Ecco le prime immagini del Polo Sud del Sole

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Ecco le prime immagini del Polo Sud del Sole

Solar Orbiter non è la prima sonda a studiare i poli solari, altrimenti poco visibili da Terra, ma è la prima a inviare fotografie. Questo permetterà ai fisici di ottenere una migliore comprensione dell’attività magnetica ciclica della nostra stella
di Meghan Bartels/Scientific American
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Una mappa di radianza dello strumento SPICE di Solar Orbiter mostra la posizione degli ioni carbonio nella regione dell’atmosfera solare in cui la temperatura aumenta bruscamente (ESA e NASA/Solar Orbiter/CC BY-SA 3.0 IGO) ()

Noi terrestri vediamo il Sole ogni giorno della nostra vita, ma ottenere una visione veramente nuova della nostra stella è una cosa rara e preziosa. Perciò ringraziate la vostra buona stella: per la prima volta nella storia, gli scienziati hanno fotografato uno degli elusivi poli del Sole.

Le immagini sono state realizzate da un veicolo spaziale chiamato Solar Orbiter. Guidato dall’Agenzia spaziale europea (ESA) con il contributo della NASA, Solar Orbiter è stato lanciato nel febbraio 2020 e sta monitorando la nostra stella natale dal novembre 2021. Ma la missione sta iniziando solo ora il suo lavoro più intrigante: studiare i poli del Sole.

Sia dalla Terra sia dalla navicella spaziale, la nostra visione del Sole è stata parziale. “Abbiamo avuto una buona visione della parte centrale del disco solare”, spiega Daniel Müller, eliofisico e project scientist della missione. “Ma i poli non sono effettivamente visibili perché li vediamo sempre quasi esattamente di profilo.”

Abbiamo iniziato ad avere una prospettiva migliore all’inizio di quest’anno, quando Solar Orbiter è passato davanti a Venere in una mossa accuratamente coreografata che ha portato la sonda fuori dall’eclittica del sistema solare, il piano che attraversa a grandi linee le orbite dei pianeti e l’equatore del Sole. (Le nuove immagini mostrano il Polo Sud del Sole e sono state catturate a marzo). La sonda ha sorvolato il Polo Nord alla fine di aprile, spiega Müller, ma Solar Orbiter sta ancora trasmettendo i dati alla Terra.

Lasciare l’eclittica è una manovra costosa e dispendiosa in termini di carburante per i veicoli spaziali, ma è qui che Solar Orbiter eccelle: alla fine della missione, l’orbita del veicolo spaziale sarà inclinata di 33 gradi rispetto all’eclittica. L’inclinazione dell’orbita consente a Solar Orbiter di ottenere una vista senza precedenti dei poli solari.

Diverse immagini del Sole osservato da Solar Orbiter nel marzo 2025. Le tre più grandi mostrano il Sole in luce visibile, mappano il campo magnetico sulla sua superficie e mostrano il Sole in luce ultravioletta. Quelle più piccole mostrano la luce proveniente dal gas carico dell’atmosfera solare a diverse temperature (© ESA & NASA/Solar Orbiter/PHI, EUI & SPICE Teams/CC BY-SA 3.0 IGO)
 

Per gli scienziati, la nuova vista è inestimabile perché questi poli non sono solo poli geografici, ma anche poli magnetici, o quasi. Il Sole è un enorme vortice di plasma che produce e cancella un campo magnetico. È questo che guida il ciclo di attività solare di 11 anni.

Al minimo solare, la parte di attività più bassa del ciclo, il campo magnetico del Sole è quello che gli scienziati chiamano un dipolo: somiglia a una gigantesca barra magnetica, con un polo forte a ciascuna estremità. Ma quando il Sole ruota, il plasma in movimento genera le macchie solari, macchie scure e relativamente fredde sulla superficie del Sole che sono grovigli di linee di campo magnetico. Quando le macchie solari nascono e scompaiono, questi grovigli si srotolano e parte della carica magnetica residua migra verso il polo più vicino, dove compensa la polarità del campo magnetico esistente. Il risultato è uno strano stato di transizione, con i poli solari ricoperti da un mosaico di polarità magnetiche “nord” e “sud” localizzate.

Nella fase di massimo solare (in cui il Sole si trova attualmente), il campo magnetico di ciascun polo scompare di fatto. (Può essere un processo accidentato: a volte un polo perde la sua carica prima dell’altro, per esempio.) 


Poi, con il passare degli anni e il graduale declino dell’attività solare, il continuo processo di sviluppo e dissipazione delle macchie solari crea un nuovo campo magnetico di carica opposta a ciascun polo fino a quando, alla fine, il Sole raggiunge di nuovo il suo stato di dipolo calmo.

Non si tratta di curiosità accademiche: l’attività del Sole influisce sulla nostra vita quotidiana. Le esplosioni solari, come i brillamenti di radiazioni e le espulsioni di massa coronale di plasma carico, possono attraversare il sistema solare interno fino a raggiungere i nostri dintorni e vengono incanalate fuori dal Sole dai campi magnetici in continua evoluzione della nostra stella. Sulla Terra queste esplosioni possono disturbare le reti elettriche e i sistemi radio; in orbita possono interferire con i satelliti di comunicazione e navigazione e potenzialmente danneggiare gli astronauti.

Gli scienziati vogliono quindi essere in grado di prevedere il cosiddetto meteo spaziale, proprio come fanno con il meteo terrestre. Ma per farlo, devono capire meglio come funziona il Sole, cosa difficile da fare con [solo]un’occhiata all’attività magnetica ai poli della nostra stella. È qui che entra in gioco Solar Orbiter.

La maggior parte delle osservazioni della sonda non raggiungerà la Terra prima dell’autunno. Ma l’ESA ha rilasciato le prime immagini di tre diversi strumenti a bordo di Solar Orbiter, ognuno dei quali permette agli scienziati di intravedere fenomeni diversi.

Campi magnetici intorno al Polo Sud del Sole visti da Solar Orbiter. Le macchie blu e rosse segnano i campi magnetici misti in questa regione che caratterizzano il massimo solare (ESA e NASA/Solar Orbiter (CC BY-SA 3.0 IGO)

Per esempio, l’immagine qui sopra mappa il campo magnetico sulla superficie del Sole. Da questa vista, spiega Müller, è chiaro che il Sole è nel periodo di massima attività. I modelli eliofisici prevedono “un groviglio di tutte queste diverse macchie di polarità nord e sud sparse ovunque”, spiega Müller. “Ed è esattamente quello che vediamo.”

Come suggerisce la loro concordanza con i modelli teorici, i poli solari non sono regni del tutto misteriosi. In parte perché Solar Orbiter è il primo a trasmettere immagini dei poli, ma non è il primo veicolo spaziale a sorvolare queste regioni. Quel titolo appartiene a Ulysses, una missione congiunta NASA-ESA lanciata nel 1990 e attiva fino al 2009.


Ulysses trasportava una serie di strumenti progettati per studiare le particelle di radiazione, i campi magnetici e altro ancora. E li ha utilizzati per fare molte scoperte intriganti sulla nostra stella e sui suoi curiosi poli. Ma non aveva macchine fotografiche e quindi, nonostante tutte le sue intuizioni, Ulysses ha lasciato quelle regioni come luoghi non visti.

Fortunatamente, l’eliofisica è cresciuta molto da quei giorni e le agenzie spaziali hanno imparato che, agli occhi del pubblico, un’immagine può valere molto più di mille parole. Il risultato: Solar Orbiter può finalmente puntare i riflettori sui poli solari.

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