Fotografato un buco nero in azione (VIDEO)

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Fotografato un buco nero in azione (VIDEO)

L’immagine del getto di plasma prodotto mentre ingoia materia
di Davide Patitucci
www.greenme.it


Come per la prima foto di un buco nero, anche in questo caso i ricercatori della collaborazione Eht hanno lavorato collegando fra loro diversi telescopi in tutto il mondo, in modo da ottenere un telescopio virtuale delle dimensioni della Terra, l’Event Horizon Telescope.
Il getto fotografato è prodotto dalla materia mentre precipita nel buco nero, risucchiata dalla spaventosa attrazione gravitazionale di questo mostro cosmico capace di ingoiare qualunque cosa gli capiti a tiro, luce compresa.

Il buco nero Centaurus A ha una massa inferiore eispetto a quello della galassia M87, protagonista della foto del 2019, Ma i getti emessi dai due buchi neri si somigliano molto, osservano i ricercatori di Eht. I risultati suggeriscono quindi, che i buchi neri possano comportarsi in modo simile in una gamma diversa di masse e dimensioni.
L’ipotesi dei ricercatori di Eht è che i buchi neri più massicci siano versioni ingrandite delle loro controparti più leggere.

Da sinistra: l’immagine del getto del buco nero Centaurus A disponibile prima di quella ottenuta dalla collaborazione Eht (al centro); a destra il getto del buco nero M87 (fonte: Nature Astronomy)

“I meccanismi di formazione di questi getti non sono ancora del tutto compresi. È un po’ come aprire l’ultima matrioska e trovare una forma completamente diversa da tutte le altre”, dice all’ANSA Mariafelicia De Laurentis, dell’Università Federico II di Napoli e dell’Infn, e membro del Consiglio scientifico di Eht.

“Rimangono, ad esempio, ancora aperte le domande su come i getti stessi vengano lanciati dalla regione prossima al buco nero e come possano propagarsi a grandissime distanze”, aggiunge. “Sapevamo che ogni volta che si apre una finestra sull’universo si può trovare qualcosa di nuovo. Il risultato mostrato oggi ci fa vedere che il getto lanciato da Centaurus A è più luminoso ai bordi rispetto al centro e questo ci permette di escludere modelli teorici che non sono in grado di riprodurre questo comportamento. È una caratteristica sorprendente e nuova, che – conclude De Laurentis – ci aiuterà a comprendere meglio i getti prodotti dai buchi neri”.

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