Un piccolo insetto sta cambiando il volto dei boschi del Nordest

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Un piccolo insetto sta cambiando il volto dei boschi del Nordest

Il bostrico, un parassita degli abeti rossi già presente sul territorio, che ha iniziato a diffondersi incontrastato a seguito della tempesta Vaia del 2018 e poi di una serie di condizioni climatiche avverse per le piante, sta ora devastando i boschi della zona con infestazioni ormai impossibili da arginare. Occorre allora ripensare a come ristrutturare il bosco del futuro
di Cristina Da Rold
www.lescienze.it

Quella che stiamo iniziando a vivere ora è un’altra rivoluzione del bosco. I pendii irti e fitti di sole figure slanciate verso l’alto come le colonne scure di una cattedrale, gli scenari che siamo ormai abituati a rappresentare perché corrispondono al nostro immaginario collettivo, già fra qualche decennio non ci saranno più. Al posto loro avremo boschi misti di conifere e latifoglie, forse diversi dal nostro immaginario archetipico – che in realtà di archetipico ha ben poco – ma non meno affascinanti. E in ogni caso, non ci sono soluzioni. Il bostrico (Ips typographus), il coleottero che, dopo aver divorato i boschi dolomitici del post tempesta Vaia, sta sfigurando i pendii trentini, è a tal punto diffuso che non possiamo più tornare indietro sperando di arrestarne la propagazione per “salvare i nostri boschi”.

La prognosi è, da questo punto di vista, infausta. Non possiamo più salvare i boschi dal bostrico; ma possiamo comunque salvare la situazione. Ce ne parla Andrea Battisti, professore ordinario di entomologia all’Università di Padova, che da anni studia questo piccolo insetto.

Ottobre 2018: la tempesta Vaia

Facciamo un passo indietro. Quegli ultimi giorni di ottobre del 2018, e in particolare la notte del 29, per chi li ha passati nella zona delle Dolomiti Bellunesi, della parte orientale del Trentino e dell’Altopiano di Asiago, rimarranno scolpiti nella memoria. In poche ore, eserciti di alberi sono stati piegati, e versanti sfigurati, da un vento con raffiche di 150-200 chilometri all’ora.

A distanza di qualche anno, quando l’emergenza era stata grosso modo gestita, è emerso il compagno silenzioso: il bostrico. Gli alberi caduti che non si potevano raccogliere e portare via iniziavano a essere invasi da questo coleottero, un “tarlo” che si sviluppa tra la corteccia e il legno.

Un giovane bostrico (Ips typographus) cammina lungo il lato interno della corteccia prelevata da un abete rosso infestato (© Sean Gallup/Getty Image)

Il bostrico ha sempre abitato i boschi: porta a morte gli alberi che si trovano alla fine del proprio ciclo di vita. Di lì a poco tuttavia ci si è resi conto che l’insetto stava iniziando ad attaccare non solo le piante morte o quasi, ma anche quelle vive, che normalmente riescono a difendersi. Sono passati quasi cinque anni, e il bostrico da minaccia è diventato un problema che non siamo più in grado di arginare.

“Oggi, per una serie di eventi che hanno seguito la tempesta Vaia, la quantità di bostrico presente nell’ambiente è tale da rendere impossibile la difesa da parte del singolo albero. Interi versanti, anno dopo anno, soccombono”, racconta Battisti. Nell’estate 2022 è stata la volta della val Pusteria e della val Venosta, a seguito di precedenti disturbi causati da nevicate eccezionali. Dal 2019 sono 10.400 gli ettari di superfici boscate colpite dal bostrico solo in Trentino.


Da dove è partito il problema

Non è “colpa” del bostrico se la sua diffusione è così veloce. Questo fenomeno è l’ultimo anello di una lunga catena di scelte riguardanti i boschi alpini, che ha origine oltre cent’anni fa. Anche i boschi infatti sono stati vittime della Grande Guerra. “Terminato il conflitto, abbiamo iniziato a piantare su tutto l’arco alpino boschi costituiti quasi interamente da una sola specie dominante: piante di abete rosso, l’albero di Natale, per capirci”. L’abete rosso è una specie molto importante dal punto di vista produttivo, perché è estremamente plastica, cresce bene dappertutto. Il problema è che è una pianta che necessita di molta acqua, terreni e temperature fresche, ben diverse per esempio da quelle della torrida estate del 2022.

“Quei boschi di cent’anni fa oggi sono diventati adulti e, non essendo stati tagliati, hanno raggiunto uno stadio di suscettibilità enorme a elementi di improvviso disturbo, come è stata la tempesta Vaia. Vaia è stato il primo grande fenomeno di disturbo di tipo climatico a nostra memoria”, continua Battisti. Che cosa c’entra questo con il bostrico?  Questo insetto si nutre di floema, lo strato sottile di tessuto vegetale fra la corteccia e il legno. Si tratta di un tessuto molto nutritivo perché da lì passa la linfa elaborata dopo la fotosintesi. Il bostrico per nutrirsi di floema scava una rete di gallerie molto sottili e piano piano assorbe tutta la linfa della pianta, che si secca e muore.

Vaia ha lasciato a terra ettari ed ettari di piante, “comode” per essere attaccate perché indebolite, incapaci di difendersi come fanno naturalmente le piante, grazie alla loro resina che tiene lontani i parassiti. Nel giro di pochi mesi da quando sono state abbattute, il bostrico si è impadronito delle piante a terra che erano ancora rimaste vive. Quando però, nel passaggio dal 2019 al 2020, non ha più trovato piante suscettibili a terra, l’insetto ha iniziato ad attaccare le piante rimaste in piedi.

Le nevicate del 2019-20 e la siccità del 2022

Poteva non succedere e invece è successo: per due inverni, nel 2019 e nel 2020, si sono registrate nevicate particolarmente abbondanti su molte zone che erano state abbastanza risparmiate da Vaia, come la val Pusteria e la val Venosta. “Questa neve pesante ha fatto cadere molti alberi di abete rosso, e tutto questo materiale si è aggiunto a quello già atterrato da Vaia, diventando un altro serbatoio prezioso per la proliferazione del bostrico. Siamo dunque arrivati a inizio 2022 con una quantità di individui spaventosamente alta. A memoria storica, popolazioni di bostrico così estese non si erano mai osservate”, sottolinea Battisti.

Ancora una volta, poteva non succedere e invece è successo: arriva l’estate 2022, ed è una stagione torrida con pochissime piogge.

“La mancanza di acqua ha reso queste piante ancora meno capaci di rispondere agli attacchi del bostrico. Da lì deriva il tracollo che ancora vediamo a un anno di distanza: è la prima volta che assistiamo a uno scenario di questo tipo nel sud dell’Europa, e la verità è che non ce lo aspettavamo, perché è stato innescato da un evento fortemente disturbante dell’equilibrio come la tempesta Vaia”, continua ancora Battisti. “La verità è che non c’è nulla che possiamo fare oggi per arrestare il moltiplicarsi del bostrico. Questi attacchi durano finché le popolazioni perdono la loro aggressività e per far questo ci possono volere anche fino a sette-otto anni, a seconda di come risponde il complesso degli elementi regolatori del bostrico. Sono fattori prevalentemente biologici, antagonisti di questo insetto: microrganismi, invertebrati e vertebrati”.

Le uniche strategie possibili a breve termine

Nel 2023 è in corso un attacco i cui sintomi sono ancora poco percettibili grazie al clima più fresco: l’abete ha più acqua e si difende un pochino meglio. Ma basterà un’altra stagione torrida per peggiorare le cose.


Tutto ciò non significa che non si possa fare qualcosa, ma questo qualcosa deve essere per forza un cambiamento radicale, che significa strutturare i boschi in modo diverso. “Il bosco del futuro sceglierà specie più adatte dell’abete rosso, come larice e abete bianco fra le conifere, che hanno meno bisogno di acqua, e faggio e acero di monte fra le latifoglie. Nel breve termine si tratta di sfruttare al meglio questa massa di legname per compensare le proprietà e realizzare dei profitti, e poi usare questi profitti per la ricostruzione dei boschi”, racconta Battisti.

Qualcosa si è già mosso. Il Ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ha costituito un tavolo tecnico nazionale per l’emergenza bostrico, al quale siedono rappresentanti delle realtà coinvolte, compresa la ricerca scientifica. Sono stati stanziati fondi pari a circa sei milioni di euro (tre milioni per il 2022 e tre milioni per il 2023) per far fronte a questa emergenza nel 2022 e 2023, per campagne di informazione sul territorio e per misure di intervento diretto dove è possibile, compresi incentivi per le imprese che svolgono lavori forestali per avviare la successione ecologica.

“Ogni persona che frequenta la montagna può monitorare i propri boschi segnalando i focolai di bostrico (esiste per esempio il Geoportale della Regione Veneto) e rimanere informata sulle strategie che la propria provincia e regione stanno mettendo in campo per ricostruire i boschi”, conclude Battisti.

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