L’inquinamento industriale dell’Artico è peggiore di quanto si credesse

0

L’inquinamento industriale dell’Artico è peggiore di quanto si credesse

Lo dimostrano gli anelli di crescita degli alberi morti e vivi intorno a Norilsk e a latitudini più alte
www.greenreport.it

Lo studio “Ecological and conceptual consequences of Arctic pollution”, pubblicato su Ecology Letters da un team internazionale di ricercatori guidato dall’università di Cambridge, è il più grande mai condotto sugli anelli degli alberi a Norilsk, nell’Artico russo, e ha dimostrato che «Gli effetti diretti e indiretti dell’inquinamento industriale nella regione e oltre sono molto peggiori di quanto si pensasse in precedenza».

Lo studio ha combinato le misurazioni della larghezza degli anelli di crescita e la chimica del legno in alberi vivi e morti con le caratteristiche del suolo e la modellazione al computer, dimostrando che il danno causato da decenni di estrazione di nichel e rame non ha devastato solo l’area nella quale viene realizzata e i suoi ambienti, ma che ha anche «influenzato il ciclo globale del carbonio».

All’inversità di Cambridge dicono che «L’entità del danno arrecato alla foresta boreale, il più grande bioma terrestre sulla Terra, può essere visto negli anelli di crescita annuali degli alberi vicino a Norilsk, dove la morte si è estesa fino a 100 chilometri». Norilsk, nella Siberia settentrionale, è la città più settentrionale del mondo con più di 100.000 abitanti ed è anche uno dei luoghi più inquinati della Terra. Dagli anni ’30, l’estrazione intensiva dei giganteschi depositi di nichel, rame e palladio presenti nella zona, insieme alle scarse normative ambientali, ha portato l’intero territorio a subire livelli di inquinamento molto gravi, l’ultimo dei quali è stata la massiccia fuoriuscita di petrolio nel maggio 2020 che ha provcato un esteso inquinamento.

Dagli anni ’60 ad oggi, l’elevato livello di emissioni atmosferiche del complesso industriale di Norilsk  non è stato responsabile solo della distruzione diretta di circa 24.000 Km2 di foresta boreale, ma sta facendo soffrire anche gli alberi sopravvissuti alle alte latitudini settentrionali.  I ricercatori spiegano che «Gli alti livelli di inquinamento causano il declino della crescita degli alberi, il che a sua volta ha un effetto sulla quantità di carbonio che può essere sequestrata nella foresta boreale. Tuttavia, sebbene il legame tra inquinamento e salute delle foreste sia ben noto, non era in grado di spiegare il “problema della divergenza” nella dendrocronologia o lo studio degli anelli degli alberi: un disaccoppiamento della larghezza degli anelli degli alberi rispetto all’aumento della temperatura dell’aria osservata dagli anni ’70».

Utilizzando il più grande dataset mai realizzato di anelli di alberi sia vivi che morti per ricostruire la storia e l’intensità del deperimento forestale di Norilsk, i ricercatori hanno dimostrato che la quantità di inquinamento immosso nell’atmosfera da miniere e fonderie è almeno in parte responsabile del fenomeno dell’”oscuramento artico”, fornendo nuove prove per spiegare il problema della divergenza. L’oscuramento artico è un fenomeno causato dall’aumento del particolato nell’atmosfera terrestre, sia da inquinamento che da polvere o eruzioni vulcaniche. Il fenomeno blocca parzialmente la luce solare, rallentando il processo di evaporazione e interferendo con il ciclo idrologico.

Ulf Büntgen del Dipartimento di geografia di Cambridge, che ha guidato il team di ricerca, spiega a sua volgta che «Utilizzando le informazioni memorizzate in migliaia di anelli degli alberi, abbiamo potuto vedere gli effetti del disastro ambientale incontrollato di Norilsk negli ultimi 9 decenni. Sebbene il problema delle emissioni di zolfo e del deperimento forestale sia stato affrontato con successo in gran parte dell’Europa, per la Siberia, non siamo stati in grado di vedere quale sia stato l’impatto, in gran parte a causa della mancanza di dati di monitoraggio a lungo termine».

Il principale autore dello studio Alexander Kirdyanov, dell’università di Cambridge, del Sukachev Institute of Forest SB RAS e dell’Università Federale Siberiana, ha misurato la larghezza annuale degli anelli degli e ha compiuto nuove misurazioni ad alta risoluzione della chimica del legno e del suolo, il che ha permesso ai ricercatori di quantificare l’entità del devastante danno all’ecosistema di Norilsk, che ha raggiunto il picco negli anni ’60.

Büntgen evidenzia che «Possiamo vedere che gli alberi vicino a Norilsk hanno iniziato a morire in maniera massiccia negli anni ’60 a causa dell’aumento dei livelli di inquinamento. Poiché l’inquinamento atmosferico nell’Artico si accumula a causa di schemi di circolazione su larga scala, abbiamo ampliato il nostro studio ben oltre gli effetti diretti del settore industriale di Norilsk e abbiamo scoperto che anche gli alberi delle alte latitudini settentrionali soffrono».

Per dimostrare che l’oscuramento artico dagli anni ’70 ha sostanzialmente ridotto la crescita degli alberi, I ricercatori hanno utilizzato un modello avanzato basato sul processo di crescita degli alberi boreali, con e senza forcing dell’irraggiamento superficiale come proxy per gli inquinanti.

I ricercatori fanno notare che «Ci si dovrebbe aspettare che il riscaldamento globale aumenti il ​​tasso di crescita degli alberi boreali», hanno scoperto che «Quando i livelli di inquinamento hanno raggiunto il picco, il tasso di crescita degli alberi nella Siberia settentrionale ha rallentato». Inoltre,  «I livelli di inquinamento nell’atmosfera diminuivano la capacità degli alberi di trasformare la luce solare in energia attraverso la fotosintesi, e quindi non erano in grado di crescere rapidamente o forti come farebbero nelle aree con livelli di inquinamento inferiori».

Büntgen conclude: «Quel che ci ha sorpreso è quanto siano diffusi gli effetti dell’inquinamento industriale: l’entità dei danni mostra quanto sia vulnerabile e sensibile la foresta boreale. Data l’importanza ecologica di questo bioma, i livelli di inquinamento alle alte latitudini settentrionali potrebbero avere un enorme impatto sull’intero ciclo globale del carbonio»

Share.

Leave A Reply