E’ stata la salmonella enterica portata dagli spagnoli a distruggere la civiltà azteca?
La “peste” cocoliztli fu la più grande epidemia messicana dell’era coloniale
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La salmonella enterica, il batterio responsabile della febbre enterica, potrebbe essere la causa a lungo cercata dell’epidemia di “cocoliztli” che imperversò dal 1545-1550 d.C. in Messico, decimando la popolazione autoctona e che ebbe un effetto paragonabile a quello della peste nera in Europa – quando morirono 25 milioni di persone – provocando il crollo definitivo della civiltà azteca.

A dirlo è lo studio “Salmonella enterica genomes from victims of a major sixteenth-century epidemic in Mexico” pubblicato su Nature Ecology and Evolution da un team scientifico internazionale, guidato da ricercatori del Max-Planck-Instituts für Menschheitsgeschichte (Mpi-Shh), dell’Harvard Universitye dell’ Instituto Nacional de Antropología e Historia (Inah) del Messico, che ha utilizzato il DNA antico e un nuovo programma di elaborazione dati per identificare la possibile causa di dell’epidemia coloniale di “cocoliztli” in Messico.
Dopo l’arrivo dei conquistadores spagnoli capitanati da Hernán Cortés, nel XVI secolo circa l’80% della popolazione azteca rimanente fu annichilita da quella che gli indigeni chiamarono “cocoliztli”, che in lingua náhuatl significa malattia o peste, e la cui causa è rimasta un mistero per quasi 500 anni. Ora il nuovo studio scarta come possibili cause malattie come il vaiolo, il morbillo, la parotite e l’influenza, sconosciute agli aztechi e portate nelle Americhe dagli spagnoli.

All’inizio del 2017 erano stati pubblicati su bioRxiv, da due diversi team di ricerca internazionali, due studi –“Salmonella enterica genomes recovered from victims of a major 16th century epidemic in Mexico” e “Millennia of genomic stability within the invasive Para C Lineage of Salmonella enterica” – che avevano indicato per la prima volta la Salmonella come possibile colpevole del crollo definitivo della civiltà azteca. Ma María Ávila-Arcos, una genetista evolutiva dell’ Universidad Nacional Autónoma de México (Unam), aveva subito espresso su Nature forti dubbi sui risultati dei due studi e, come altri ricercatori, sosteneva che sarebbe stato un virus, e non di un batterio, ad aver causato l’epidemia “cocoliztli”, scoppiata solo due decenni dopo un’epidemia di vaiolo che uccise tra i 5 e gli 8 milioni di persone immediatamente dopo l’arrivo degli spagnoli.
Tra tutte le epidemie coloniali del Nuovo Mondo, quella di cocoliztli è stata tra le più devastanti, colpì vaste aree Messico e del Guatemala, compresa la città mixteca di Teposcolula-Yucundaa, vicino a Oaxaca. Gli scavi archeologici nel sito di Teposcolula-Yucundaa hanno portato alla luce l’unico cimitero fino ad oggi conosciuto con resti collegati all’epidemia di cocoliztli. La principale autrice dello studio, Åshild Vågene dell’Mpi-Shh, sottolinea che «Dato il contesto storico e archeologico, Teposcolula-Yucundaa ci ha fornito un’opportunità unica per affrontare la questione riguardante le cause microbiche sconosciute responsabili di questa epidemia». Infatti, la città di Teposcolula-Yucundaa venne trasferita dalla cima di una montagna nella valle vicina, lasciando il cimitero con i morti da cocoliztli sostanzialmente intatto prima dei recenti scavi archeologici. Queste circostanze hanno reso Teposcolula-Yucundaa un sito ideale per testare il nuovo metodo per la ricerca di prove dirette della causa della malattia.
