Ecco come possiamo usare gli alberi per mitigare il cambiamento climatico

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Ecco come possiamo usare gli alberi per mitigare il cambiamento climatico

I benefici climatici di un bosco vanno ben oltre l’assorbimento di CO2, ma serve una gestione strategica della riforestazione, e gli alberi vanno piantati nelle zone urbane più che nei boschi, già in espansione in Italia e in Europa
di Rudi Bressa
www.lescienze.it

Sta accadendo in varie parti del mondo. La corsa alla riforestazione da parte di alcuni governi come strumento di compensazione delle emissioni di CO2 – ma non solo – è diventata pratica comune. Come l’iniziativa lanciata dal primo ministro etiope e premio Nobel per la pace Abiy Ahmed Ali, che ha portato alla riforestazione di ampie aree del paese. O il progetto indiano di piantare 220 milioni di nuovi alberi, o ancora quello cinese di realizzare una grande cintura verde per fermare l’avanzata del deserto.

In un recente studio pubblicato quest’anno su “Science”  da Jean-Francois Bastin, del Politecnico di Zurigo, e colleghi, si stima che il ripristino delle aree forestali su scala globale potrebbe aumentare di ulteriori 0,9 miliardi di ettari, con una potenziale riduzione di oltre 200 miliardi di tonnellate di carbonio. Valore che, secondo gli autori dello studio, equivale a circa due terzi delle emissioni di origine antropica.

Anche nel nostro paese è stata lanciata una proposta simile, che prevede di piantare 60 milioni di alberi nei prossimi anni, uno per ogni cittadino, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di anidride carbonica e contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici.

Sessanta milioni di alberi

Se consideriamo che le foreste italiane oggi coprono già il 36,4 per cento della superficie nazionale, con circa 11 milioni di ettari (secondo gli ultimi dati raccolti nel “Rapporto sullo stato delle foreste e del settore forestale in Italia”)  e che si calcola ci sia una densità media di mille piante per ettaro, piantarne 60 milioni significherebbe coprire una superficie di circa 60.000 ettari.

Ma quanta CO2 assorbirebbe una area simile? “Considerando che il tasso di assorbimento di un ettaro di foresta italiana in media è di circa cinque tonnellate di CO2 l’anno, possiamo calcolare un tasso di 300.000 tonnellate l’anno”, dice Giorgio Vacchiano, ricercatore in gestione e pianificazione forestale dell’Università statale di Milano. Per capire a cosa corrisponde questo valore, è necessario rapportarlo alle emissioni totali del nostro paese, che si attestano in circa 350 milioni di tonnellate l’anno, in diminuzione rispetto ai valori dei prima anni duemila, quando il valore era ben più elevato, e cioè circa 400 milioni di tonnellate.

Facendo calcoli molto generosi “queste nuove foreste ridurrebbero le emissioni di un millesimo”, spiega Vacchiano. Un valore relativamente basso, se non trascurabile, se consideriamo che gli 11 milioni di ettari di foresta italiana contribuiscono invece ad assorbire circa il 10 per cento delle emissioni di CO2 dell’intera nazione.

Un effetto in più
Anche a livello europeo il valore è simile per quanto riguarda il tasso di assorbimento relativo alle emissioni totali, dimostrando che le foreste esistenti possono dare un contributo significativo al raggiungimento degli obiettivi climatici, che a oggi prevede a livello europeo una riduzione del 40 per cento delle emissioni entro il 2030, rispetto al 1990.

In uno studio pubblicato su “Carbon Balance and Management”,  si valuta infatti anche il ruolo che potrebbe avere una gestione attiva delle foreste europee. “Questo contributo è l’effetto addizionale che possono avere le azioni forestali aggiuntive”, spiega Giacomo Grassi, ricercatore del Centro comune di ricerca della Commissione europea a Ispra e autore della ricerca.

“Le foreste infatti contribuiscono a ridurre il cambiamento climatico non solo sequestrando CO2 durante la fase di crescita, ma anche stoccandola nei prodotti legnosi che possono durare decine se non centinaia di anni, andando a sostituire altri materiali molto energivori e ad alte emissioni”. In questo modo il contributo potenziale che una foresta può dare alla mitigazione dei cambiamenti climatici risulta essere ancora più elevato.

Dunque l’idea di piantare nuovi alberi può funzionare, purché questi vengano gestiti in maniera corretta. Infatti i benefici climatici forniti dagli alberi non si limitano all’assorbimento della CO2. “Se pensiamo agli effetti che possono avere le foreste nella mitigazione e nell’adattamento ai cambiamenti climatici il discorso cambia in modo radicale”, continua Vacchiano.

Markus Bernhardt-Roemermann/FSU Jena

“L’idea, come società scientifica, è di accogliere l’appello lanciato, ma di farlo creando spazi verdi nelle città. Si tratta dunque di creare vere reti ecologiche urbane e periurbane che, oltre ad assorbire anidride carbonica durante la fase di accrescimento, siano in grado di apportare tutta una serie di benefici in aree sempre più densamente popolate e dove i livelli di inquinanti che si registrano, soprattutto nel caso delle città italiane, sono elevatissimi.”

Il verde urbano

Secondo Vacchiano, “le città sono i luoghi dove i cambiamenti climatici fanno sentire i loro effetti peggiori, basti pensare alle ondate di calore o ai recenti nubifragi. Gli alberi rinfrescano l’aria circostante, catturano e rallentano la pioggia e filtrano il particolato”.

Si tratta quindi di piantare in modo strutturale, strategico, pensando a come disporre questi alberi in città, in modo tale che possano davvero funzionare dal punto di vista fisico ed ecologico. “Il beneficio che si avrebbe non sarebbe legato solo alle emissioni, ma anche alla migliore qualità della vita.” E questo significa anche un guadagno in termini di spesa pubblica.

Ma non sono solo le foreste italiane a essere in espansione, con 50.000 ettari l’anno, circa 16 metri quadri al secondo. Anche quelle europee stanno crescendo, con un aumento di circa otto milioni di ettari in negli ultimi 25 anni, raggiungendo quota 166 milioni di ettari. “L’assorbimento attuale dovrà essere mantenuto, se vogliamo raggiungere la ‘neutralità climatica’ entro il 2050”, continua Grassi. Non sarà infatti possibile azzerare del tutto le emissioni degli altri settori, di conseguenza il contributo delle foreste europee sarà essenziale. Ciò significa foreste gestite in modo attivo e sostenibile. “Le foreste non risolvono il problema da sole, ma sono parte della soluzione, specie se si usa il legno in maniera ottimale nell’edilizia, in altri prodotti legnosi e per produrre energia con l’uso dei residui forestali”.

Riforestare, comunque, non è l’unica strategia per rispettare gli accordi di Parigi e mantenere le temperature medie globali al di sotto dei 2°C. In uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences” vengono prese in considerazione 20 strategie che porterebbero ad assorbire CO2 in maniera più efficiente ed economica. Tra queste c’è in primo luogo la lotta alla deforestazione, ma anche il cambiamento nell’uso dei suoli, in particolare in agricoltura, la riduzione nell’uso dei fertilizzanti, una migliore gestione e conservazione delle aree umide. Insieme, queste soluzioni potrebbero potrebbero fornirci il 20 per cento della mitigazione necessaria al 2030 e il 7 per cento di quella necessaria a fine secolo.

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