La pausa del riscaldamento globale non c’è mai stata: ecco gli studi che sconfessano i negazionisti climatici

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La pausa del riscaldamento globale non c’è mai stata: ecco gli studi che sconfessano i negazionisti climatici

Mancavano i dati dell’Artico. La teoria dello iato demolita da due studi
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Le tesi, molto care ai negazionisti climatici, che ci sia stata una “pausa” nel riscaldamento globale vengono ampiamente smentite dallo studio “A fluctuation in surface temperature in historical context: reassessment and retrospective on the evidence”  e dallo studio “The ‘pause’ in global warming in historical context: (II). Comparing models to observations” appena pubblicati su Environmental Research Letters da due team internazionali giudati da James S Risbey del CSIRO Oceans & Atmosphere (primo studio) e Stephan Lewandowsky,delle università di Bristol e della Western Australia  (secondo studio) composti in gran parte dagli stessi scienziati

Il team internazionale di ricercatori ha esaminato i dati e gli studi esistenti e li ha rianalizzati, concludendo che «Non c’è mai stata una “pausa” statisticamente significativa nel riscaldamento globale. Questa conclusione vale se si considera la “pausa” come un cambiamento nel tasso di riscaldamento nelle osservazioni o come un disallineamento nel tasso tra le osservazioni e le aspettative dai modelli climatici».

Il team di Risbey, ha riesaminato i dati e li ha inseriti nel contesto storico e lo scienziato australiano spiega che «Molti studi negli ultimi dieci anni hanno affermato di aver scoperto una pausa o un rallentamento nel riscaldamento globale e in genere hanno postulato questo come una prova incoerente con la nostra comprensione del riscaldamento globale».

Lo studio ha esaminato la letteratura su una presunta “pausa” e come è stato definito questo “iato”, gli intervalli di tempo utilizzati per caratterizzarlo e i metodi utilizzati per valutarlo. Quindi, terra per trovare le “pause”, lo studio ha testato le versioni storiche e attuali dei datasets della temperatura superficiale media globale (Global mean surface temperature – Gmst) della Terra, sia in termini di assenza di riscaldamento sia di tendenza sostanzialmente più lenta nella Gmst.

Risbey non ha dubbi: «I nostri risultati mostrano che vi è poca o nessuna evidenza statistica per una “pausa” nell’aumento della Gmst. Non la supportano né i dati attuali né i dati storici. Inoltre, gli aggiornamenti dei dati Gmst  lungo tutto il periodo di ricerca della “pausa” hanno rafforzato questa conclusione. Ma non c’erano mai state prove sufficienti per trarre ragionevolmente altre conclusioni. Il riscaldamento globale non si è fermato, ma, per evitare futuri episodi come questo, dobbiamo  capire come e perché degli scienziati hanno creduto che lo avesse fatto. L’accettazione da parte della comunità climatica di una “pausa” nel riscaldamento globale ha causato confusione tra l’opinione pubblica e il sistema politico riguardo al ritmo e all’urgenza dei cambiamenti climatici. Questa confusione, a sua volta, potrebbe aver contribuito a ridurre la spinta all’azione per prevenire i gas serra dei cambiamenti climatici. I costi totali di tutto questo sono sconosciuti, ma i rischi sono notevoli. Queste  sono lezioni qui per la scienza e per il futuro».

L’atro studio “gemello” esamina la presunta discrepanza nelle osservazioni tra il tasso di riscaldamento globale e i modelli climatici. Il team ha effettuato un confronto sistematico tra temperature e proiezioni, utilizzando i dati Gmst storici e le versioni storiche delle proiezioni del modello fin dai tempi in cui si affermava la divergenza tra le osservazioni e la modellazione. I confronti sono stati fatti con una varietà di tecniche statistiche per correggere i problemi riscontrati negli studi precedenti.

Lewandowsky spiega a sua volta: «Abbiamo scoperto che l’impressione di una divergenza – cioè una divergenza tra il tasso di riscaldamento globale effettivo e le proiezioni del modello – è stata causata da vari pregiudizi nell’interpretazione del modello e nelle osservazioni. Non erano supportati da statistiche robuste».

Gli autori del nuovo studio sottolineano che «Nonostante questo, entro la fine del 2017 la “pausa” è stata oggetto di oltre 200 articoli scientifici sottoposti a peer review. Molti di questi articoli non danno alcun motivo per la loro scelta dell’anno di inizio della “pausa”, e la loro gamma va dal 1995 al 2004».

Secondo  Lewandowsky, «Questa vasta gamma potrebbe indicare una mancanza di procedure formali o scientifiche per stabilire l’inizio della” pausa “. Inoltre, ciascuna istanza del presunto esordio non è stata scelta a caso ma è stata scelta specificamente a causa del basso riscaldamento successivo. Descriviamo tutto questo come selection bias. Questo pregiudizio causa un problema. Se viene scelto un periodo a causa della sua tendenza insolitamente bassa, ciò ha implicazioni sull’interpretazione dei livelli di significatività convenzionali (“p-value”) della tendenza. La selezione di osservazioni basate sugli stessi dati che vengono poi testati statisticamente gonfia il “p-value” effettivo, dando origine a una percentuale di falsi positivi statistici maggiore di quanto il ricercatore possa aspettarsi. Pochissimi articoli sulla “pausa” spiegano o addirittura menzionano questo effetto, tuttavia ha profonde implicazioni per l’interpretazione dei risultati statistici. Questo è importante, perché, in quel momento, alcuni dei pregiudizi che influenzano i datasets e le proiezioni erano noti, o conoscibili».

Quando i ricercatori hanno rianalizzato i dati, tenendo conto del problema del selection bias, «non hanno trovato prove di una divergenza tra modelli e osservazioni esistenti in qualsiasi momento nell’ultima decade». Un altro autore dello studio, Michael Mann, direttore dell’Earth System Science Center della Pennsylvania State University, conferma: «Durante il decennio degli anni 2000, c’è stato un rallentamento naturale del tasso di riscaldamento a causa di una combinazione di influenze vulcaniche e variabilità climatica interna, ma non c’è stata alcuna” pausa “o” iato” nel riscaldamento».

Nel 2015, i ricercatori della National oceanic and atmospheric administration Usa (Noaa) furono tra i primi a giungere alla conclusione che non ci fosse stata alcuna pausa o iato nel riscaldamento globale. Le loro scperte vennero attaccate da politici negazionisti come il deputato repubblicano Texan Lamar Smith, che allora era presidente della House Science Committee, che citò in giudizio la Noaa per ” tutti i documenti e le comunicazioni ” riguardanti quello studio. Gavin Schmidt, direttore del NASA Goddard Institute for Space Studies, ha detto a Inside Climate News, «Aveva trovato qualcosa che rientrava nel suo ambito di competenza e che poteva quindi utilizzare per sostenere questa idea priva di senso che gli scienziati stessero fabbricando dei libri o che fossero influenzati politicamente, mentre in realtà era lui la persona che faceva confusione politica».

Lo studio fornisce anche alcune possibili spiegazioni sul perché alcuni scienziati ritenessero che il riscaldamento del clima fosse in ritardo rispetto a quello previsto dai modelli. Uno degli autori, il britannico Kevin Cowtan dell’Università di York ha detto che «Una causa potrebbe essere il fatto che i fornitori di dati sulla temperatura della superficie hanno difficoltà a comunicare i limiti dei dati agli scienziati del clima. Questo è difficile perché gli utenti devono concentrare la loro esperienza nelle proprie aree problematiche, piuttosto che sui dati della temperatura. Inoltre, ci possono essere ritardi di diversi anni nell’aggiornamento dei datasets della temperatura superficiale. Ci vuole tempo per trovare un pregiudizio, trovare una soluzione e quindi per pubblicare un articolo prima che la maggior parte dei provider aggiorni i propri datasets. Questo processo va bene per la trasparenza, ma può n mettere gli utenti in una situazione e in cui scaricano dati con pregiudizi conoscibili e traggono inconsapevolmente conclusioni errate da questi dati».

Un’altra autrice dello studio, la statunitense Naomi Oreskes, dell’Harvard University, ha aggiunto: «Un ultimo punto da prendere in considerazione considerare è il motivo per cui gli scienziati attribuiscono tale enfasi alla” pausa “quando le prove a sostegno erano così scarse. Una spiegazione sta nella costante pressione pubblica e politica dei climate contrarians. Ciò potrebbe aver indotto gli scienziati a sentire il bisogno di spiegare cosa stava accadendo, cosa che li ha portati inavvertitamente ad accettare e rafforzare il quadro negazionista».

Dann Mtchell, un climatologo dell’università di Bristol che non ha partecipato allo studio, fa notare che: «Come scienziati del clima spesso guardiamo indietro a prove precedenti e ci chiediamo perché alcuni argomenti erano così importanti nella discussione; il cosiddetto iato del clima è un eccellente esempio di questo. Dato il rapido ritmo della crescente comprensione del cambiamento climatico, le conclusioni di questo studio saranno molto rilevanti per le inevitabili “apparenti” contraddizioni climatiche che emergeranno nel tempo».

Brenda Ekwurzel, direttrice scienza climatica dell’Uion of Concerned Scientists, conclude: «Gli studi attuali, in seguito al recente rapporto speciale dell’ the Intergovernmental Panel on Climate Change e del  fourth National Climate Assessment mettono a tacere qualsiasi nozione persistente di una pausa nel riscaldamento globale. E’ chiarissimo che il clima si sta riscaldando più velocemente. Il cambiamento climatico è reale, è dovuto principalmente a noi e dobbiamo fare una scelta sulle emissioni future che continueranno a contribuire al riscaldamento della temperatura superficiale media globale».

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