E se il big bang non fosse l’inizio dell’universo?

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E se il big bang non fosse l’inizio dell’universo?

Nuovi calcoli suggeriscono che l’evento da cui tutto ha avuto origine potrebbe essersi svolto all’interno di un buco nero, risolvendo molte questioni lasciate aperte dal modello cosmologico attuale
di Enrique Gaztanaga/The Conversation
www.lescienze.it

© blackdovfx/iStock ()

Il big bang viene spesso descritto come la nascita esplosiva dell’universo, un momento unico in cui spazio, tempo e materia hanno preso vita. Ma se questo non fosse affatto l’inizio? E se il nostro universo fosse emerso da qualcos’altro, qualcosa di più familiare e radicale allo stesso tempo?

In un nuovo lavoro, pubblicato su “Physical Review D”, i miei colleghi e io proponiamo un’alternativa sorprendente. I nostri calcoli suggeriscono che il big bang non è stato l’inizio di tutto, ma piuttosto il risultato di un collasso gravitazionale che ha formato un buco nero molto massiccio, seguito da un rimbalzo al suo interno.

Questa idea, che chiamiamo “universo del buco nero”, offre una visione radicalmente diversa delle origini del cosmo, ma si basa interamente sulla fisica e sulle osservazioni conosciute.

L’attuale modello cosmologico standard, basato sul big bang e sull’inflazione cosmica (l’idea che l’universo primordiale sia cresciuto rapidamente di dimensioni), ha avuto un notevole successo nello spiegare la struttura e l’evoluzione dell’universo. Ma ha un prezzo: lascia senza risposta alcune delle domande fondamentali.


Per esempio, il modello del big bang inizia con una singolarità, un punto di densità infinita in cui le leggi della fisica si infrangono. Non si tratta solo di un inconveniente tecnico, ma di un problema teorico profondo che suggerisce che non comprendiamo affatto l’inizio.

Per spiegare la struttura su larga scala dell’universo, i fisici hanno introdotto una breve fase di rapida espansione nell’universo primordiale, chiamata inflazione cosmica, alimentata da un campo sconosciuto con strane proprietà. In seguito, per spiegare l’accelerazione dell’espansione osservata oggi, hanno aggiunto un’altra componente “misteriosa”: l’energia oscura.

In breve, il modello standard della cosmologia funziona bene, ma solo introducendo nuovi ingredienti che non abbiamo mai osservato direttamente. Nel frattempo, le domande più elementari rimangono aperte: da dove viene tutto? Perché ha avuto inizio in questo modo? E perché l’universo è così piatto, liscio e grande?

Il nuovo modello
Il nostro nuovo modello affronta queste domande da un’angolazione diversa, guardando all’interno anziché all’esterno. Invece di partire da un universo in espansione e cercare di risalire alla sua origine, consideriamo ciò che accade quando un insieme troppo denso di materia collassa sotto la forza di gravità.

Si tratta di un processo familiare: le stelle collassano in buchi neri, che sono tra gli oggetti più conosciuti della fisica. Ma ciò che accade all’interno di un buco nero, al di là dell’orizzonte degli eventi da cui nulla può sfuggire, rimane un mistero.


Nel 1965, il fisico britannico Roger Penrose dimostrò che, in condizioni molto generali, il collasso gravitazionale deve portare a una singolarità. Questo risultato, esteso dal defunto fisico britannico Stephen Hawking e da altri, è alla base dell’idea che le singolarità – come quella del big bang – siano inevitabili.

L’idea ha contribuito a far vincere a Penrose una parte del premio Nobel per la fisica del 2020 e ha ispirato il bestseller mondiale di Hawking Dal big bang ai buchi neri. Ma c’è un’avvertenza. Questi “teoremi sulla singolarità” si basano sulla “fisica classica”, che descrive gli oggetti macroscopici ordinari. Se includiamo gli effetti della meccanica quantistica, che governa il minuscolo microcosmo degli atomi e delle particelle, come è necessario a densità estreme, la storia potrebbe cambiare.

Nel nostro nuovo lavoro dimostriamo che il collasso gravitazionale non deve necessariamente terminare con una singolarità. Abbiamo trovato una soluzione analitica esatta, un risultato matematico senza approssimazioni. I nostri calcoli mostrano che, via via che ci si avvicina alla potenziale singolarità, le dimensioni dell’universo cambiano come una funzione (iperbolica) del tempo cosmico.

Questa semplice soluzione matematica descrive come una nube di materia che sta collassando possa raggiungere uno stato ad alta densità e poi rimbalzare verso l’esterno in una nuova fase di espansione.

Ma come mai i teoremi di Penrose vietano questi risultati? Tutto dipende da una regola quantistica chiamata principio di esclusione, secondo cui due particelle identiche, note come fermioni, non possono occupare lo stesso stato quantistico (come il momento angolare o “spin”).

Noi dimostriamo che questa regola impedisce alle particelle della materia che collassa di essere schiacciate all’infinito. Di conseguenza, il collasso si arresta e si inverte. Il rimbalzo non solo è possibile, ma è inevitabile nelle giuste condizioni. E soprattutto, questo rimbalzo avviene interamente nell’ambito della relatività generale, che si applica su grandi scale come le stelle e le galassie, combinata con i principi fondamentali della meccanica quantistica: non sono necessari campi esotici, dimensioni extra o fisica speculativa.

Ciò che emerge dall’altra parte del rimbalzo è un universo straordinariamente simile al nostro. Ancora più sorprendente è il fatto che il rimbalzo produce naturalmente le due fasi distinte di espansione accelerata – inflazione ed energia oscura – guidate non da campi ipotetici ma dalla fisica del rimbalzo stesso.


Previsioni verificabili
Uno dei punti di forza di questo modello è che fa previsioni verificabili. Prevede una quantità piccola ma non nulla di curvatura spaziale positiva – il che significa che l’universo non è esattamente piatto, ma leggermente curvo, come la superficie della Terra.

Si tratta semplicemente di una reliquia della piccola sovradensità iniziale che ha innescato il collasso. Se le osservazioni future, come la missione Euclid in corso, confermassero una piccola curvatura positiva, sarebbe un forte indizio che il nostro universo è effettivamente emerso da un tale rimbalzo. Il modello fa anche previsioni sulla velocità di espansione dell’universo attuale, cosa che è già stata verificata.

Questo modello non risolve solo i problemi tecnici della cosmologia standard. Potrebbe anche gettare nuova luce su altri profondi misteri nella nostra comprensione dell’universo primordiale, come l’origine dei buchi neri supermassicci, la natura della materia oscura o la formazione ed evoluzione gerarchica delle galassie.

Queste domande saranno esplorate da future missioni spaziali come Arrakihs, che studieranno caratteristiche diffuse come gli aloni stellari (una struttura sferica di stelle e ammassi globulari che circondano le galassie) e le galassie satelliti (galassie più piccole che orbitano attorno a galassie più grandi) che sono difficili da rilevare con i telescopi tradizionali dalla Terra e ci aiuteranno a capire la materia oscura e l’evoluzione delle galassie.


Questi fenomeni potrebbero anche essere legati a oggetti compatti reliquia – come i buchi neri – che si sono formati durante la fase di collasso e sono sopravvissuti al rimbalzo.

L’universo dei buchi neri offre anche una nuova prospettiva sul nostro posto nel cosmo. In questo quadro, il nostro intero universo osservabile si trova all’interno di un buco nero formatosi in un universo “genitore” più grande. Non siamo speciali, così come non lo era la Terra nella visione geocentrica del mondo che portò Galileo (l’astronomo che nel XVI e XVII secolo suggerì che la Terra gira intorno al Sole) al confino.

Non stiamo assistendo alla nascita di tutto dal nulla, ma piuttosto alla continuazione di un ciclo cosmico, plasmato dalla gravità, dalla meccanica quantistica e dalle profonde interconnessioni tra loro.

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