Le città italiane sempre più calde. E aumentano gli impatti dell’isola di calore sui fenomeni meteorologici estremi

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Le città italiane sempre più calde. E aumentano gli impatti dell’isola di calore sui fenomeni meteorologici estremi

Osservatorio di Legambiente CittàClima: l’Italia unico grande Paese Ue senza un Piano nazionale
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Dal Rapporto 2020Città sempre più calde” dell’Osservatorio di Legambiente CittàClima emerge che le città italiane sono sempre più calde. «E’ un dato di fatto ormai evidenziato dai tanti studi scientifici a disposizione che ci mostrano in maniera sempre più allarmante come gli effetti dei cambiamenti climatici siano già evidenti nelle aree urbane del pianeta sempre più soggette ad ondate di calore e fenomeni meteorologici estremi.

Roma, Milano e Bari sono le città più colpite in Italia dove, dal 1960 a oggi, secondo la ricerca dell’European Data Journalism Network che ha confrontato le serie storiche delle temperature dei Comuni italiani, a Roma la temperatura è aumentata di +3,65°C , seguita da Milano (+3,34°C) e Bari (+3,05°C).

«Drammatici gli effetti delle temperature sulla salute, in combinazione con altri fenomeni tipici delle aree urbane che portano a vere e proprie  “isole di calore” – dicono a Legambiente . La crescente urbanizzazione ed impermeabilizzazione dei suoli, l‘inquinamento da traffico veicolare e l’uso dei condizionatori danno vita a questo fenomeno che può creare disagi anche molto gravi. In particolare sono gravi le conseguenze su gruppi quali anziani, bambini e persone affette da patologie croniche soprattutto a carico del sistema cardiovascolare e respiratorio».

Per il Cigno Verde sono «Non meno preoccupanti gli impatti dei fenomeni meteorologici estremi. Nei periodi estivi si intensificano i fenomeni alluvionali, le cosiddette bombe d’acqua – in un quadro si sempre maggiore instabilità climatica legato al generale aumento delle temperature con gli ultimi fenomeni noti alla cronaca relativi a Palermo e Milano».

In Italia dal 1960 a oggi, secondo la ricerca dell’European Data Journalism Network che ha confrontato le serie storiche delle temperature dei Comuni italiani, a  Roma la temperatura è aumentata di +3,65°C , seguita da Milano (+3,34°C) e Bari (+3,05°C).  » dice Legambiente che evidenzia che è «proprio nelle aree urbane che gli effetti sulla salute della temperatura che aumenta pesano di più. Qui infatti si creano delle vere e proprie  “isole di calore”. La crescente urbanizzazione e impermeabilizzazione dei suoli, la presenza di automobili e l’uso dei condizionatori danno vita a questo fenomeno che può creare disagi anche molto gravi  nella popolazione. In particolare su gruppi specifici, anziani e bambini e su persone affette da patologie croniche soprattutto a carico del sistema cardiovascolare e respiratorio».

Per il Cigno Verde «Non meno preoccupanti gli impatti dei fenomeni meteorologici estremi. Nei periodi estivi si intensificano i fenomeni alluvionali, le cosiddette bombe d’acqua – in un quadro si sempre maggiore instabilità climatica legato al generale aumento delle temperature».

Secondo Legambiente «Occorre superare la fase del fatalismo, i dati oramai sono inequivocabili e dimostrano l’aumento delle temperature nelle aree urbane italiane, con possibili aumenti molto rilevanti durante questo secolo dentro un processo di surriscaldamento del Pianeta già in corso e che dobbiamo augurarci resti compreso dentro la fascia 1,5 – 2 gradi prevista dall’Accordo di Parigi. Nel frattempo però dobbiamo prepararci e aiutare le persone che vivono nelle aree urbane rispetto a situazioni inedite e pericolose. La buona notizia è che in Italia disponiamo, ormai da tempo, di tecnologie, sistemi di analisi, competenze e risorse economiche che permetterebbero i territori e le città di adattarsi ai cambiamenti climatici e, di conseguenza, proteggere le persone, le infrastrutture e le economie locali per i decenni che seguiranno. Alcune esperienze italiane e internazionali ci sono di aiuto e dimostrano come si possa intervenire in modo positivo nelle aree urbane attraverso politiche di adattamento che aiutano anche i cittadini a vivere meglio, in piazze, strade e parchi più belli e vivibili. Ma ora è il tempo delle scelte, non abbiamo più scuse per rinviarle e possiamo puntare anche a intercettare le risorse del Green deal europeo».

Ma l’Italia è oggi l’unico grande Paese europeo a non disporre di un Piano nazionale che definisca chiaramente le priorità di intervento per le aree a maggior rischio nel nostro Paese, e diventi il riferimento per i finanziamenti e gli interventi di messa in sicurezza del territorio italiano nei prossimi anni.

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Per Legambiente «Serve poi una più forte regia e indirizzo sulle strategie climatiche, da mettere in capo al Governo, con un coordinamento forte delle strategie dei Ministeri, che coinvolga anche quello della Salute, e dei diversi Enti che si occupano di prevenzione e di intervento. In particolare occorre rafforzare il monitoraggio degli impatti sanitari dei cambiamenti climatici. Sono evidenti i risultati degli studi italiani ed internazionali nella correlazione tra fenomeni climatici e impatti sulla salute delle persone, in particolare nei casi di ondate di calore nelle aree urbane, ed occorre quindi rafforzare e ampliare le indagini epidemiologiche in tutte le città italiane e utilizzare questi studi per piani di allerta e interventi di riqualificazione che riducano i rischi per le persone. In parallelo si devono avviare monitoraggi epidemiologici e piani di adattamento per le aree urbane e gli ecosistemi più delicati rispetto agli impatti dei cambiamenti climatici nel territorio italiano».


Bisogna anche salvaguardare la permeabilità dei suoli nelle aree urbane. «Non basta la buona volontà – sottolinea il rapporto – vista la situazione servono regole chiare per evitare che continuino i processi di impermeabilizzazione dei suoli. Bisogna fissare delle percentuali obbligatorie di terreni permeabili negli spazi cittadini privati e pubblici (parcheggi, cortili, piazze) e di recupero, riutilizzo e risparmio di acqua negli edifici. Si tratta di una decisione che risulta indispensabile  per una corretta e sicura gestione delle acque, ricaricando la falda, e per ridurre l’effetto isola di calore». Gli esempi da seguire sono quelli dei Regolamenti Edilizi dei Comuni di Bolzano, Scandiano e Mortara.

Per il Cigno Verde, «Un altro obbligo importante deve riguardare i materiali da utilizzare per le pavimentazioni negli spazi urbani pubblici e privati, in modo che non superino determinati coefficienti di riflessione, mitigando così l’incidenza delle radiazioni solari estivi. E’ necessario quindi incentivare l’utilizzo di materiali e colorazioni con prestazioni certificate e con l’obiettivo di ridurre l’effetto isola di calore, di sistemi come i tetti verdi, di vasche e fontane, che contribuiscono a contenere l’aumento delle temperature esterne».

In parallelo si devono prevedere risorse statali per la piantumazione di alberi e la creazione di boschi urbani per la riduzione delle temperature in città, attraverso l’ombra e il ruolo attivo di assorbimento di inquinanti e gas serra, raggi solari.

Secondo il rapporto, «Gli incentivi per la riqualificazione del patrimonio edilizio (come il 110%) devono puntare a portare il patrimonio edilizio italiano verso la classe A di rendimento energetico, anche nel periodo estivo. E’ infatti questo il modo più intelligente e lungimirante per aiutare le persone a soffrire meno il caldo estivo, in particolare nelle ore notturne, grazie alla capacità di isolamento delle pareti. Oggi è possibile realizzare interventi con risultati certificati da un punto di vista del rendimento energetico con costi limitati, e devono essere realizzati a partire dall’edilizia popolare e dai quartieri dove vivono le famiglie più povere che non hanno accesso all’aria condizionata. Purtroppo gli incentivi del 110% appena approvati non vanno in questa direzione, malgrado il rimborso totale delle spese da parte dello Stato è previsto un miglioramento minimo dell’efficienza (il salto di due classi, quindi in sostanza dalla G alla E) e non vi sono politiche prioritarie per le aree più povere delle città».

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