Trentasei anni da Chernobyl: una tragedia nucleare che continua nell’Ucraina in guerra

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Trentasei anni da Chernobyl: una tragedia nucleare che continua nell’Ucraina in guerra

Gentili: il futuro energetico sul quale dobbiamo lavorare senza sosta è quello rinnovabile
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Il 26 aprile 1986, esplose il reattore n. 4 della centrale nucleare di Chernobyl in Ucraina, e oggi, nel 36esimo anniversario del più grande disastro del nucleare civile della storia, il direttore generale dell’International atomic energy agency (Iaea) Rafael Mariano Grossi è in Ucraina per guidare, partendo proprio da Chernobyl, la prima missione di assistenza di esperti Iaea in materia di sicurezza e protezione, mentre in Ucraina infuria la guerra con la Russia. Il team Iaea fornirà  apparecchiature, condurrà valutazioni radiologiche e ripristinerà i sistemi di monitoraggio delle salvaguardie.

Ieri, aprendo a Vienna la prima International Conference on Nuclear Law: The Global Debate (ICNL), grossi ha detto che «Nel caso dell’Ucraina, stiamo lavorando all’interno, e in larga misura grazie all’attuale quadro di norme e procedure attraverso l’Incident and Emergency Centre dell’Iaea , anche attraverso il Response and Assistance Network (RANET), che opera da molto tempo. E ora possiamo vedere quanto sia e sarà importante ed essenziale disporre di un tale sistema, che aiuti l’Iaea e i suoi Stati membri a fornire l’assistenza di cui hanno bisogno in tali occasioni».

Mentre la guerra in Ucraina ha riportato sotto i riflettori il cadavere radioattivo di Chernobyl,  Réseau “Sortir du nucléaire” crede poco alle rassicurazioni dell’Iaea e fa notare che «Questa minaccia persistente dovrebbe convincerci del rischio molto reale di un nuovo incidente nucleare. Nonostante i 36 anni trascorsi dall’incidente, un territorio grande come il Lussemburgo rimane inabitabile e nelle regioni circostanti milioni di persone continuano ad assumere  permanentemente i prodotti alimentari contaminati. 36 anni dopo, le conseguenze sulla salute persistono per le persone esposte al pennacchio radioattivo durante l’incidente e talvolta per i loro figli. Tra le centinaia di migliaia di “liquidatori”, giovani uomini e donne provenienti da tutta l’Urss inviati per arginare l’incidente subito dopo il disastro, un numero elevatissimo è morto o ha sofferto di problemi di salute cronici».

Anche per Angelo Gentili è presidente di Festambiente e responsabile agricoltura di Legambiente, «L’incidente nucleare di Chernobyl è la dimostrazione plastica di quanto sia scellerato continuare a parlare di nucleare come alternativa possibile sotto il profilo dell’approvvigionamento energetico, come sempre più spesso sentiamo dire in queste settimane. Era sbagliato farlo negli anni ‘80, continua ad esserlo oggi, negli anni ‘20 del duemila. Il nucleare sicuro oggi non esiste e chi afferma il contrario è palesemente in cattiva fede. La disastrosa guerra in Ucraina, assurda come tutte le guerre, sta ulteriormente dimostrando quanto sia necessario stare alla larga da ogni nuova ipotesi di nucleare. Le centrali attualmente presenti nella zona, tra dismesse e funzionanti, in tempo di guerra si sono trasformate in siti sensibili e, dunque, in potenziali obiettivi di attacchi. Non solo: la centrale di Zaporizhzhia così come quella di Chernobyl, con il loro fragile equilibrio, hanno messo a rischio radiazioni non solo la zona circostante ma addirittura tutta l’Europa. A dimostrarlo sono i picchi dei livelli di radiazioni registrati al passaggio delle truppe russe (aumentati di oltre 10 volte), gli incendi in corso nelle aree più radioattive, il panico generale causato dagli interventi dell’esercito di Putin nelle aree limitrofe. Per non pensare, poi, alla mancanza di controllo e monitoraggio e all’abbassamento dei livelli minimi di sicurezza cui sono sottoposti oggi i quindici reattori presenti nel teatro di guerra ucraino, con un altissimo rischio di incidenti. Un disastro nel disastro a cui è necessario dire “mai più” con tutta la determinazione possibile. Peraltro – è utile ripeterlo anche in questa circostanza – gli effetti nefasti dell’incidente di Chernobyl sono ancora oggi tristemente portatori di sciagure».

Gli antinuclearisti francesi  ricordano che proprio «I recenti eventi in Ucraina hanno dimostrato quanto il sito danneggiato, 36 anni dopo, rimanga una minaccia. Mentre nessun colpo fortunatamente ha raggiunto il sarcofago o le strutture di stoccaggio dei rifiuti, la sicurezza è stata gravemente compromessa: occupazione armata del sito, interruzione della fornitura di energia elettrica che ha compromesso il funzionamento di alcune apparecchiature, condizioni terribili di esaurimento fisico subite dai lavoratori del sito (costretti a restarci per 5 settimane di seguito senza poter essere sollevati e tornare a casa), incapaci di svolgere determinate operazioni di manutenzione e in balia dell’errore umano. Questi fatti ci ricordano fino a che punto il rischio nucleare si moltiplica in caso di conflitto. L’ignoranza da parte delle truppe russe dei requisiti di sicurezza legati a queste installazioni, o anche dello stesso incidente di Chernobyl (come testimoniano le trincee scavate nella Foresta Rossa, che, a 36 anni dal disastro, rimane uno dei luoghi più radioattivi nel mondo), mostrano quanto fragile possa essere la salvaguardia della ragione in tali situazioni».

E “Sortir du nucléaire” riporta tutto al presente, nel cuore politico e decisionale dell’Europa: «Mentre Emmanuel Macron è stato appena rieletto, denunciamo la fuga in avanti con la quale vuole imbarcare il nostro Paese, volendo ampliare tutto il parco nucleare esistente nonostante il suo stato di abbandono e costruire da 6 a 14 nuovi reattori. Mantenere la rotta sul nucleare è una follia, quando i progetti per i nuovi reattori sono solo chimere di carta non finanziabili che non produrranno elettricità per 15-20 anni, quando il parco esistente è in pessime condizioni, crivellata da fenomeni di corrosione che interessano parti essenziali, e che l’industria nucleare non è in grado di gestire le proprie scorie. Percorrere questa strada senza uscita farà perdere tempo prezioso nella lotta contro il cambiamento climatico, anche se l’IPCC riconosce che la sobrietà e le energie rinnovabili sono più economiche e più efficaci nel ridurre rapidamente le nostre emissioni di gas serra. In questo triste anniversario del peggior disastro nucleare della storia, ricordiamo che il rischio di un incidente in Francia è stato ufficialmente riconosciuto più volte dalle autorità, che già intendono prepararsi. Nessuno può garantire che il nostro Paese, nel XXi secolo, non sia vittima di eventi o condizioni caotiche che potrebbero innescare una crisi del genere. Il buon senso richiederebbe quindi – per salvaguardare le generazioni future e attuali – di non insistere su questa strada. Chiediamo una mobilitazione contro questo rilancio impostoci».

Legambiente sin dal primo giorno della tragedia nucleare di Chernobyl attivò la macchina della solidarietà: «Prima, con l’accoglienza di oltre 25.000 bambini di Chernobyl in Italia, grazie al significativo impegno di centinaia di migliaia di volontari e famiglie  impegnate in una grande gara di autentica solidarietà – ricorda gentili – e, poi, con l’ospitalità  in loco che continua ancora oggi attraverso il progetto Rugiada. Ogni estate, continuiamo a ospitare centinaia di bambine e bambini che, nutrendosi con cibo privo di radionuclidi, perdono fino al 60% del cesio 137 che hanno assorbito. Durante il soggiorno, vengono altresì sottoposti a controlli medici per prevenire l’insorgere o l’aggravarsi di patologie collegate alla radioattività. La struttura nella quale ospitiamo i piccoli si chiama Centro Speranza e si trova in Bielorussia, in un’area non contaminata. Da quel luogo, cerchiamo di donare futuro a chi un futuro, oggi, non lo ha. Un modo non solo per aiutare concretamente i bambini di Chernobyl ma anche per stare vicino alle loro famiglie, alle vittime innocenti di un disastro dalle proporzioni enormi di cui, oggi, si parla troppo poco. L’esperienza del Centro Speranza ha anche un’accezione simbolica: per fare in modo che il futuro non sia solo qualcosa in cui sperare ma una strada da costruire, è fondamentale l’impegno di tutte e tutti. A partire dalle donne e dagli uomini delle istituzioni. Troppo spesso, Chernobyl viene archiviata come un accadimento del passato. Serve fare tutto il contrario. Raccontando Chernobyl, parlando dell’incidente e dei decenni che lo hanno seguito, narrando un presente sempre più difficile e drammatico. Farlo dall’osservatorio della Bielorussia non è semplice, ma è un dovere. Anche nostro. L’aiuto, quello materiale, serve anche da parte di ciascuno di voi. Sostenere il progetto Rugiada significa contribuire a donare un frammento di serenità alle bambine e ai bambini che vivono nelle zone contaminate. Per farlo, vi invitiamo a visitare il sito www.solidarietalegambiente.it in cui avrete la possibilità di trovare tutti i dettagli delle nostre azioni sul territorio e le modalità di sostegno».

Nonostante quel che sta succedendo a Chernobyl (e a Fukushima Daiichi) e addirittura al rischio di un conflitto nucleare, è u in corso un’offensiva politico/propagandistica dei fan dell’energia atomica e Gentili conclude: «E’ bene che ci si metta in testa, una volta per tutte, che il futuro energetico sul quale dobbiamo lavorare senza sosta è quello rinnovabile. Per liberarci dal ricatto del gas e del petrolio non dobbiamo ripiombare nell’incubo del nucleare. Le rinnovabili sono “pronte all’uso” e ci possono rendere autonomi, basta solo che la burocrazia si allinei alle esigenze del Pianeta. Per questo, come Legambiente chiediamo con forza di svilupparle e incrementarle in modo esponenziale nel nostro Paese, a partire dalle energie generate da vento e sole, puntando sulla semplificazione delle procedure e investendo fortemente sull’innovazione tecnologica. Il modo migliore per contrastare la crisi climatica, per fronteggiare la crisi economica ed energetica, liberandosi dalla dipendenza dall’estero e operando per la pace è questo. In chiusura, un appello: il mondo dell’informazione non smetta mai di raccontare cosa è davvero il nucleare. Solo attraverso le immagini e le testimonianze di ciò che è stato si potrà davvero imparare la drammatica lezione della storia e si avrà la possibilità di pronunciare con forza e con tutta la consapevolezza che servono quelle due determinanti parole: “mai più”».

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