19 MARZO 1624: IL FORTE TERREMOTO DI ARGENTA (FE) CON TSUNAMI “INTERNO” E EPISODI DI LIQUEFAZIONE DEL TERRENO

0

19 MARZO 1624: IL FORTE TERREMOTO DI ARGENTA (FE) CON TSUNAMI “INTERNO” E EPISODI DI LIQUEFAZIONE DEL TERRENO

Il 19 marzo 1624, un terremoto stimato di magnitudo 5.5 distrusse  molti edifici di Argenta, comprese le mura medievali, anche a causa dell’onda di uno tsunami “interno” e per la liquefazione del terreno
tratto da
www.meteoweb.eu

Tre fatti ben precisi poi associano quel terremoto del 1624 a quello di oggi: la magnitudo similare (stimata 5.5, appunto), l’epicentro posizionato in piena Val Padana (a nord di Argenta, una cinquantina di km ad Est di Finale Emilia!) ed appunto la presenza di sabbie geologicamente “recenti” con falda acquifera in prossimità del piano campagna. Non è vero dunque che questo fenomeno sia inedito e che l’emilia sia una zona “non sismica

Infatti, se due sono gli tsunami marini più importanti del Seicento, lo stesso numero rappresenta la quantità di tsunami “interni” (ovvero coinvolgenti acque non marine) che colpiscono l’Italia nello stesso periodo. Si tratta di fenomeni poco noti e studiati ma accertati, anche tramite testimonianze storiche locali, visionate direttamente grazie alla collaborazione del Comune di Argenta e della dott.ssa Bolognesi in particolare. Anticamente, fino al XVII Secolo, era chiamata Valle Padusa un’ampia zona paludosa, caratterizzata da stagni ed isolotti di varie dimensioni, che si estendeva dal Delta del Po fino ad Argenta ed oltre: dopo un’ampia bonifica, l’intero territorio subì profondi mutamenti ed oggi il residuo della Valle Padusa è rappresentato dalle famose Valli di Comacchio. Dall’ottobre del 1623 questa zona fu interessata da una serie di eventi sismici, inizialmente di bassa portata, che rappresentarono una sorta di “scosse preparatorie” ad un evento ben più importante, sviluppatosi alle ore 19.45 del 18 Marzo 1624. Questo terremoto, stimato di magnitudo 5.5 e con epicentro posizionato immediatamente a Nord della cittadina di Argenta (intensità Scala Mercalli VII-IX) portò, data la conformazione geologico-geomorfologica del territorio, a due fenomeni ben distinti e particolari che amplificarono gli effetti del sisma.


Data pure la falda acquifera in prossimità del piano campagna, i terreni superficiali, prevalentemente sabbiosi, furono soggetti al fenomeno della liquefazione (nei testi dell’epoca si fa riferimento al terreno che divenne “sabbia mista ad acqua bollente”), Scientificamente parlando, il sommovimento tellurico provocò l’aumento della pressione interstiziale nel terreno fino ad eguagliare la tensione soprastante: in questo modo si annullò la resistenza al taglio ed i terreni, per così dire, si fluidificarono cioè si comportarono allo stesso modo di un fluido o comunque di un liquido pesante. Molti edifici, trovandosi a galleggiare improvvisamente in una sorta di fluido, affondarono o si ribaltarono proprio perché il terreno non fu più in grado di opporre resistenza alla spinta dall’alto. Questo fenomeno trova la sua massima esplicazione in situazioni ben precise quali appunto quelle della Valle Padusa o, ad esempio, nelle spiagge della Versilia: terreni prevalentemente sabbiosi (o sabbioso-limosi), geologicamente recenti ed abbastanza potenti (spessore di qualche metro), caratterizzati da una granulometria piuttosto uniforme, normalmente consolidati e saturi o comunque con la falda freatica in prossimità del piano campagna, rappresentano le condizioni ideali per lo sviluppo della liquefazione se soggetti ad un sisma di particolare intensità.


In secondo luogo, le acque delle aree paludose furono scosse ed agitate dalle onde telluriche. Nell’intera area delle Valli di Comacchio, del cosiddetto Campotto e soprattutto del Po di Primaro si registrarono onde anomale, di entità ed altezza difficilmente valutabili, ma tali comunque da abbattere argini ed invadere le campagne. Fino a tutto il Cinquecento, il Po di Primaro era un vero e proprio ramo deltizio del Po che partiva da Ferrara, si dirigeva a sud-est, transitava da Argenta per terminare la sua corsa in Adriatico a sud del Lido di Spina.
I lavori successivi di bonifica dell’intera area videro questo ramo del Po scomparire, interrarsi ed essere sostituito nella sua parte finale dall’attuale fiume Reno. Per questo, più opportunamente, oggi ci si riferisce a questo ramo col termine Po morto di Primaro. Furono i suoi argini ad essere abbattuti dalla furia delle acque in movimento a seguito del sisma. In quel periodo ad Argenta vivevano circa tremila persone e la cittadina possedeva una conformazione urbanistica tipicamente medievale, con tanto di mura e torri. Circa il 30% delle costruzioni andò distrutto o lesionato gravemente dal sisma mentre le acque, pur “allagando le vie”, non provocarono gravi danni. La leggenda popolare vuole che le acque si siano improvvisamente arrestate in prossimità del Santuario della Beata Vergine della Celletta, rimasto infatti intatto: a perenne ricordo del miracoloso intervento mariano ogni 19 Marzo si tiene ancora oggi una solenne processione. Miracoloso fu anche il fatto che i morti in seguito a questo evento  (chiaramente avvertito anche a Ferrara, Bologna, Reggio Emilia e perfino Venezia) non superarono la cinquantina. Quello di Argenta rimane dunque uno dei rari tsunami “di acque interne” registrato nel nostro paese.

Share.

Leave A Reply