14 aprile 1672: un forte terremoto di Mw 5.6 distrugge quasi completamente Rimini
L’evento provocò un piccolo tsunami e numerose vittime a Rimini, che si stimano tra le 200 e le 400
Tratto da www.chiamamicitta.it
Il 14 Aprile 1672 un forte terremoto di Mw 5.6 colpì la costa adriatica romagnola, di fronte all’abitato di RImini, portando distruzione quasi totale nelle costruzioni presenti all’epoca, con crolli di numerose strutture: le vittime, secondo le cronache dell’epoca, sono circa 200, ma alcune fonti parlano di oltre 400.
Contestualmente al sisma, venne registrato un piccolo tsunami, con il mare che invase parzialmente i settori costieri della cittadina.
Ma ecco come descrive l’avvenimento Carlo Tonini nelle sue pagine di storia riminese e nelle cronache allegate.
“Correvano l’ore 22 in circa del Giovedì Santo, nel qual tempo la maggior parte della città trovavasi impiegata o in assistere ai divini uffizi, o a visitare i sepolcri, allorché viddesi da settentrione alzarsi in faccia alla città una nuvola di colore assai denso e fosco, quale appena avendo scoppiato in un tuono ottuso, tremò per lo spazio d’un pater noster gagliardamente la terra, con dupplicato moto: il primo fu di polso, sommovendo di sotto a’ fondamenti le fabbriche; il secondo di tremore, a guisa di chi ondeggia in mare. Sì spaventoso fu lo scuotimento, che quasi non è restato edifizio, per forte e ben intero che fosse, che da sì fiera agitazione ed empia non sii rimasto senza notabile offesa”.
Subito dopo si avvertirono esalazioni sulfuree alla marina e un forte vento provocò burrasca, tanto che i marinai sentivano le acque gorgogliare sotto le imbarcazioni, tanto da credere d’essere finiti sopra banchi di sassi. Frattanto il terremoto non cessava, perché dopo breve tempo la terra tremò altre due volte (ed ulteriore sussulto ebbe verso le ore 13). Lo scenario creatosi in città aveva dell’indescrivibile: il crollo degli edifici aveva provocato una tale nube di polvere che le persone appena si vedevano fra loro.
“La maggior parte di quelli che trovavansi per le strade, alcuni quasi accecati dalla polvere e dal timore spaventati, cadevano per terra; altri impalliditi e come fuori di sé cercavano la fuga; né altro udivasi risuonare per l’aria che gemiti, sospiri e singhiozzi, o di fuggitivi atterriti, o di moribondi giacenti. Udivansi le madri e i padri alzar strida inconsolabili cercando i propri figli smarriti; i figli la madre e padre, chi la moglie, chi il marito, chi i parenti; chi lagnavasi della casa diroccata. In somma, ogni cosa era un lagrimevole miscuglio di sciagure. Né fu meno lagrimevole la scena che, dopo svanita la polvere, apparve agli occhi de’ spettatori: qui vedevasi braccia monche, gambe spezzate, a chi spiccata dal busto la testa, a chi sfracellati i piedi, a chi schiacciato il capo, chi affogato dalla polvere, chi mezzo sepolto ne’ frattumi de sassi chiedere mercè; ma invano, onde tanto più tormentava il cuore a’ spettatori il non poter sovenire ed agli oppressi il non poter essere sovenuti”.
