Le mummie rivelano quali malattie affliggevano l’antico Egitto

0

Le mummie rivelano quali malattie affliggevano l’antico Egitto

La tradizione della civiltà egizia di preservare i cadaveri permette ora di studiare con diverse tecniche le malattie più diffuse, evidenziando anche il ruolo sorprendente svolto dalla linfa vitale di quella società, il fiume Nilo
di Sara Novak/Scientific American
www.lescienze.it

L’antico Egitto, una delle civiltà più potenti che il mondo abbia mai visto e che è durata per quasi 3000 anni, è stata tra le prime a mummificare i propri morti, fornendoci una finestra sulla cultura, la lingua e la politica del suo popolo, oltre che sulla sua salute. Ora un nuovo studio ha svelato dettagli intimi del panorama delle malattie che differenziano questa civiltà dalle altre del suo tempo, compreso un ruolo sorprendente svolto dalla linfa vitale di quella società: il fiume Nilo.

Per lo studio, pubblicato di recente su “Advances in Parasitology”, l’antropologo biologico Piers D. Mitchell dell’Università di Cambridge ha analizzato i dati di 31 studi su mummie provenienti dall’Egitto e dalla vicina Nubia, un’altra civiltà precoce, risalente al 2000 a.C., in quello che oggi è l’Egitto meridionale e il Sudan. In uno studio, il 65 per cento delle mummie aveva vermi parassitari. In un altro, il 40 per cento aveva i pidocchi. Il 22 per cento delle mummie analizzate per la malaria da Plasmodium falciparum (la forma più pericolosa e mortale della malattia) ne era affetto. Sulla base di altri due studi, Mitchell stima che circa il dieci per cento avesse la leishmaniosi, una malattia parassitaria mortale che causa l’ingrossamento degli organi interni. “L’Egitto e la Nubia erano pesantemente gravati dal tipo di parassiti che possono uccidere o causare un carico cronico di malattie”, afferma Mitchell.

Mentre le malattie infettive sarebbero state comuni a qualsiasi civiltà millenni prima delle vaccinazioni, dell’acqua trattata o degli antibiotici, il fiume Nilo ha svolto un ruolo unico nel tipo di malattie che hanno preso piede nell’antico Egitto. Nonostante le condizioni aride della regione, le malattie trasmesse da vettori come la malaria e la leishmaniosi erano comuni perché le zanzare si riproducevano nelle paludi del fiume e i moscerini della sabbia nella savana più secca, spiega Mitchell.

Per contro, alcune affezioni legate all’igiene, come il tricocefalo e l’ascaride [vermi nematodi parassiti dell’intestino, NdR], entrambi diffusi attraverso le feci e comuni in altre società antiche, erano decisamente assenti nell’antico Egitto. Mitchell attribuisce questo fatto all’affidabile inondazione annuale del Nilo e al limo fertile che ne derivava, che avrebbe ridotto la necessità di utilizzare letame animale e umano per fertilizzare le colture. Tuttavia, le lumache acquatiche del fiume erano portatrici di alcuni parassiti. Inoltre, lo status di culto dei gatti nell’antico Egitto potrebbe aver portato alla diffusione del parassita toxoplasmosi negli esseri umani che entravano in stretto contatto con i gatti mummificati o usati nelle offerte religiose.

Molti degli studi esaminati da Mitchell hanno utilizzato scansioni TC per analizzare i tessuti malati alla ricerca di parassiti come la filaria di Medina, o verme di Guinea, che avrebbero potuto formare cisti nel corpo. Quando nei campioni mummificati erano presenti i tessuti molli, è stato possibile utilizzare il DNA frammentato per identificare la malaria e la leishmaniosi. Analogamente, in uno studio è stata utilizzata l’analisi del DNA del tessuto muscolare per individuare la toxoplasmosi. Quando lavoravano con campioni che si erano mummificati naturalmente, i ricercatori cercavano parassiti intestinali all’interno del cadavere. Ma negli individui più ricchi, che erano stati imbalsamati e mummificati correttamente, i ricercatori hanno dovuto cercare gli organi intestinali nei vasi canopi, contenitori che gli antichi Egizi usavano per conservare separatamente gli organi dopo il processo di mummificazione.


Anche se le élite ricche e nobili potevano conservare i loro morti in modo diverso, le malattie che mutilavano e uccidevano queste persone erano spesso le stesse che affliggevano le persone di altri strati sociali. “A prescindere dalla classe sociale, chiunque utilizzi fonti d’acqua infette è suscettibile di infezione”, afferma Ivy Hui-Yuan Yeh, antropologa fisica alla Nanyang Technological University di Singapore, che non ha partecipato allo studio. Secondo Yeh, questo spiega perché anche le mummie della nobiltà erano pesantemente afflitte dalle malattie. Il giovane faraone Tutankhamon, per esempio, vissuto tra il 1341 e il 1323 a.C. circa, fu infettato da due diversi ceppi di malaria (anche se gli scienziati non sanno se uno dei due abbia causato la sua morte).

Anche alcune malattie trovate nelle mummie egizie e nubiane raccontano la storia di una società che stava espandendo il proprio raggio d’azione. La leishmaniosi, per esempio, è stata identificata nel 13 per cento delle mummie nubiane risalenti al periodo compreso tra il 550 e il 1500 e nel 9,5 per cento delle mummie egiziane del periodo del Medio Regno (2050-1650 a.C.), un periodo in cui gli egiziani avrebbero viaggiato verso la Nubia in cerca di oro e schiavi. Poiché la Nubia era più secca e ospitava un maggior numero di mosche della sabbia nelle sue foreste di acacia, tale scoperta potrebbe indicare “che la leishmaniosi era endemica nell’antica Nubia e poteva colpire anche gli egiziani che vi trascorrevano del tempo”, ha scritto Mitchell nell’articolo.

L’impatto della malattia nell’antico Egitto e nella Nubia avrebbe avuto effetti diffusi sulla società, afferma Marissa Ledger, specializzanda in microbiologia medica e antropologa fisica presso la McMaster University dell’Ontario, anch’essa non coinvolta nello studio. “Cose come l’anemia causata dalla malaria rendono le persone stanche. Hanno anche un impatto sulla capacità di pensare e persino sulla distanza che si può percorrere in un giorno”, conclude l’esperta. “Quando in una civiltà c’è una percentuale così alta di persone affette da malattie croniche come questa, l’impatto sul funzionamento della società nel suo complesso è enorme.”

Share.

Leave A Reply