25 febbraio 1695, Santa Costanza, il più forte terremoto del Veneto
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Il 25 febbraio 1695, il giorno di Santa Costanza, avvenne un terremoto di magnitudo Mw 6.5 secondo CPTI11 (CPTI11) il più forte evento sismico localizzato in Veneto, insieme a quello bellunese del 29 giugno 1873 (Mw 6.3) e soprattutto l’ultimo terremoto distruttivo di cui si abbia notizia nel territorio della Provincia di Treviso, da 320 anni in qua.
Stampa settecentesca raffigurante s. Costanza martire, che per una casualità del calendario ha dato al terremoto il suo nome.
I massimi effetti del terremoto del 1695 si verificarono al margine settentrionale dell’attuale Provincia, in quello che i trevigiani di allora chiamavano per antonomasia “il monte”. Un’area compresa tra le prime propaggini del Massiccio del Grappa e i colli asolani, una catena di alture che si stende da Nord-Est a Sud-Ovest a partire dalla riva destra del Piave, nel punto in cui il corso del fiume abbandona le Prealpi bellunesi per immettersi nella alta pianura veneta. Zona di grande fascino, quella di Asolo, considerata per secoli un “buen retiro” da personaggi storici quali Caterina Cornaro, regina di Cipro in pensione, il poeta vittoriano Robert Browning o l’esploratrice Freya Stark, ma purtroppo anche un’area sismicamente “delicata”.
Mappa degli effetti del terremoto del 25 febbraio 1695 (fonte DBMI11).
L’evento, che fu preceduto nella serata e nella notte precedenti da alcune scosse che non sembrano aver messo in allarme la popolazione (a giudicare dalle testimonianze coeve che non parlano di abbandoni delle case), si verificò “al levar del sole” (intorno alle 6.30 locali) con “dano rimarcabile di Castelli borghi Tere Ville palaggi” .
Le massime distruzioni capitarono in piccoli insediamenti ai piedi del Massiccio del Grappa, sulle due rive del Piave, come Alano di Piave e Segusino, che furono quasi totalmente distrutti (“di 380 case, quatro solle rimaste abitabilli, et in piedi, nella villa di Lano, et 260 divorate, e disipate nella villa di Segusino, et così senza viveri, e senza teto in mezo alle nevi, che per sciagura magiore durano altissime ancora, soto a’ povere tende, ò miserabili barache essausti di tuto, ma pieni di timore allogiano quei desolati viventi”, riferisce il trevigiano Zuanne Mestriner) e ad Asolo. Tra la città e la sua “podesteria” (distretto), si ha notizia di più di 1400 case crollate del tutto, più di 1200 inabitabili e quasi 50 vittime. Effetti quasi altrettanto gravi si verificarono nelle Prealpi bellunesi (Castelcucco, Possagno, Cavaso del Tomba) e in alcune località al margine settentrionale dell’alta pianura veneta (Altivole, Caselle). Danni abbastanza gravi si ebbero in buona parte della terraferma veneta, soprattutto nella zona nord-orientale, a Valdobbiadene, Conegliano, Sacile, Treviso. La propagazione energetica appare più forte verso sud, con danni di qualche entità a Verona e perfino a Ferrara. Di danni più contenuti o sporadici (crollo di comignoli, leggere lesioni agli edifici e alle opera murarie) si ha notizia a Padova, Vicenza, Verona, Soave, Desenzano del Garda, Rovigo e Ferrara. Il terremoto fu avvertito sensibilmente in un’area molto vasta dell’Italia Settentrionale e in tutta la Pianura Padana; l’area di avvertimento si estese fino all’Emilia Romagna (Bologna, Carpi, Cento) e alla Lombardia (Mantova Ostiglia Bozzolo, fino a Lodi e Milano).
Leggi anche “Il terremoto di Santa Costanza del 25 febbraio 1695 nell’Asolano”.
Il terremoto del 25 febbraio 1695 lasciò traccia di sé non solo nelle suppliche avanzate dalle comunità colpite alla Serenissima e nelle perizie dei danni subiti dagli edifici pubblici (i soli di cui la Dominante si rendesse responsabile), ma anche nei ricordi di popolani come il barbiere trevigiano Zuanne Mestriner, autore di un “diario” degli avvenimenti del periodo 1682-1731 [Moro, 2003] e gli anonimi veronesi autori dei graffiti che “arricchiscono” (non ironicamente, visto il loro valore di testimonianza storica) un affresco della Basilica di S. Zeno e in numerose epigrafi commemorative, come quelle di Asolo, Castelcucco, Treviso, di cui è in corso il censimento.
Memorie del terremoto nei graffiti della Basilica di San Zeno a Verona http://lapicidata.wordpress.com/2014/10/02/verona-vr-basilica-di-san-zeno-maggiore/
Il terremoto raccontato da Zuanne Mestriner
«1695 adi 25 febraro giorno di venerdì. Raconto del gran teremotto nel levar del sol qui a Treviso. Particolarmente nel teritorio verso il monte con dano rimarcabile di castelli, borghi, tere e ville, palaggi, case e morte di uomini e quantita di offesi dale rovine sepolti che non si trovano. Può render grasia al cielo la città di Treviso che fra tutte le sogette ala inclita Dominante di essa [la Serenissima Repubblica di Venezia, NdC]è stata l’elletta e la preservata; ma può ben piangere le rovine del suo vasto teritorio e particolarmente verso la parte del monte che urtado da un precipitoso teremotto e la magior parte desolato al piano. Li 25 febraro, giorno di venerdi, circa l’8 ore di notte [orario all’italiana, corrispondente alle *** circa locali], fecisi sentire un picolo scosso di teremotto il quale rivegliando i spiriti addormentati mise con tormentosa pasione in gelosia la salute di tutti i quali dubitava di rovine magiori. Come in fatti seguirno circa le ore 13 del giorno [le *** circa locali], in cui sentitosi un gran urtone del teremoto e rivegliando tutte le anime sopite nel sonno, credevano essere per la confusione su i spasmi della morte, su l’agonie di vita. Ma grazie al cielo che di tanti popoli che si trovavano su le piume [a letto, con riferimento alle piume usate per imbottire i materassi, NdC], e altri assistenti allo sacrosanto sacrificio della messa nepure uno vi restò offesso. E tutto il dano consiste nella caduta di alcuni camini; il dano più rimarcabile fu nel territorio verso il monte nel quale ancora eccheggiano le voci di que’ miseri nel i precipizij delle case e palaggi nel castello di Asolo non vi è case che non conti qualche fracasso di maniera che non più albergano nelle proprie stanze per li evidente precipitio con la morte di 3 persone. […]»