Scoperto l’anello di Ponzio Pilato: lo potrebbe avere indossato alla condanna di Gesù

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Scoperto l’anello di Ponzio Pilato: lo potrebbe avere indossato alla condanna di Gesù

Rinvenuto circa 50 anni fa da una squadra di archeologi guidata dal professor Gideon Foerster, l’anello in rame è stato decifrato solo oggi grazie a un macchinario in grado di far emergere i dettagli delle incisioni. A fianco di una coppa c’è scritto chiaramente il nome di Ponzio Pilato, quello del prefetto di Gerusalemme che fece condannare a morte Gesù.
di Andrea Centini
scienze.fanpage.it

Tra le centinaia di reperti recuperati nel 1968 e nel 1969 dal sito archeologico dell’Herodion, in Cisgiordania, se ne nascondeva uno dall’incredibile valore storico: l’anello di Ponzio Pilato. L’oggetto, in bronzo e deteriorato, fino ad oggi era considerato di scarso interesse, ma grazie a un macchinario di ultima generazione un team di scienziati israeliano è riuscito a decifrarne le criptiche iscrizioni. Shua Amurai-Stark del Dipartimento di Arte ed Estetica presso il Kaye Academic College e Malcha Hershkovitz dell’Università Ebraica di Gerusalemme a fianco della coppa centrale hanno rilevato il nome di Ponzio Pilato. Fu il famigerato prefetto di Gerusalemme (all’epoca provincia romana) che governò in Giudea tra il 26 e il 36 dopo Cristo, noto per aver a processato e condannato Gesù alla crocefissione, in base a quanto riportato dai testi sacri.

Non c’è l’assoluta certezza che l’anello appartenesse proprio a questa controversa figura, tuttavia ci sono diverse prove a sostegno. Innanzitutto, come dichiarato dal professor Danny Schwartz sul quotidiano israeliano Haaretz, “quel nome era raro nell’Israele di quei tempi”, aggiungendo che non conosce nessun altro Pilato di quel periodo. L’anello mostra inoltre che il proprietario era una persona di “rango e benestante”, anche se il gioiello era tutto fuorché raffinato. Probabilmente, spiegano gli studiosi, Pilato lo indossava tutti i giorni, e lo avrebbe avuto anche quando fece il gesto di lavarsi le mani davanti alla folla, sostenendo di non essere responsabile del sangue (della morte) di Gesù pur condannandolo. Proprio dal suo gesto deriva il detto di lavarsi le mani, ovvero di non interessarsi a una questione e non prendere una decisione al riguardo.

Poiché non è possibile stabilire l’età esatta dell’anello, gli archeologi debbono affidarsi al luogo in cui è stato trovato. In questo caso si tratta di un giardino con ruderi, la cui costruzione non è sicuramente superiore al 70 dopo Cristo. Di conseguenza, l’epoca di riferimento abbraccia anche quella in cui avrebbe governato Ponzio Pilato e sarebbe stato crocifisso Gesù. L’anello faceva parte di una collezione di centinaia di reperti recuperati dall’archeologo Gideon Foerster circa mezzo secolo fa, che scavò con la sua squadra – dopo la Guerra dei Sei Giorni – in una sezione della tomba di Erode e nell’omonimo palazzo. Dopo aver celato a lungo il suo segreto, l’anello si è improvvisamente trasformato in uno dei pezzi più pregiati emersi dal complesso archeologico. I dettagli sono stati pubblicati nel volume 68/2 della rivista scientifica Israel Exploration Journal a cura della storica Israel Exploration Society .

in foto copertina: Credit: J. Rodman/C. Amit, IAA, Università ebraica di Gerusalemme

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