La subduzione: una sorgente sismogenetica particolare

0

La subduzione: una sorgente sismogenetica particolare

A cura di Mara Monica Tiberti, Francesco Emanuele Maesano e Roberto Basili, INGV-Rm1.
ingvterremoti.com

Il guscio più esterno della Terra, chiamato litosfera, è composto da diversi frammenti che vengono chiamati placche. Queste placche sono in movimento, per cui i loro bordi sono soggetti a scorrimento, trazione o compressione. Laddove avviene compressione, può accadere che una delle due placche scorra al di sotto dell’altra. Questo processo si chiama subduzione e genera terremoti, talvolta anche molto forti, sia per l’attrito all’interfaccia tra le due placche, sia per le deformazioni cui sono soggette entrambe le placche.

Questi terremoti sono di diverso tipo in funzione della posizione in cui avvengono rispetto alla subduzione stessa (Satake e Tanioka, 1999).

Al contatto tra le due placche avremo terremoti “di interfaccia”, mentre nella parte di placca che scende al di sotto dell’altra, chiamata slab, si generano terremoti detti intraslab o intraplacca. Nella parte della placca di fronte al margine della placca superiore, dove lo slab è più alto perché non ancora sceso al di sotto dell’altra placca, si possono avere i terremoti di outer-rise. Infine, altri terremoti avvengono sugli splays, faglie che si propagano all’interno della placca superiore partendo dall’interfaccia.

Figura 1 – Schema di una subduzione e dei terremoti che vi si generano.

Anche la cinematica (cioè il tipo di movimento relativo tra le due parti della faglia) di questi terremoti sarà funzione della posizione in cui avvengono. Terremoti sull’interfaccia o sugli splays avranno cinematica inversa, mentre sarà normale ed eventualmente anche trascorrente la cinematica dei terremoti che avvengono nel resto della placca superiore. Nella placca subdotta i terremoti (intraslab) avranno una cinematica variabile in funzione delle forze che agiscono sullo slab mentre scende in profondità.

Per caratterizzare i terremoti che si possono sviluppare in una zona di subduzione è quindi molto importante definire accuratamente la geometria di tutto il sistema di subduzione. Tanto più è accurata la ricostruzione geometrica tanto maggiore sarà la nostra capacità di modellare gli effetti di un terremoto che si potrebbe generare nella zona di subduzione. Considerato che la maggior parte dei processi di subduzione avviene sotto gli oceani, in queste aree i terremoti possono anche causare tsunami (https://www.youtube.com/watch?v=MlczRq0zZp0). Conoscere i possibili effetti di terremoti e tsunami significa avere la possibilità di mettere in atto le opportune azioni di prevenzione.

Dal punto di vista geologico, l’Italia è in gran parte il frutto della subduzione della placca africana al di sotto della placca europea, con conseguente deformazione e sollevamento dei sedimenti che si trovavano sul fondale oceanico e sul margine continentale.

Figura 2 – Schema geologico del Mediterraneo e profondità degli slab.

Il processo di subduzione è ancora in corso al di sotto della Calabria. Il fondale del mar Ionio è infatti costituito da una crosta oceanica molto antica che sta sprofondando al di sotto dell’Arco Calabro, con un meccanismo definito di roll-back. Lo sprofondamento dello slab è confinato lateralmente dalla presenza di due blocchi di crosta continentale, affioranti in Sicilia e in Puglia. Il roll-back causa l’arretramento dello slab con il conseguente spostamento verso sud-est dell’Arco Calabro, come evidenziato dalle misure geodetiche (Figura 3a).

Nel passato la Calabria è stata interessata da numerosi terremoti, anche forti (Figura 3b). Attualmente si registrano numerosi terremoti, fino a 400 km di profondità, la cui posizione ci fornisce le prove dell’esistenza di uno slab ben sviluppato al di sotto della Calabria (Figura 3c; Chiarabba et al., 2005).

Figura 3 – a) Direzione e quantità dello spostamento verso sud-est in relazione alla placca africana, misurato tramite stazioni dotate di sistema GPS (Devoti et al., 2011); b) Terremoti in epoca storica (CPTI15, Rovida et al., 2016): la dimensione dei quadrati è proporzionale alla magnitudo stimata; c) terremoti registrati dal 2005 al 2016, colorati diversamente in funzione della loro profondità (ISIDE Working Group 2016).

Per un approfondimento sulla sismicità profonda dell’Arco Calabro è possibile leggere questo post e vedere il video sul canale YouTUBE di INGVterremoti.

I dati raccolti con la tecnica della tomografia sismica ci permettono di sapere che lo slab raggiunge profondità ancora più elevate all’interno del mantello (oltre 600 km; Piromallo e Morelli, 2003).

Grazie alla disponibilità di una grande mole di dati di sismica a riflessione, cioè immagini simili a ecografie della crosta terrestre ottenute con tecniche geofisiche, è stato possibile integrare le informazioni già ottenute da vari autori (ad esempio: Merlini et al., 2000; Minelli e Faccenna, 2010) per indagare le strutture sepolte della crosta terrestre fino a circa 18 km di profondità. Ciò ha permesso di ricostruire, con una accuratezza finora mai raggiunta, la geometria dell’interfaccia di subduzione tra la placca africana – costituita da crosta oceanica – e dei sedimenti soprastanti che sono stati deformati e “aggiunti” alla placca europea con un meccanismo noto come accrezione (Maesano et al., 2017; Figure 1 e 4).

Figura 4 – a) Ricostruzione geometrica della porzione più superficiale dell’interfaccia di subduzione, ottenuta dall’interpretazione dei profili sismici. La linea nera è la traccia del profilo. b) L’interfaccia di subduzione e le altre strutture del cuneo di accrezione (i sedimenti della placca inferiore, deformati e aggiunti alla placca superiore) così come appaiono nei profili sismici (Maesano et al., 2017).

Come abbiamo visto, anche lo slab subdotto provoca terremoti, per cui è importante definire accuratamente come la subduzione prosegue in profondità. Per questo è necessario affidarsi alle localizzazioni dei terremoti recenti (Catalogo ISIDE). Man mano che passano gli anni, il numero dei terremoti registrati aumenta e migliora l’accuratezza delle localizzazioni, per cui i risultati dell’analisi sono via via più robusti. La loro distribuzione conferma quanto descritto dai dati di tomografia sismica (Neri et al., 2009).

I dati confermano che lo slab non è più continuo nella sua porzione più settentrionale, ma si interrompe a una profondità di circa 70 km a causa di uno “strappo” che sembra propagarsi orizzontalmente. Solo una stretta porzione dello slab può, al momento, considerarsi ancora continua dalla superficie fino a 600 km di profondità. Il fenomeno della subduzione al di sotto della Calabria sembra quindi destinato a esaurirsi “presto”, geologicamente parlando.

Le due porzioni della subduzione, quella più superficiale ottenuta mediante l’interpretazione dei profili sismici e quella più profonda ottenuta dalla localizzazione dei terremoti, sono state interpolate insieme per ottenere una unica immagine 3D della subduzione (Figura 5).

Figura 5 – Animazione raffigurante l’andamento dello slab in profondità. A partire da 70 km di profondità è visibile lo “strappo”, che lascia intatta solo una piccola parte dello slab.

Anche se il processo di subduzione al di sotto della Calabria sembrerebbe destinato a esaurirsi, la sua fine definitiva è ancora lontana (vicina in termini geologici, ma lontana se paragonata all’esistenza umana), per cui è importante comprenderne il potenziale sismogenetico anche attraverso l’utilizzo di un modello geometrico. La ricostruzione 3D dell’interfaccia di subduzione, insieme ai dati disponibili sulla sismicità storica della Calabria e ai tassi di deformazione attuali misurati dai GPS, ha evidenziato che la deformazione misurata attraverso i dati satellitari è inferiore a quella attesa calcolata sulla base del rilascio di energia dovuto ai terremoti del passato (Carafa et al., 2018). Tale evidenza ha portato a ipotizzare che l’interfaccia di subduzione possa essere attualmente, almeno in parte, “bloccata”, cioè che stia oggi accumulando deformazione che potrebbe essere rilasciata in futuro.

In ogni caso la conoscenza del sistema subduzione consente di meglio comprendere la sismotettonica della regione Calabria (Tiberti et al., 2017; vedi anche questo post https://ingvterremoti.com/2019/10/09/il-terremoto-del-7-ottobre-2019-mw-4-0-in-provincia-di-catanzaro-approfondimento-geologico/).

Nel caso di un oggetto grande come una subduzione, l’accuratezza geometrica diventa determinante qualora si debbano modellare lo scuotimento oppure la dislocazione di un terremoto potenzialmente in grado di generare uno tsunami. Le approssimazioni che si introdurrebbero utilizzando un modello troppo semplificato, infatti, potrebbero portare a risultati anche significativamente diversi dalla realtà (Tonini et al., 2017).

La subduzione della Calabria, insieme alle altre subduzioni presenti nel Mediterraneo, è stata introdotta nel Database delle Sorgenti Sismogenetiche dell’INGV DISS, http://diss.rm.ingv.it/diss/. Un approfondimento sul DISS è disponibile in questo articolo.

A cura di Mara Monica Tiberti, Francesco Emanuele Maesano e Roberto Basili, INGV-Rm1.

Share.

Leave A Reply