I residui radioattivi dei test nucleari sono arrivati in fondo all’oceano
Il ritrovamento in ambienti remoti come la Fossa delle Marianne del carbonio radioattivo usato nei test con gli ordigni nucleari dimostra la portata dell’impatto delle attivitร  umane sul pianeta
di Adam Levy/Scientific American
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Nel suo punto piรน profondo la Fossa delle Marianne, situata nell’oceano Pacifico occidentale, tra il Giappone e Papua Nuova Guinea, si inabissa fino a circa 11.000 metri al di sotto della superficie. ร uno degli ambienti piรน inaccessibili della Terra, ma non รจ sfuggito all’impatto della violenza dell’umanitร .
Un gruppo di scienziati ha ritrovato nei tessuti di crostacei che vivono nella trincea del carbonio 14, radioattivo, a livelli abbastanza elevati da indicarne lโorigine: la detonazione di bombe nucleari. “Di solito pensiamo che le fosse oceaniche siano abbastanza remote e profonde da essere incontaminate. Ma in realtร , non รจ cosรฌ”, dice Jiasong Fang, geo-microbiologo alla Hawaii Pacific University, che ha partecipato al nuovo studio. “Nelle fosse oceaniche puรฒ finire di tutto”.
Gli scienziati possono tracciare gli effetti delle detonazioni nucleari in superficie (la prima delle quali risale al 1945) misurando i livelli di carbonio 14, un isotopo radioattivo del carbonio che viene prodotto quando i neutroni delle reazioni nucleari collidono nell’atmosfera con atomi di azoto. (ร anche prodotto naturalmente, a livelli piรน bassi, dai raggi cosmici che bombardano l’atmosfera.)

Negli anni cinquanta e sessanta, quando furono testate decine di bombe all’idrogeno, i livelli atmosferici di carbonio 14 sono raddoppiati. Una piccolissima quantitร del “carbonio da bomba” di queste terrificanti esplosioni รจ decaduta, ma il resto si รจ diffuso in tutto il mondo e attraverso l’anidride carbonica รจ stato assorbito dalle piante, che vengono poi mangiate dagli animali, compresi gli esseri umani.
Finora, non era chiaro se il carbonio usato negli ordigni nucleari fosse riuscito a diffondersi negli anfratti piรน remoti del mondo, soprattutto nei mari piรน
Ma quando hanno usato delle trappole per catturare e analizzare i crostacei che vivono a quelle profonditร , Fang e colleghi hanno rilevato nei loro tessuti e nel contenuto intestinale dei livelli di isotopi molto piรน elevati che nelle acque circostanti. Il carbonio radioattivo doveva essere arrivato lรฌ in un altro modo, piรน veloce: secondo i ricercatori, stava prendendo una scorciatoia attraverso la catena alimentare.
La materia organica, compresi gli escrementi e le carcasse degli organismi di superficie, sprofonda lungo la colonna d’acqua in poche settimane o mesi. Quando i crostacei che vivono sul fondale sgranocchiano quei bocconi, assorbono nel loro corpo la โfirmaโ dei test nucleari, dicono i ricercatori nello studio, pubblicato online ad aprile su โGeophysical Research Lettersโ.
Di recente, altri studi condotti in tutto il mondo hanno identificato i residui dei test sulle armi nucleari della metร del XX secolo โ ma anche dei disastri nucleari di Chernobyl e Fukushima – nei ghiacciai di montagna, un altro paesaggio spesso considerato incontaminato e remoto. Insieme ai risultati relativi alla Fossa delle Marianne, queste scoperte “dimostrano che la circolazione atmosferica e oceanica distribuisce la radioattivitร originata dalle bombe a livello globale, anche ai siti piรน remoti”, dice Edyta Lokas dell’Institute of Nuclear Physics PAS di Cracovia, in Polonia, che ha lavorato alla ricerca sui ghiacciai, presentata lo scorso aprile a un convegno della European Geoscience Union (EGU).
Peggio ancora, il fallout intrappolato nei ghiacciai include elementi radioattivi piรน preoccupanti (come l’americio-241, un prodotto del decadimento del plutonio), che potrebbero essere rilasciati a causa del riscaldamento globale e dello scioglimento dei ghiacci. “L’ereditร  della contaminazione radioattiva sarร  avvertita da molte generazioni a venire”, dice Lokas.

Queste impronte evidenti e durature dei test nucleari sono uno dei segni proposti dagli scienziati che ritengono che gli esseri umani abbiano cambiato il pianeta a tal punto che ora vivremmo in un’epoca geologica distinta, spesso chiamata “Antropocene”. Secondo i sostenitori di questa idea, il fatto che i resti di queti test stiano raggiungendo i ghiacciai e le profonditร oceaniche indica che l’uomo ha iniziato ad alterare radicalmente la geologia dell’intero pianeta. “Questo mostra che i segni della nostra specie stanno raggiungendo anche luoghi ritenuti remoti o lontani dall’influenza umana”, dice Jan Zalasiewicz, paleobiologo all’Universitร di Leicester, nel Regno Unito, che studia l’Antropocene.
Ma non sono solo impatti relativamente rari, come i test nucleari, ad aver raggiunto quegli ambienti remoti; vi si puรฒ trovare anche una contaminazione umana piรน โbanaleโ. I ricercatori hanno riferito di recente di aver ritrovato delle microplastiche โ frammenti di plastica piรน grandi, microsfere e fibre sintetiche โ in tutti i crostacei testati della Fossa delle Marianne. “Eโ un fatto scoraggiante, ma non inaspettato,” dice William Reid, un ecologo della Newcastle University che ha partecipato allo studio, pubblicato in febbraio su โRoyal Society Open Scienceโ. “Probabilmente รจ il tipo di ricerca piรน triste in cui sia mai stato coinvolto.” E stando ai risultati presentati alla riunione dell’EGU di aprile, le microplastiche sono state trovate anche nei ghiacciai.
Di fatto, le azioni dell’umanitร hanno una portata cosรฌ vasta che uno studio pubblicato su โCurrent Biologyโ nel 2018 ha ipotizzato che solo il 13 per cento degli oceani della Terra possa ancora essere ritenuto allo stato selvatico. “Dubito fortemente – dice Reid โ che sulla superficie o sui fondali marini di questo pianeta siano rimasti molti luoghi che non abbiamo influenzato.”
 
								
				 
				
								
										
			 
	
											