I virus e i batteri sepolti nel permafrost possono tornare attivi anche a distanza di millenni

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I virus e i batteri sepolti nel permafrost possono tornare attivi anche a distanza di millenni

Virus e batteri nelle carcasse conservate nel permafrost rischiano di rimanere esposti per lo scioglimento dei ghiacci, e possono tornare attivi e pericolosi.
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Il permafrost (permanent frost) è uno strato di suolo permanentemente ghiacciato, composto da terra e frammenti di roccia, non necessariamente con acqua ghiacciata. È presente ai margini delle aree artiche, con profondità che arrivano fino a 1.500 metri. Lo strato che inizia a qualche metro di profondità non si scongela dall’ultima glaciazione, 10.000 anni fa.|Patrick Endres, Alaska PhotoGraphics

Nell’agosto del 2016, nella penisola di Yamal, in Siberia, un ragazzo di 12 anni morì di antrace e una ventina di persone furono ricoverate per lo stesso motivo. Si pensa che il batterio si celasse nella carcassa di una renna infetta, morta 75 anni fa, e che l’ondata di caldo improvviso che colpì la tundra la scorsa estate abbia sciolto il permafrost in cui l’animale era sepolto, dando al patogeno la possibilità di rianimarsi e contaminare suolo e acque, e di infiltrarsi nella catena alimentare.

L’episodio riportato in un recente articolo di BBC Earth, mette in luce un rischio meno noto del riscaldamento globale. Viviamo in lotta, e in simbiosi, con virus e batteri della nostra epoca: che cosa accadrebbe se all’improvviso dovessimo fare fronte a patogeni scomparsi da decenni? O persino da millenni?

Chi si rivede… Di norma la calura estiva fonde circa 50 cm di permafrost all’anno, ma i cambiamenti climatici stanno sempre più spesso lasciando scoperti dai ghiacci anche strati di terreno più antichi (e inferiori). Qui, conservati in stasi da freddo, buio e assenza di ossigeno, si annidano potenziali interruttori di passate epidemie.

Nei pressi di luoghi di sepoltura siberiani è stato scoperto, per esempio, un virus intatto dell’influenza spagnola del 1918, e si teme che possa accadere anche con il vaiolo (di cui si registrò una grave epidemia, in Siberia, attorno al 1890) e con la peste bubbonica.

Leoni delle caverne di 12 mila anni fa: un’altra sorpresa nel permafrost siberiano. | Vera Salnitskaya / The Siberian Times

Ancora arzilli. Nel 2005 la Nasa ha scoperto microbi del Pleistocene, di 32 mila anni fa, nuotare, ancora attivi, in un lago prima di allora ghiacciato, in Alaska.

E si pensa che alcuni funghi, virus e batteri che infettarono Neanderthal e Denisoviani potrebbero un giorno tornare a vedere la luce in queste terre del Nord, dove la temperatura sta salendo tre volte più rapidamente che nel resto del pianeta.

La stoffa per durare. Non tutti i microbi “redivivi” sono in grado di nuocere di nuovo: a destare più preoccupazione sono i virus giganti – che hanno dimostrato una particolare resistenza – e i batteri a spore, particolarmente ardui da debellare.

Bonus a sorpresa. Alcuni di questi patogeni hanno, inaspettatamente, sviluppato forme di resistenza antibiotica (pur non essendo mai venuti in contatto con farmaci moderni). Ciò suggerisce che la resistenza agli antibiotici non è esclusivamente un fenomeno moderno, ma che mutazioni casuali possano averla favorita milioni di anni fa come forma di competizione con i microbi rivali.

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