L’eccezionale resilienza climatica dei faggi abruzzesi
Faggi completamente defoliati sono in grado di mobilizzare le riserve immagazzinate diversi anni prima
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Lo studio “Winter’s bite: Beech trees survive complete defoliation due to spring late-frost damage by mobilizing old C reserves”, pubblicato su New Phytologist da un team di ricercatori dell’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del mediterraneo (Cnr-Isafom), dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri (Cnr-Iret) e del Max-Planck-Institut für Biogeochemie, ha dimostrato che i faggi abruzzesi »utilizzano riserve di carboidrati immagazzinate sino a cinque anni prima, al fine di riemettere le foglie perse in seguito a una gelata primaverile e riprendere a fotosintetizzare. Le riserve vengono parzialmente ripristinate nel corso della stagione. Una evidenza delle capacità di risposta agli eventi estremi legati al cambiamento climatico». La collaborazione dl Cnr con il Max-Planck è stata resa possibile da una borsa di eccellenza per giovani ricercatori del Dipartimento di scienze bioagroalimentari del Cnr assegnata a Negar Rezaie del Cnr-Isafom.
I ricercatori italiani sottolineano che «La regione mediterranea è tra le più vulnerabili al cambiamento climatico. Temperature più alte nel periodo primaverile possono causare l’anticipo della stagione vegetativa anche in montagna, esponendo ecosistemi quali i boschi di faggio al rischio di danni da gelate tardive primaverili letali per le giovani foglie. È quanto accaduto nel 2016, quando i boschi montani del Centro e Sud Italia, che a causa dell’inverno caldo avevano anticipato la stagione vegetativa di un paio di settimane, sono stati colpiti da una gelata avvenuta tra il 25 ed il 26 aprile. In particolare, nella faggeta abruzzese di Selva Piana (Collelongo, AQ), sito a 1.500 m slm studiato da quasi 30 anni e appartenente alla Rete di ricerche ecologiche di lungo termine Lter–Italia, la temperatura è scesa fino a –6.5°C, causando una completa defoliazione, che ha costretto gli alberi a riformare interamente gemme e foglie ed a ricorrere, per circa due mesi, alle riserve di carbonio per il mantenimento delle attività fisiologiche».
