Sismologia “rotazionale”, nuovi sensori installati a Stromboli dall’INGV

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di Thomas Braun
ingvvulcani.wordpress.com

Quando la terra si scuote, a causa di terremoti, eruzioni vulcaniche, ma anche del movimento degli oceani (microsismi oceanici) o di forti perturbazioni dell’atmosfera, si osserva che essa non effettua esclusivamente movimenti lineari lungo i tre assi cartesiani, ma viene sottoposta anche a movimenti rotazionali. I movimenti rotazionali possono essere meglio immaginati comparandoli, per esempio, con i movimenti di una barca, che effettua oscillazioni rotazionali intorno ai suoi assi longitudinale, trasversale e verticale, in linguaggio nautico chiamate rispettivamente “rollio” (roll), “beccheggio” (pitch) e “imbardata” (yaw). Il sismometro classico misura la velocità del movimento del suolo e registra tutti i tipi d’onda sismica, incluso le rotazioni e le inclinazioni, mentre un sensore rotazionale è sensibile esclusivamente alle onde trasversali (onde S) e alle onde superficiali (Love e Rayleigh).

Caratterizzare e misurare tutto il campo d’onda originato da una sorgente sismica è da tempo l’obiettivo ambizioso di tanti scienziati teorici, ma il suo raggiungimento fino a oggi è stato ostacolato dalla difficoltà nel misurare i movimenti rotazionali con la necessaria precisione. Tale difficoltà è oggi superata grazie alle installazioni di giroscopi ottici (ring laser) fissi, basati sull’ effetto Sagnac, quali per esempio, in Germania, il ring laser “G” – Gross Ring a Wettzell e il RoMY* a Monaco di Baviera, oppure l’esperimento GINGER(ino)** nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso. Questi strumenti sono in grado di rilevare angoli di rotazione dell’ordine di 10-11rad/s.

L’applicazione in sismologia nasce quindi dal fatto che è stato sviluppato uno strumento portatile che si basa sulla tecnologia di un “ring laser”,  ma in miniatura, con la recente realizzazione di un giroscopio a fibra ottica, (Fiber Optic Gyroscope – FOG). La ditta francese iXblue, in collaborazione con ricercatori dell’Università di Monaco di Baviera, ha sviluppato un prototipo adatto all’installazione in campagna, specialmente in aree di difficile accesso come i vulcani. Tale strumento è chiamato BlueSeis e deriva dai sensori di navigazione installati sugli aerei, con la differenza che è in grado di effettuare misure con una sensibilità elevata, fino a una velocità angolare di 20 nanorad/s. Per effettuare dei test sul campo con il nuovo prototipo si è cercato un’area particolarmente attiva che potesse avere una sorgente sismica “garantita”. A tal proposito già dal 2016 si è formato un gruppo di lavoro, costituito da ricercatori INGV e dell’università di Monaco, coadiuvati dai tecnici della iXblue, ed è stato scelto il vulcano Stromboli, capace di generare continuamente esplosioni stromboliane di bassa energia che producono segnali sismici (fig. 1).

esplosione Stromboli settembre 2018_low
Figura 1 – Stromboli, settembre 2018 (fotografia di Thomas Braun)

Solitamente, nella determinazione dell’ ipocentro di un terremoto mediante stazioni sismiche a elevata distanza dall’epicentro (installate nel seismic far-field), l’origine dell’evento sismico viene considerata puntiforme. Nel caso di Stromboli, con sismometri installati a poche centinaia di metri di distanza dai crateri attivi, questa approssimazione non è valida. Infatti, per segnali sismici con un periodo di oscillazione di alcuni secondi, l’intera parte sommitale del vulcano si trova all’interno del seismic near-field, e ciò richiede di considerare… L’ARTICOLO CONTINUA QUI

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