Trovate per la prima volta le microplastiche anche nelle foglie delle piante marine
Tutte le catene alimentari marine, molte delle quali finiscono nei nostri piatti, sono contaminate dalla microplastica
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I coloratissimi pesci pappagallo che vivono nelle acque caraibiche al largo delle coste del Belize svolgono un ruolo essenziale per la protezione e la salute del secondo più grande sistema di barriera corallina del mondo: questi voraci vegetariani passano la maggior parte della loro vita a mangiare, soprattutto alghe, che se non tenute sotto controllo, potrebbero soffocare i coralli.

Nell’autunno del 2017 due studenti che partecipavano al Boston University Marine Program, Hayley Goss e Jacob Jaskiel erano in Belize e raccoglievano foglie delle piante delle praterie da praterie sottomarine nelle calde e basse acque costiere e a tutto pensavano meno che all’inquinamento da plastica quando, facendo snorkeling raccoglievano le foglie nastriformi di turtlegrass (Thalassia testudinum). Infatti, come spiega Goss, i due giovani ricercatori erano interessati ad altro: «I pesci pappagallo sono vegetariani, quindi ci chiedevamo se preferissero mangiare le loro alghe con condimenti per l’insalata o no».
Il «Condimento per l’insalata» è un termine coniato da Goss e Jaskiel e dal loro supervisore, la biologa marina della Boston Randi Rotjan, per descrivere la comunità di piccoli organismi che si insediano sulle superfici delle alghe e delle piante marine. All’università di Boston spiegano che «Questi organismi, chiamati epibionti, si incrostano sulle foglie delle piante» e i tre ricercatori ipotizzano che la loro presenza potrebbe influenzare i pesci pappagallo nella scelta del cibo.
Per il loro studio i ricercatori statunitensi avevano scelto Turneffe Atoll, dove vivono sia le fanerogame marine che il pesce pappagallo che le mangia, un sito ideale come stazione di ricerca perché è vicino sia a Belize City e al Belize Barrier Reef, la barriera corallina che da sola costituisce l’80% del Sistema della Barriera Corallina Mesoamericana che si estende per 620 miglia dalla penisola dello Yucatan fino all’Honduras.
Goss e Jaskiel erano arrivati al Turneffe Atoll per svolgere un “semestre marino” di lavoro sul campo per il Marine Ecology Lab della Rotjan che spiega ancora: «Tutto è iniziato perché stavo cercando degli studenti che aiutassero a catalogare il plancton in laboratorio. Nel nostro laboratorio abbiamo un motto: “è l’onda che sale che fa galleggiare tutte le barche”, e questa è davvero la nostra filosofia sulla forza del lavoro di squadra». Ma quando iniziarono a selezionare il plancton, Goss e Jaskiel, non avrebbero mai immaginato che sarebbero diventati coautori del primo studio a descrivere l’inquinamento da microplastiche nelle piante marine e, Ironia della sorte, dicono che «E’ una scoperta che non avremmo voluto fare».

Infatti, i due giovani ricercatori sono rimasti scioccati quando, appena tornati in laboratorio a Boston dal Belize, si sono trovati a fissare in un microscopio qualcosa di inaspettato: che ci faceva una sottile fibra rossa in microplastica in mezzo ai loro campioni di piante marine? La Goss ricorda: «All’inizio, abbiamo cercato di capire in tutti i modi che questo non fosse vero. Abbiamo provato a vedere se il campione fosse stato contaminato in qualche modo». Ma il problema era che la fibra di microplastica rossa non era posata a sulla superficie del campione: era incorporata nella foglia ed era parzialmente incrostata da epibionti.
Jaskiel conferma: «A quel punto, sapevamo che queste microplastiche non erano presenti a causa di una qualsiasi contaminazione del campione: c’erano strati viventi di organismi che crescevano sopra le microplastiche» e la Goss aggiunge: «Ogni residua speranza che questo non fosse vero è stata spazzata via quando abbiamo documentato che gli epibionti erano effettivamente cresciuti sopra le microfibre».
La Rotjan paragona questo effetto con la sedimentologia: «Gli epibionti crescono strato su strato, allo stesso modo in cui sedimenti o gli strati rocciosi si depositano sulla terra». Proprio come si può giudicare l’età di un oggetto a seconda di dove si trova nello strato di roccia, Rotjan, Goss e Jaskiel hanno determinato che «Le fibre microplastiche, ricoperte da epibionti, erano lì da molto tempo».
