Il Mar Mediterraneo è lo scenario principale dell’accelerazione dei cambiamenti climatici in corso
Il bacino del Mediterraneo si riscalda più velocemente che l’insieme del pianeta
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Per la prima volta un team di scienziati condotto dal francese Wolfgang Cramer dell’’Institut méditerranéen de biodiversité et d’écologie marine et continentale (Imbe), del CNRS/Université d’Avignon/IRD/Université Aix-Marseille, ha sintetizzato i molteplici impatti ambientali che colpiscono le popolazioni di tutto il Bacino del Mediterraneo. Ne è venuto fuori lo studio “Climate change and interconnected risks to sustainable development in the Mediterranean”, pubblicato su Nature Climate Change dal quale emerge, come conferma Piero Lionello dell’università del Salento e del Cmcc – che ha fatto parte del team di ricercatori internazionale insieme ad Andrea Toreti del Joint Research Centre – che «Le temperature medie annuali nel bacino del Mediterraneo sono ora circa 1,4° C al di sopra del livello preindustriale, 0,4° C in più rispetto alla scala globale».
Inoltre, durante gli ultimi 20 anni il livello del Mar Mediterraneo è aumentato di 60 mm, accompagnato da una significativa acidificazione. Gli scienziati avvertono che «Anche con un riscaldamento globale futuro limitato a 2° C, come chiede l’Accordo di Parigi, le precipitazioni estive rischiano fortemente di diminuire dal 10 al 30% a seconda delle regioni, aggravando le penurie di acqua e provocando una forte decrescita della produttività agricola, soprattutto nei Paesi del sud. Per soddisfare i bisogni dell’agricoltura, la richiesta di acqua per l’irrigazione aumenterà dal 4 al 22% a seconda della crescita della popolazione. Questa domanda dovrebbe entrare in concorrenza con altri utilizzi (acqua potabile, industria, turismo e provocherà dei conflitti tra gli utilizzatori, i proprietari e gli stessi governi».

Come se non bastasse, gli impatti del cambiamento climatico sulla produzione agricola, combinato alla domanda crescente di prodotti animali, aumenterà la dipendenza dall’estero dei Paesi del Sud: il Maghreb importerà il 50% dei prodotti alimentari. Anche la pesca rischia forte a causa del riscaldamento e dell’acidificazione del mare e della sovra-pesca.
Lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari sta facendo accelerare l’innalzamento del livello del mare con il rischio che superi le più recenti (e già preoccupanti) previsioni. I ricercatori dicono che «Nel Mediterraneo questo fenomeno colpirà una popolazione molto vasta localizzata sulle coste con inondazioni costiere importanti. Le intrusion marine hanno già colpito i suoli e le falde freatiche: questo fenomeno si amplificherà con delle conseguenze sulle risorse agricole e la biodiversità».
Impatti economici e ambientali che spingeranno altri migranti verso la sponda nord del Mediterraneo, ma Salvini e i suoi sostenitori farebbero bene sa temere di più altri invasori che, sulle ali del cambiamento climatico, metteranno a rischio la nostra salute: malattie come il virus del Nilo Occidentale, dengue, chikungunya. Ma aumenteranno anche le malattie cardio-vascolari e respiratorie. Il rapport avverte che «In dei Paesi politicamente fragili. I rischi socio-economici con il loro corollario (guerre, fame e migrazioni) sono sempre più attribuibili ai cambiamenti ambientali». E, aggiungiamo noi, sarà difficili “aiutarli a casa loro” se, come dimostrano i disastri climatici che viviamo anche in questi giorni in Italia, non siamo in grado neanche di aiutarci in casa nostra.
