Buchi neri: un pericolo per la vita extraterrestre!

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Buchi neri: un pericolo per la vita extraterrestre!

L’intensa attività dei buchi neri supermassicci al centro delle galassie rende probabilmente sterili i pianeti che si trovano nelle regioni galattiche più interne. Lo ha dimostrato uno studio che obbliga a rivedere il potenziale di abitabilità dei pianeti di altri sistemi stellari nella nostra e in altre galassie
di Shannon Hall/Scientific American
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Il centro di qualsiasi galassia è una casa pericolosa. Lì, le esplosioni di supernova inondano i pianeti vicini con raggi X, raggi gamma e fotoni ultravioletti che annientano qualsiasi possibile strato di ozono. I lampi di raggi gamma sono un’aggressione ancora più dannosa, spedendo nell’oblio qualsiasi biosfera. Anche gli incontri con le stelle vicine danneggiano i pianeti, spingendoli fuori dalle loro zone abitabili. “Non ci aspettiamo che la vita sia facile nel raggio del chiloparsec più interno della Via Lattea”, afferma Abraham Loeb dello Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics. Ma ora alla lista dei pericoli possiamo aggiungere una minaccia che supera tutto il resto: i buchi neri supermassicci.

Pericolo buchi neri per la vita extraterrestre

Science Photo Library / AGF

Ogni centro di una grande galassia ospita un buco nero supermassiccio che nella sua giovinezza fa terribili “capricci”. Anche se molti astronomi hanno ipotizzato che questi colossi, chiamati quasar quando sono attivi, avrebbero probabilmente sconvolto tutti i pianeti vicini, finora nessuno aveva valutato dal punto di vista quantitativo quegli effetti. Un nuovo studio, inviato per la pubblicazione alle “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society” (il preprint è disponibile sul server arXiv) fornisce i primi calcoli che mostrano quando, dove e come i pianeti sono danneggiati dai quasar. E il loro numero è sorprendentemente alto. Loeb e il suo collega John Forbes hanno trovato che metà dei pianeti in tutto l’universo ha perso l’equivalente dell’atmosfera di Marte, il 10 per cento ha perso l’equivalente dell’atmosfera della Terra e lo 0,2 per cento ha perso l’equivalente degli oceani della Terra, tutto grazie ai soli quasar.

Anche se i quasar sono noti per emettere forti venti e getti di particelle relativistiche che già di per sé possono essere pericolosi,

Forbes e Loeb hanno esaminato i danni causati dalla sola luce emessa. Il disco di accrescimento di detriti che orbita attorno ai buchi neri, costituiti da gas e polvere, sono così brillanti da poter superare tutte le stelle nelle loro galassie, che sono 100.000 volte più grandi. E quando questa luce illumina l’atmosfera di un pianeta, i fotoni ad alta energia trasferiscono l’energia alle particelle atmosferiche, imprimendo la spinta necessaria a sfuggire alla forza gravitazionale del pianeta. Esperti non coinvolti nello studio, come Duncan Forgan dell’Università di Saint Andrews in Scozia, si sono affrettati a sottolineare che l’entità della perdita dipende molto da composizione dell’atmosfera e massa del pianeta. Questa scoperta è solo un tassello in un puzzle tridimensionale di diversi milioni di pezzi, dice, ma è comunque il primo pezzo cruciale.

Se un pianeta dovesse perdere l’intera atmosfera, le conseguenze sarebbero probabilmente devastanti per qualsiasi forma di vita presente perché le atmosfere svolgono un ruolo cruciale nel conservare l’acqua allo stato liquido. Non solo impediscono al ghiaccio solido di sublimare in vapore, ma proteggono anche i pianeti dalle radiazioni nocive e aiutano a regolare le temperature superficiali all’interno di un intervallo stabile. È per queste ragioni che si pensa che Marte abbia perso la potenzialità di ospitare la vita in superficie quando miliardi di anni fa ha perso la sua atmosfera. Ma Dave Brain dell’Università del Colorado a Boulder, che non è stato coinvolto nello studio, nota che in realtà occasionalmente la perdita dell’atmosfera può aiutare la vita. Prendiamo per esempio la Terra. L’atmosfera primordiale della nostra casa era dominata da ed elio, due elementi non proprio conosciuti per le loro caratteristiche favorevoli alla vita. Per fortuna, il Sole ha eroso l’atmosfera e i vulcani, insieme con l’attività organica successiva, l’hanno ricostituita con il mix gassoso vitale presente oggi. Tuttavia, si pensa che la perdita dell’atmosfera sia vantaggiosa solo in circostanze molto rare. Nella maggior parte dei casi, le atmosfere sono vantaggiose per la vita e la loro perdita probabilmente rende sterile un pianeta. Quindi, a conti fatti le nuove scoperte potrebbero ridurre le possibilità di vita in tutta la galassia.

Pericolo buchi neri per la vita extraterrestre

Science Photo Library / AGF

Fortunatamente per noi, il buco nero supermassiccio della Via Lattea, Sagittarius A*, non ha causato danni alle atmosfere di Terra e Marte. Forbes e Loeb pensano che il sistema solare sia protetto dalla sua distanza dal centro galattico. “Non sorprende che ci sia vita qui sulla Terra”, dice Loeb. Come tali, i risultati fanno luce sulla cosiddetta zona abitabile galattica, quella striscia attorno a una galassia in cui è più probabile che la vita emerga. In genere, questa striscia è stata calcolata in base a esplosioni di supernova, lampi di raggi gamma e addirittura metallicità, ma mai in base alla distanza da quasar. I modelli precedenti hanno ignorato il chiloparsec più interno, dice Forgan, perché gli astronomi non erano sicuri di come considerare il buco nero supermassiccio. Forgan è entusiasta dei nuovi risultati perché lo costringeranno a riconsiderare attentamente quello che accade nel centro galattico.

Lo studio non si limita a considerare l’abitabilità sulle grandi distanze cosmiche; esamina anche le grandi scale temporali cosmiche. Poiché i buchi neri supermassicci tendono a “fare i capricci” nella loro giovinezza, i pianeti ne sono tanto più colpiti quanto più si va indietro nel tempo. “È un’altra prospettiva interessante sulle ragioni per cui siamo qui in questo momento”, dice Forgan. “Forse è un indizio che l’universo era semplicemente meno abitabile nel passato e che ora siamo arrivati al punto in cui la vita può diventare abbastanza comune”. Di conseguenza, i pianeti più anziani potrebbero essere più facilmente sterili rispetto a quelli di oggi. Questa idea è in contrasto con l’idea convenzionale secondo cui i pianeti più anziani sono i luoghi più promettenti per cercare la vita, dato che probabilmente avrebbero avuto più tempo per sviluppare civiltà, dice Forbes.

“Tutto questo ha implicazioni innanzitutto per i film di fantascienza”, dice Brain. “Non credo che si possa piazzare una civiltà al centro galattico”. Anche se una civiltà che deve sopravvivere ai pericoli di un buco nero supermassiccio nell’universo primordiale potrebbe essere buon tema per una sceneggiatura cinematografica.

(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su Scientific American il 30 maggio 2017. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

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