessero confermare la presenza del magma, sarebbe una scoperta rivoluzionaria. Si tratterebbe di prove concrete a sostegno di un sospetto che gli scienziati hanno ormai da qualche tempo: i mondi rocciosi che, in fatto di attività vulcanica, sembrano morti non lo sono, commenta Paul Byrne, planetologo alla North Carolina State University. Questi mondi sono vivi, o per dirla in altri termini, “stanno morendo molto lentamente”.

Abbiamo pochissime conoscenze certe sull’interno dei mondi, compreso il nostro. Ed è un problema. “Tranne poche eccezioni, l’evoluzione termica di un pianeta determina tutto”, aggiunge Byrne: dallo stato della superficie, su cui si può sviluppare la biologia, all’evoluzione dell’atmosfera del mondo. “È una storia unica: è il pianeta che si raffredda. È l’unica cosa che conta.”

Il vulcanesimo è l’espressione esteriore del fuoco all’interno di un pianeta, uno dei modi principali in cui può disperdere calore e al tempo stesso “riverniciare” la superficie. Se comprendiamo in che misura Marte è vulcanico e capace di produrre magma eruttabile, possiamo capire la sua evoluzione interna e confrontarla con quella della Terra. Così, se ciò che sente InSight è davvero magma, ci avviciniamo a capire non solo Marte, ma anche il nostro stesso pianeta.

Le nuove fratture
Coperto da impressionanti montagne magmatiche e flussi di lava leggendari, Marte è senza dubbio un mondo vulcanico. Nei primi capitoli della sua storia lunga 4,5 miliardi di anni ha formato i più grandi vulcani del sistema solare. Il più famoso, Olympus Mons, è assolutamente enorme: è alto quasi il triplo dell’Everest e, se lo si appoggiasse sopra New York City, le sue pendici si estenderebbero quasi da Boston a Washington. Dato che con il suo peso schiaccia letteralmente la crosta, è circondato da un fossato autoprodotto che una volta era pieno di lava. Se vi trovaste alla base non riuscireste a vedere la cima perché sarebbe oltre l’orizzonte.

Veicoli spaziali in orbita hanno scoperto prove di flusso lavico alla base di Olympus Mons (© NASA/JPL-Caltech/University of Arizona)

Sembra che quella fase di creazioni colossali sia terminata molto tempo fa. E per molto tempo i ricercatori hanno presupposto che tutte le tracce di attività vulcanica risalissero a centinaia di milioni, o addirittura miliardi, di anni fa. Quell’idea derivava da alcune conclusioni generali sull’evoluzione del sistema solare interno.

Prendiamo i cinque mondi rocciosi del sistema solare interno. Venere e la Terra hanno circa le stesse dimensioni. Marte, Mercurio e la Luna sono più piccoli. (Phobos e Deimos, i due satelliti di Marte a forma di patata, sono più piccoli della nostra Luna di vari ordini di grandezza).

Come per le persone e per i libri, dice Tracy Gregg, esperta di vulcanologia planetaria all’Università di Buffalo, quando si tratta di alimentare i vulcani di un pianeta, “l’importante è ciò che sta dentro”. Moltissimo tempo fa, questi cinque mondi avevano al proprio interno due fonti abbondanti di fuoco: il calore primordiale rimasto dalla loro formazione violenta e quello generato dal decadimento radioattivo. Infine il calore fuoriuscì attraverso le radiazioni e le eruzioni vulcaniche.

Le eruzioni vulcaniche vigorose fanno raffreddare i pianeti. Ma i mondi più grandi, come la Terra e Venere, impiegano più tempo a rilasciare il calore interno, il che permette a essi di mantenere un’attività vulcanica più a lungo. In media, in un qualsiasi momento, sulla Terra eruttano 40 vulcani conosciuti. Non riusciamo a vedere attraverso le nuvole spesse di Venere, ma grazie a numerose prove indirette gli scienziati ritengono che quasi sicuramente stia ancora eruttando.

Sembra che i mondi più piccoli perdano il combustibile più velocemente. Nei quattro secoli trascorsi da quando l’umanità puntò per la prima volta i telescopi verso Marte non si sono viste eruzioni, e così si è presupposto che la sua attività vulcanica fosse terminata.

Negli ultimi anni però le stime precise su quando Marte si sia spento sono cambiate. Uno studio del 2017 ha scoperto che i flussi di lava nel cratere in cima all’Arsia Mons, un altro vulcano gigantesco, potrebbero essere comparsi solo 50 milioni di anni fa, quando sulla Terra il Tyrannosaurus rex era già estinto da tempo.

E poi ci sono le Cerberus Fossae
Nel 2019, vari eventi sismici, o “martemoti”, sono stati ricondotti alle Cerberus Fossae (le “fosse di Cerbero”, il terribile cane a tre teste che nella mitologia greca sorveglia l’entrata dell’Ade). Questo luogo… L’ARTICOLO CONTINUA QUI

Share.

Leave A Reply