Gli scienziati Noaa deridono i tweet di Trump sul global warming con una vignetta
«Le tempeste invernali non dimostrano che il riscaldamento globale non sta avvenendo»
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Il presidente statunitense Donald Trump non ha mai capito (o fa finta di non capire) la differenza tra tempo metereologico e clima e, di fronte alle tempeste invernali e il freddo che sta colpendo parte degli Usa, ci è ricascato e ha provato a dire che in qualche modo smentiscono il riscaldamento globale.
La scorsa settimana ha scritto su Twitter: «Gran parte del Paese soffre per enormi quantità di neve e per un freddo quasi da record. In questo momento non sarebbe male avere un po’ di quel buon vecchio riscaldamento globale!» e il 28 gennaio ha ribadito: «Che diavolo sta succedendo al Global Waming? Torna presto, abbiamo bisogno di te!».

Spiritosaggini che hanno fatto traboccare il vaso, tanto che gli scienziati della National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa), cioè l’agenzia climatica del governo degli Stati Uniti, hanno preso l’iniziativa senza precedenti di smentire un presidente Usa: dal 29 gennaio sull’account Twitter di Climate.gov della Noaa si legge: «Le tempeste invernali non dimostrano che il riscaldamento globale non sta avvenendo», il tutto accompagnato da una vignetta di un bollitore che rilascia vapore acqueo e che crea nubi dall’oceano.
E Caitlyn Kennedy, writer/social media manager di NOAAClimate, scrive, rivolta chiaramente a Trump, sulla pagina ufficiale di ClimateGOV: «No. Le tempeste di neve richiedono due cose: umidità e temperature gelata dell’aria. Ci sono molti luoghi in cui le temperature invernali dovrebbero aumentare di 10, 20, persino di 30 gradi Fahrenheit prima che smetta di nevicare. Fino ad allora, le tempeste di neve rimangono del tutto possibili, e gli schemi climatici naturali e la variabilità casuale permetteranno comunque in diversi luoghi inverni che sono insolitamente freddi e nevosi».
Una lezione al poco studioso scolaro Trump che prosegue: «Un modo per dimostrare che le tempeste di neve record non sono incompatibili con un clima più caldo è quello di guardare indietro alle storiche tempeste di neve record e alle condizioni stagionali che le hanno generate. Un’analisi di tali tempeste tra il 1961 e il 2010 ha dimostrato che mentre la maggior parte delle tempeste di neve estreme si verificavano nelle stagioni più fredde e più umide della media, circa il 35% delle stagioni nevose che producevano eventi nevosi estremi erano più calde della media e il 30% erano più secche della media.
La Kennedy fa notare che riassumendo quell’analisi all’interno di una revisione ” state of the science” sui cambiamenti climatici e le tempeste estreme nel 2014, un gruppo di scienziati ha concluso: «Anche se le temperature continueranno a scaldarsi come hanno fatto negli ultimi decenni, almeno per i prossimi decenni, tali tempeste record sono possibili, dato che sono state osservate durante stagioni mediamente più calde e più asciutte della media». E aggiunge: «In un clima caldo, non solo sono possibili forti tempeste di neve, ma potrebbero anche essere più probabili. Secondo la Third National Climate Assessment (NCA, il rapporto multi-agenzie approvata dall’Amministrazione Trump dopo non pochi mal di pancia negazionisti climatici, ndr), ci sono alcune prove che, fin dal 1950, nella stagione fredda, nell’emisfero settentrionale le tempeste sono diventate sia più frequenti che più intense. Durante il secolo scorso, nelle parti settentrionali e orientali degli Stati Uniti sono aumentate di numero anche le tempeste di neve estremamente pesanti, sebbene dal 2000 siano stati meno frequenti».

La lezione a Trump (senza mai citarlo) continua: «Per quanto riguarda le cause fisiche che hanno portato ai trend osservati nell’estrema attività delle tempeste, gli scienziati che hanno partecipato alla valutazione hanno concluso che l’attuale livello di comprensione è “relativamente basso“. Mentre la spiegazione di questi trend resta elusivo, il riscaldamento ha reso l’atmosfera più umida e questo potrebbe portare a piogge e nevicate più estreme durante queste tempeste. Rispetto agli anni ’70, gli scienziati hanno misurato un aumento significativo del vapore acqueo nell’atmosfera alla superficie su terra e oceano. Questo aumento globale è coerente con la tendenza al riscaldamento a lungo termine della temperatura superficiale media del nostro pianeta. Le temperature più calde dell’aria alimentano più evaporazione, portando ad un’atmosfera più umida, il che aumenta i totali la pioggia o la neve totali.
L’aumento delle precipitazioni potrebbe essere particolarmente significativo per tempeste invernali costiere come la Nor’easters, quella che ha sepolto Boston a metà febbraio. Queste tempeste assorbono molta della loro intensità dal contrasto estremo tra l’aria fredda a terra e l’aria calda e umida proveniente dall’oceano. Le temperature oceaniche più calde possono rendere l’aria più calda e umida, amplificando il contrasto. L’aria più umida viene quindi introdotta nel sistema della tempesta, producendo grandi quantità di neve».
