Scoperto un gigantesco sistema di acque sotterranee in Antartide (VIDEO)

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Scoperto un gigantesco sistema di acque sotterranee in Antartide (VIDEO)

Nel primo strato superficiale dei sedimenti sotto il ghiaccio, acqua liquida e una fiorente comunità di microbi
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Lo studio “A dynamic saline groundwater system mapped beneath an Antarctic ice stream”, pubblicato su Science da un team di ricercatori statunitensi guidato da Chloe D. Gustafson del Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University, ha mappato dettagliatamente per la prima volta l’acqua intrappolata in un profondo bacino molto al di sotto del ghiaccio antartico. Secondo molti scienziati l’acqua liquida è una chiave per comprendere il comportamento della sua forma congelata che si trova nei ghiacciai. Al Lamont-Doherty Earth Observatory  ricordano che «E’ noto che l’acqua di fusione lubrifica le basi ghiaiose dei ghiacciai e accelera la loro marcia verso il mare. Negli ultimi anni, i ricercatori in Antartide hanno scoperto centinaia di laghi liquidi e fiumi interconnessi imprigionati all’interno del ghiaccio stesso. E hanno trovato spessi bacini di sedimenti sotto il ghiaccio, potenzialmente contenenti i più grandi serbatoi d’acqua esistenti. Ma finora nessuno aveva confermato la presenza di grandi quantità di acqua liquida nei sedimenti sotto il ghiaccio, né aveva studiato come potrebbe interagire con il ghiaccio».

Ora, il team composto da ricercatori di 6 istituti di ricerca ha mappato per la prima volta un enorme sistema di acque sotterranee a circolazione attiva nei sedimenti profondi dell’Antartide occidentale e dice che «Tali sistemi, probabilmente comuni in Antartide, potrebbero avere implicazioni ancora sconosciute su come il continente ghiacciato reagisce, o forse addirittura contribuisce al cambiamento climatico».

La Gustafson, che ora lavora all’Institute of Geophysics and Planetary Physics della Scripps Institution of Oceanography dell’università della California  San Diego, sottolinea che  « Si ipotizzava che ci potessero essere acque sotterranee profonde in questi sedimenti, ma fino ad ora nessuno ha eseguito un imaging dettagliato. La quantità di acque sotterranee che abbiamo trovato è così significativa che probabilmente influenza i processi del flusso di ghiaccio. Ora dobbiamo scoprire di più e capire come incorporarla nei modelli».

Per decenni gli scienziati hanno utilizzato radar e altri strumenti per visualizzare cosa c’è sotto la calotta glaciale antartica e capire quale siano le caratteristiche del suolo. Gli scienziati statunitensi ricordano che «Tra le molte altre cose, queste missioni hanno rivelato bacini sedimentari, le cui qualità porose offrono il potenziale per immagazzinare le acque sotterranee, racchiusi tra ghiaccio e substrato roccioso. Ma la geofisica aerea può generalmente rivelare solo i contorni approssimativi di tali caratteristiche, non il contenuto d’acqua o altre caratteristiche». Solo lo studio “Evidence for Pathways of Concentrated Submarine Groundwater Discharge in East Antarctica from Helicopter-Borne Electrical Resistivity Measurements”, punbblicato nel 2019 su Hydrology da un team di ricercatori statunitensi e danesi, aveva finora utilizzato in Antartide  strumenti a bordo di elicotteri in Antartide ha utilizzato per documentare alcune centinaia di metri di acque sotterranee subglaciali al di sotto di circa 350 metri di ghiaccio nella McMurdo Dry Valleys. Ma gli autori del nuovo studio fanno notare che «La maggior parte dei bacini sedimentari conosciuti dell’Antartide sono molto più profondi e la maggior parte del suo ghiaccio è molto più spesso, al di fuori della portata degli strumenti aerei. In alcuni punti, i ricercatori hanno perforato il ghiaccio nei sedimenti, ma sono penetrati solo nei primi metri. Pertanto, i modelli di comportamento della calotta glaciale includono solo i sistemi idrologici all’interno o appena sotto il ghiaccio. Questa è una grande carenza; la maggior parte degli ampi bacini sedimentari dell’Antartide si trovano al di sotto del livello del mare attuale, incuneati tra il ghiaccio terrestre legato al substrato roccioso e le banchise di ghiaccio marino galleggianti che delimitano il continente. Si pensa che si siano formati sui fondali marini durante i periodi caldi, quando il livello del mare era più alto. Se le banchise di ghiaccio dovessero ritirarsi in un clima caldo, le acque oceaniche potrebbero reinvadere i sedimenti e i ghiacciai dietro di loro potrebbero precipitarsi in avanti e far aumentare il livello del mare in tutto il mondo».

Il nuovo studio si è concentrato Whillans Ice Stream,  largo quasi 100 Km, uno della mezza dozzina di corsi d’acqua in rapido movimento che alimentano la Ross Ice Shelf, la più grande del mondo, grande all’incirca quanto del territorio canadese dello Yukon e molto più grande dell’Italia. Ricerche precedenti avevano rivelato la presenza di un lago subglaciale all’interno del ghiaccio e di un sottostante bacino sedimentario. La trivellazione poco profonda nel primo strato superficiale dei sedimenti aveva portato alla scoperta di acqua liquida e di una fiorente comunità di microbi. Ma cosa c’i fosse più in basso rrestava un mistero.

Alla fine del 2018, un aereo LC-130 della US Air Force ha lanciato la Gustafson, il geofisico del Lamont-Doherty Kerry Key , il geofisico della Colorado School of Mines Matthew Siegfried e l’alpinista Meghan Seifert sulle Whillans con la missione di  mappare meglio i sedimenti e le loro proprietà utilizzando strumenti geofisici posti direttamente sulla superficie. Il team è rimasto in uno dei posti più remoti e ostili del mondo per 6 durissime settimane, spostandosi, scavando nella neve, piantando strumenti e svolgendo innumerevoli altri compiti.

Gli scienziati hanno utilizzato la decnica della magnetotelluric imaging che misura la penetrazione nella terra dell’energia elettromagnetica naturale generata in alto nell’atmosfera del pianeta e spiegano ancora che «Il ghiaccio, i sedimenti, l’acqua dolce, l’acqua salata e il substrato roccioso conducono tutti energia elettromagnetica in gradi diversi; misurando le differenze, i ricercatori possono creare mappe simili alla risonanza magnetica dei diversi elementi».

Il team ha piantato i suoi strumenti nelle fosse di neve per un giorno o due alla volta, poi li ha estratti e li ha trasferiti, riuscendo così a effettuare letture in una cinquantina di siti. I ricercatori hanno anche rianalizzato le onde sismiche naturali emanate dalla terra che erano state raccolte da un altro team, per aiutare a distinguere il substrato roccioso, i sedimenti e il ghiaccio. Hanno così dimostrato che «A seconda della posizione, i sedimenti si estendono sotto la base del ghiaccio da mezzo chilometro a quasi due chilometri prima di arrivare al substrato roccioso». E hanno confermato che «I sedimenti sono carichi di acqua liquida fino in fondo». Stimano che se venisse estratta tutta «Formerebbe una colonna d’acqua alta da 220 a 820 metri, almeno 10 volte di più che nei sistemi idrologici poco profondi all’interno e alla base del ghiaccio, forse molto più uniforme di così».

L’acqua salata conduce l’energia meglio dell’acqua dolce, quindi i ricercatori sono stati anche in grado di dimostrare che le acque sotterranee diventano più saline con la profondità. Key sottolinea che «Questo ha senso, perché si ritiene che i sedimenti si siano formati in un ambiente marino molto tempo fa. Le acque oceaniche probabilmente hanno raggiunto l’ultima volta quella che oggi è l’area coperta dai Whillan durante un periodo caldo da 5.000 a 7.000 anni fa, saturando i sedimenti con acqua salata. Quando il ghiaccio è avanzato di nuovo, l’acqua dolce di fusione prodotta dalla pressione dall’alto e dall’attrito alla base del ghiaccio è stata evidentemente forzata nei sedimenti superiori. Probabilmente continua a filtrare e mescolarsi ancora oggi».

I ricercatori dicono che «Questo lento drenaggio di acqua dolce nei sedimenti potrebbe impedire l’accumulo di acqua alla base del ghiaccio. Questo potrebbe fungere da freno al movimento in avanti del ghiaccio». Le misurazioni di altri scienziati sulla linea di messa a terra del flusso di ghiaccio, il punto in cui il flusso di ghiaccio diretto verso terra incontra la banchisa di ghiaccio galleggiante, mostrano che l’acqua è leggermente meno salata della normale acqua di mare. Questo suggerisce che l’acqua dolce scorre attraverso i sedimenti verso l’oceano, lasciando spazio all’ingresso di più acqua di fusione e mantenendo stabile il sistema.

Ma i ricercatori evidenziano che «Se la superficie del ghiaccio si assottigliasse, una possibilità concreta con il riscaldamento climatico, la direzione del flusso d’acqua potrebbe essere invertita. Le pressioni sovrastanti diminuirebbero e le acque sotterranee più profonde potrebbero iniziare a risalire verso la base del ghiaccio. Questo potrebbe lubrificare ulteriormente la base del ghiaccio e aumentarne il movimento in avanti. (I Whillan spostano già il ghiaccio verso il mare di circa un metro al giorno, molto rapido per del ghiaccio glaciale.) Inoltre, se l’acqua sotterranea profonda scorresse verso l’alto, potrebbe trasportare il calore geotermico generato naturalmente nel substrato roccioso; questo potrebbe scongelare ulteriormente la base del ghiaccio e spingerlo in avanti. Ma se ciò accadrà, e in che misura, non è chiaro».

La Gustafson  aggiunge; «In definitiva, non abbiamo grandi vincoli sulla permeabilità dei sedimenti o sulla velocità di scorrimento dell’acqua. Farebbe una grande differenza che genererebbe una reazione sfrenata? O le acque sotterranee sono un attore minore nel grande schema del flusso di ghiaccio?»

«La presenza nota di microbi nei sedimenti poco profondi aggiunge un’altra crepa – affermano i ricercatori – Questo bacino e altri sono probabilmente abitati più in basso e se l’acqua sotterranea iniziasse a muoversi verso l’alto, farebbe emergere il carbonio disciolto utilizzato da questi organismi. Il flusso laterale delle acque sotterranee invierebbe quindi parte di questo carbonio nell’oceano. Questo potrebbe trasformare l’Antartide in una fonte di carbonio finora non considerata in un mondo che già vi nuota». E la Gustafon  sottolinea: «Ma ancora una volta, la domanda è se questo produrrebbe qualche effetto significativo».

Infatti, i ricercatori dicono che il nuovo studio è solo un inizio per tentare di rispondere a queste domande: «La conferma dell’esistenza della dinamica delle acque sotterranee profonde ha trasformato la nostra comprensione del comportamento dei flussi di ghiaccio e forzerà la modifica dei modelli delle acque subglaciali».

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