Caldera dei Campi Flegrei: la sua lunga storia scritta nelle rocce
di Mauro A. Di Vito, Sandro de Vita, Rosella Nave
ingvvulcani.wordpress.com
La caldera
Una caldera รจ una struttura vulcanica che si forma quando, in seguito ad unโeruzione vulcanica, la camera magmatica si svuota in misura sufficiente da causare il collasso delle rocce sovrastanti. La caldera dei Campi Flegrei si sviluppa su unโarea compresa tra il promontorio di Cuma, a ovest, e le colline di Camaldoli, Vomero e Posillipo, a est (Figura 1). Unโarea molto piรน ampia di quella calderica รจ stata sede di vulcanismo giร diverse decine di migliaia di anni prima delle eruzioni che hanno causato i collassi calderici, avvenute rispettivamente 40.000 e 15.000 anni fa.

Dati di perforazioni e di rocce affioranti indicano che i vulcani attivi prima di 40.000 anni fa erano centri eruttivi monogenici che hanno generato sia eruzioni esplosive che effusive. Le etร radiometriche di alcune delle rocce piรน antiche affioranti indicano che il vulcanismo era attivo prima di 60.000 anni fa.
Nella cittร di Napoli vi sono esempi molto evidenti di questi vulcani quali la collina del Monte Echia (Figura 2), che rappresenta i resti di un cono di tufo, e la collina di San Martino (Figura 3), la cui forma deriva dalla presenza di una cupola lavica, su cui si sono depositati i depositi di coni di tufo locali, sempre piรน vecchi di 40.000 anni. Ma questi sono solo alcuni dei numerosi centri eruttivi sepolti sotto i prodotti delle eruzioni successive o sprofondati nellโarea interessata dal collasso calderico; altri esempi molto evidenti di questo vulcanismo si vedono lungo la falesia di Monte di Procida.


La caldera flegrea in realtร รจ il risultato di due collassi, avvenuti durante due eruzioni esplosive di elevata magnitudo: lโIgnimbrite Campana (etร 39.000 anni) e il Tufo Giallo Napoletano (etร 15.000 anni). Sulla forma e dinamica di queste due caldere vi รจ ancora un dibattito scientifico in atto, che tuttavia non ha influenza sulla ricostruzione della storia successiva allโultimo collasso. Queste due eruzioni hanno generato rocce molto utilizzate nellโarea napoletana per la costruzione di manufatti e note in tutto il mondo. La prima ha generato il Piperno, la Breccia Museo (Figura 4) e il Tufo Grigio Campano, la seconda ha prodotto il Tufo Giallo Napoletano e la famosa โpozzolanaโ, ampiamente utilizzata, insieme ai tufi, sin dalle epoche greca e romana (Figura 5).


La struttura calderica, da molti ritenuta โannidataโ, cioรจ con la seconda (piรน piccola) contenuta nella precedente, รจ interessata da una generale subsidenza, mentre la sua parte centrale รจ soggetta a episodi di risorgenza, che hanno determinato un sollevamento di almeno 90 m della parte centrale di Pozzuoli negli ultimi 10.000 anni.
Il vulcanismo degli ultimi 15.000 anni รจ avvenuto allโinterno della caldera piรน recente (Figura 6) e si รจ concentrato in tre Epoche di intensa attivitร , quasi esclusivamente esplosiva. Le etร misurate con il metodo del radiocarbonio (14C) consentono di collocare la prima Epoca da 14.900 a 10.600 anni fa; la seconda Epoca da 9.600 a 9.100 anni fa, e la terza da 5.500 a 3.800 anni da oggi. Dopo la fine della terza epoca lโunico evento eruttivo occorso รจ quello che ha visto la formazione del Monte Nuovo, avvenuto nel 1538, del quale si parla nel paragrafo successivo.

Come documentano le date riportate sopra, le diverse epoche di attivitร sono separate da periodi di quiescenza di lunghezza variabile, marcate dalla presenza di paleosuoli (Figura 7). Ad esempio, tra la terza epoca e il Monte Nuovo ci sono oltre 3000 anni di riposo mentre dallโeruzione del Monte Nuovo a oggi registriamo quasi 500 anni senza eruzioni.
