Ogni anno finiscono nel Mediterraneo 570 mila tonnellate di plastica
WWF: anche l’Italia ogni anno riversa in mare 40mila tonnellate di rifiuti plastici. In questo caso il problema non è il materiale in sé, ma la sua mancata gestione a valle del consumo
www.greenreport.it
Nella Giornata mondiale degli oceani non ci sono buone notizie per il Mare Nostrum: il nuovo report elaborato dal Wwf documenta come ogni anno finiscano nel Mediterraneo 570 mila tonnellate di plastica, l’equivalente di 33.800 bottigliette gettate in acqua ogni minuto. E nonostante la percezione di una crescente “plasticofobia” nella sensibilità pubblica nei fatti l’inquinamento da plastica sta continuando a crescere, e si prevede che entro il 2050 l’inquinamento nell’area mediterranea quadruplichi.

In questo caso il vero problema naturalmente non è il materiale in sé, ma la sua mancata gestione a valle del consumo, quando diventa rifiuto: «Il meccanismo di gestione della plastica è decisamente guasto – spiega la presidente del Wwf Italia, Donatella Bianchi – i Paesi del Mediterraneo ancora non riescono a raccogliere tutti i propri rifiuti e sono lontani dal trattarli con una modalità efficiente di economia circolare. Il cortocircuito sta nel fatto che mentre il costo della plastica è estremamente basso, mentre quello di gestione dei rifiuti e dell’inquinamento ricade quasi totalmente sulla collettività e sulla natura. Dall’altro lato, perché faccia passi in avanti, il sistema di riciclo dei rifiuti plastici è ancora troppo costoso. Tutti i Paesi dovrebbero rivedere la catena del ciclo di vita della plastica, ridurre drasticamente la produzione e il consumo di plastica e investire seriamente in sistemi innovativi di riciclo e riutilizzo, in cui la plastica non venga sprecata. L’unica rotta possibile per contrastare con efficacia l’inquinamento da plastica dal Mediterraneo è questa».

Le imprese del Mediterraneo mettono infatti sul mercato 38 milioni di tonnellate di manufatti in plastica ogni anno, ma non coprono tutti i costi di gestione dei rifiuti eccessivi che contribuiscono a generare; è anche per questo che solo il 72 % dei rifiuti di plastica viene gestito attraverso un trattamento controllato dei rifiuti, con alcuni Paesi che si comportano meglio di altri. Sotto questo profilo l’Italia galleggia in una sorta di limbo: le sue performance ambientali sono nettamente migliori rispetto a quelle registrate lungo la sponda sud del Mediterraneo, ma ancora non all’altezza dei Paesi più avanzati in Europa.

I numeri del report Wwf parlano chiaro: il nostro Paese ogni anno produce circa 4 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui l’80% proviene dall’industria degli imballaggi, e riversa in mare 40mila tonnellate di rifiuti. E il mare si vendica velocemente. L’80% dell’inquinamento marino plastico nel Mediterraneo ritorna a terra entro un decennio, inquinando le spiagge e le coste. Anche il turismo – ben lungi dall’essere un settore economico a impatto zero – è parte del problema e al contempo ‘parte lesa’: «Il flusso turistico incrementa del 30% la produzione di rifiuti plastici nei mesi estivi, ma spiagge e mare sporco allontanano i turisti. L’effetto negativo della plastica in natura colpisce tutta la Blue economy: quella italiana è la terza più grande d’Europa ma l’inquinamento le fa perdere circa 67 milioni di euro l’anno. I settori più colpiti sono proprio il turismo (30,3 milioni di euro) ma anche la pesca (8,7 milioni di euro), il commercio marittimo (28,4 milioni di euro) e bonifiche e pulizia (16,6 milioni di euro)».
