Con ICON, a caccia dei segreti della ionosfera

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Con ICON, a caccia dei segreti della ionosfera

Situato al limite di quello che chiamiamo spazio, lo strato ionizzato dell’alta atmosfera ha un comportamento variabile e ancora poco conosciuto, legato alle radiazioni solari ma anche al meteo terrestre. Il satellite ICON lanciato dalla NASA permetterà di chiarirne la dinamica, che influenza le comunicazioni satellitari e la sicurezza degli astronauti
di Emiliano Ricci
www.lescienze.it

Era il 12 dicembre 1901 quando Guglielmo Marconi battezzò l’inizio del XX secolo con la prima trasmissione radio transatlantica. Le due basi collegate, distanti fra loro oltre 3000 chilometri, si trovavano una in Cornovaglia e l’altra a San Giovanni di Terranova, sulle coste atlantiche del Canada. Fu il successo di questo esperimento a innescare lo sviluppo della radiotelegrafia senza fili che poi valse a Marconi il Nobel per la fisica nel 1909, ma anche a indurre i fisici a cercare il meccanismo fisico grazie al quale le onde elettromagnetiche impiegate da Marconi, che per la teoria dell’elettromagnetismo si propagano in linea retta, riuscivano a superare l’ostacolo della curvatura della superficie terrestre.

Quella di Marconi fu la prima prova indiretta che nell’alta atmosfera esisteva uno strato capace di riflettere le onde radio. Ma perché questo strato fosse in grado di funzionare come uno specchio per le radioonde occorreva che fosse sufficientemente conduttore di elettricità, e quindi costituito da particelle cariche, ovvero da atomi e molecole ionizzati.

L’ipotesi – suffragata anche dalle teorie sulla ionizzazione dell’alta atmosfera elaborate per spiegare il fenomeno delle aurore polari – fu avanzata per la prima volta nel 1902 dall’inglese Oliver Heaviside e, sempre nello stesso anno ma in modo indipendente, dallo statunitense Arthur Edwin Kennelly. La prova definitiva arrivò però grazie a un fondamentale esperimento condotto nel 1924 dall’inglese Edward Victor Appleton, che per la scoperta di questo strato ionizzato dell’alta atmosfera, oggi chiamato ionosfera, venne insignito del premio Nobel per la fisica nel 1947.

La ionosfera, questa sconosciuta

Oggi, dopo oltre un secolo di trasmissioni radio e vari decenni di missioni spaziali, verrebbe da pensare che la ionosfera non abbia più segreti. La realtà è ben diversa, purtroppo. Per questo, il 10 ottobre scorso l’agenzia spaziale statunitense NASA ha lanciato in orbita un nuovo satellite, Ionospheric Connection Explorer (ICON), proprio con lo scopo di studiare a fondo la dinamica della ionosfera e analizzare le complesse relazioni fra la meteorologia terrestre e quella spaziale.

Struttura della ionosfera (NASA’s Goddard Space Flight Center/ICON)

“L’obiettivo principale della missione ICON è comprendere la regione dello spazio vicino alla Terra che chiamiamo ionosfera”, ci spiega Scott England, professore alla Virginia Polytechnic Institute and State University (Virginia Tech) a Blacksburg, e responsabile di un progetto della missione. “E’ una regione di particelle cariche che si trova nell’alta atmosfera terrestre, dove questa è molto tenue, ma non ha ancora lasciato il posto a quello che definiamo spazio.”

Da tempo sappiamo che questa regione varia moltissimo, in termini di struttura e di densità, non solo di giorno in giorno ma addirittura di ora in ora. Non siamo tuttavia ancora in grado di prevedere i tempi e i modi di questi cambiamenti. “Per questo – prosegue England – ICON farà una serie combinata di osservazioni in questa regione e nell’atmosfera neutra vicino a questo limite dello spazio per determinare le cause dei cambiamenti.”

Per studiare la ionosfera, che si estende da circa 60 fino a 1000 chilometri di altitudine, il satellite – grande più o meno quando un grosso frigorifero, con una massa di 300 chilogrammi circa e alimentato da un pannello solare poco più grande di una porta – è stato inserito in un’orbita inclinata di 27 gradi rispetto all’equatore a una quota di 575 chilometri. Da quella posizione, in cui completa un’orbita in 97 minuti, potrà osservare ciò che accade alla ionosfera nelle regioni attorno all’equatore terrestre, arrivando con gli strumenti a scandagliare l’atmosfera fino a una quota minima di circa 90 chilometri.

“Popolata da particelle cariche (ioni ed elettroni), questa regione si comporta in modo diverso dal resto della nostra atmosfera, in quanto risponde all’influenza del campo magnetico terrestre e anche dei campi elettrici che possono essere presenti localmente”, spiega ancora England.

Una delle caratteristiche più significative della ionosfera è il continuo e intenso scambio di energia legato alla creazione di queste particelle cariche. Inoltre, quando esse si ricombinano – quando cioè uno ione e un elettrone tornano a unirsi per formare un atomo o una molecola neutri – possono emettere luce, il cosiddetto airglow.

La causa primaria del processo di ionizzazione degli atomi e delle molecole presenti nell’alta atmosfera è la radiazione solare, in particolare nelle bande X e ultravioletta, la cui energia è appunto sufficiente per innescare la fotoionizzazione. Per questo motivo, la ionosfera è più estesa sopra l’emisfero diurno, mentre si riduce nelle ore notturne, anche a causa della ricombinazione che origina l’airglow, o luminescenza notturna (a cui contribuiscono anche i raggi cosmici). Questo plasma, composto da ioni positivi e da elettroni liberi, è in parte mescolato con l’atmosfera neutra, la termosfera.

L’airglow, che si libra sopra l’equatore (macchie colorate), interagisce con le le linee del campo magnetico (linee bianche) (NASA Goddard Space Flight Center/Duberstein image)

“La ionosfera è importante da studiare per svariate di ragioni”, racconta ancora England. “In primo luogo, si sovrappone a quelle che potremmo definire le zone più interne dello spazio esterno. La ionosfera in realtà si estende oltre la regione in cui volano la Stazione spaziale internazionale (ISS) e molti altri satelliti. Ciò significa, per esempio, che abbiamo bisogno di comprendere l’ambiente intorno alla Stazione e capire come può interagire con essa. In secondo luogo, con le sue particelle cariche la ionosfera può interagire con le onde radio che proviamo a trasmettere attraverso di essa, come le comunicazioni con i satelliti e i segnali GPS che usiamo per navigare. Questo tipo di interferenze non è sempre presente, ma in determinate condizioni può influenzare in misura rilevante quei segnali, ma per ora non possiamo prevedere quando accadrà.”

In effetti, a parte le missioni con equipaggio umano arrivate sino alla Luna, tutte le altre si sono “limitate” a portare gli astronauti nella ionosfera. Di fatto, è l’ambiente in cui donne e uomini si trovano a volare, e questo ambiente può avere un impatto su attività come le passeggiate nello spazio – in gergo, EVA (extra-vehicular activity, attività extra-veicolare) – e le comunicazioni con gli astronauti. “Ci sono regioni all’interno della ionosfera che potrebbero essere pericolose per gli astronauti e per le stesse missioni”, aggiunge England. “Ma la ISS e voli spaziali simili le evitano. Tuttavia, esistono eventi meteorologici spaziali durante i quali le condizioni nella ionosfera sono tali da costringere gli astronauti a cancellare o riprogrammare alcune attività, come appunto le EVA.”

Meteorologia terrestre e spaziale

Uno degli obiettivi della missione ICON è chiarire le relazioni fra la ionosfera e la meteorologia spaziale (space weather), ovvero capire come cambia il comportamento della ionosfera a seconda della maggiore o minore intensità del vento solare, il flusso continuo di particelle emesse dal Sole, che a sua volta induce variazioni locali nel campo magnetico terrestre, fino ad arrivare a produrre anche tempeste geomagnetiche importanti nel caso delle emissioni di massa coronale.

“Gli effetti di un evento meteorologico spaziale sulle attività vicino alla Terra (al suolo o in volo) possono essere influenzati sia dalle condizioni determinate dal Sole sia da quelle presenti sulla Terra quando si verifica l’evento, come alte e basse pressioni, venti, temperatura e altro”, continua England. “Al momento abbiamo solo una modesta comprensione di uno di questi fattori e una davvero minimale del modo in cui essi interagiscono creando certi effetti in seguito a un dato evento meteorologico spaziale”.

Ma come può un satellite come ICON raggiungere i risultati per cui è stato progettato? “ICON trasporta un carico utile scientifico notevole, il più grande che possa essere portato dal razzo vettore impiegato, per massimizzare la raccolta della luce che vogliamo analizzare”, ci spiega Thomas Immel, dell’Università della California a Berkeley, responsabile scientifico della missione. “Prima di entrare nella fase operativa, dal momento del lancio a oggi stiamo testando uno a uno gli strumenti. In questi giorni, per esempio, abbiamo acceso le telecamere MIGHTI, iniziando a raffreddarle attivamente in modo da ridurre il ‘rumore’ dai suoi rilevatori e permetterci di effettuare le osservazioni di cui abbiamo bisogno, dalla mattina fino a notte fonda.”

Schema degli effetti di El Niño sulla ionosfera (ICON)

Michelson Interferometer for Global High-resolution Thermospheric Imaging (MIGHTI) è solo uno dei quattro strumenti che costituiscono il carico scientifico della missione, progettati per studiare sia in situ che a distanza le componenti neutra e ionizzata (termosfera e ionosfera) dell’alta atmosfera terrestre. In particolare, misura le temperature e le velocità delle particelle dell’atmosfera neutra. I venti e gli sbalzi di temperatura dipendono dalle condizioni meteorologiche più vicine alla superficie terrestre, ma a loro volta condizionano la dinamica delle particelle cariche nello spazio esterno.

Due strumenti sono invece dedicati all’osservazione della radiazione ultravioletta: Far Ultra-Violet instrument (FUV) ed Extreme Ultra-Violet instrument (EUV). Entrambi servono a caratterizzare le variazioni diurne e notturne di parametri come la densità, l’altezza, la composizione chimica della ionosfera, e capire meglio il legame fra le condizioni meteorologiche dello spazio esterno e quelle della bassa atmosfera. L’ultimo è lo Ion Velocity Meter (IVM), progettato per misurare la velocità delle particelle cariche che si muovono in risposta alla spinta dei venti di alta quota e dei campi elettrici che generano.

“Ai vecchi tempi, avremmo dovuto portare i rivelatori a temperature molto più basse di quanto non si faccia ora”, prosegue Immel. “I moderni CCD sono molto migliori in questo senso rispetto a quelli costruiti in passato. Oggi possiamo usare dissipatori che funzionano sia al buio che alla luce del Sole, mentre in passato si doveva avere un lato freddo puntato verso lo spazio profondo per irradiare senza sosta il calore emesso dai CCD, che erano mantenuti a -100 °C. Adesso, per ottenere le prestazioni di cui abbiamo bisogno possiamo lavorare con CCD che operano a -40 °C. Quelli montati a bordo di ICON sono da considerarsi a tutti gli effetti strumenti di ‘prossima generazione’, nonostante il ritardo di due anni del lancio”, conclude Immel. A questo punto non resta che attendere i risultati, con la certezza che le sorprese non mancheranno.

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2 commenti

  1. credo che l’autore di questo articolo non abbia inserito qualcosa di suo tantomeno un pensiero conclusivo inyeressante, le sole riflessionni e scritture riportate di altri autori a cui si fa riferimento nel seguente articolo, non siano sufficienti a considerare e inserire il presente sito https://www.blueplanetheart.it nella lista degli obbiettivi divulgatori di conoscienza a interesse collettivo, –> Mettere in discussione, fare ricerca, eseguire prove e confutare fatti scientifici da tutte le angolazioni è scienza.
    Credere ciecamente in ciò che ci hanno detto ed insegnato attraverso la scolarizzazione obbligatoria è religione.
    ANY WAY —
    il presente sito non è ancora stato abilitato all’accesso in httpS e risulta ” non sicuro” , quindi in seguito si cjiede inseriro i dati richiesti , solo per postare la presente?
    VAN BE A WAY
    concludendo, si riguardi e guardi le puntate del seguente link , eh.. forse forse, comprenderà un’altra verità? https://www.youtube.com/watch?v=V1ykAGI84d0&list=PLwXAjdCy08whTzCJdHV86rot75H1g2X9D

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