I Vichingi usavano davvero le pietre del sole come bussole anche in assenza di esso
I leggendari cristalli dei navigatori del Nord avrebbero permesso di risalire alla posizione del Sole anche quando si viaggiava in giornate coperte e burrascose: lo dimostra una moderna simulazione.
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Come fecero i Vichinghi a navigare per secoli nelle acque fredde e aperte del Nord Atlantico, schivando gli iceberg e orientandosi anche in pessime condizioni meteo, prima di bussole e gps?
Questa domanda attanaglia da decenni storici e scienziati: ora, una serie di simulazioni computerizzate sembra dare credito a un misterioso strumento spesso citato nei racconti dei popoli del Nord: i cristalli polarizzanti o “pietre del sole”. In base allo studio, pubblicato su Royal Society Open Science, queste pietre potevano in effetti servire a rintracciare la posizione del Sole anche quando il cielo era completamente coperto, e ad orientarsi di conseguenza.
Utile eredità. Dei cristalli polarizzanti non c’è traccia, nei diversi relitti vichinghi ritrovati finora. Tuttavia, una possibile prova indiretta del loro utilizzo viene da un piccolo cristallo squadrato rinvenuto in una nave britannica affondata nel 1592 vicino all’isola di Alderney, nel canale della Manica. È possibile che i marinai britannici avessero appreso alcuni segreti della navigazione dai vichinghi che avevano solcato quelle acque prima di loro.
A caccia di luce. L’ipotesi sul banco di prova è che alcuni cristalli particolarmente puri, come quelli di calcite o lo Spato d’Islanda, una varietà particolarmente trasparente di calcite, potessero servire a rilevare la polarizzazione della luce solare – quel fenomeno che si verifica quando la luce incontra, nel suo percorso, un ostacolo, come un banco di nebbia.
