La costruzione di migliaia di dighe negli ultimi due secoli ha spostato più volte i poli terrestri

0

La costruzione di migliaia di dighe negli ultimi due secoli ha spostato più volte i poli terrestri

Il trasferimento da un luogo all’altro di grandi masse d’acqua cambia la forma della Terra, che di conseguenza modifica la sua rotazione producendo un fenomeno chiamato spostamento dei poli
di Andrea Tamayo/Scientific American
www.lescienze.it

Scie di stelle sopra la diga delle Tre Gole a Yichang, nella provincia di Hubei, in Cina. Grandi dighe come questa stanno spostando i poli della Terra dall’asse di rotazione (©CFOTO/Future Publishing via Getty Images) ()

Negli ultimi 200 anni, gli esseri umani hanno immagazzinato centinaia di miliardi di litri d’acqua in migliaia di dighe in tutto il mondo. Secondo un nuovo studio pubblicato su “Geophysical Research Letters”, questo spostamento d’acqua sta allontanando i poli geografici della Terra dal suo asse di rotazione, contribuendo a un fenomeno chiamato spostamento polare reale (true polar wander).

In un modello ideale del nostro pianeta, l’asse attorno al quale ruota la Terra passa attraverso i poli geografici fissi, o quelli che in genere chiamiamo Polo Nord e Polo Sud. In realtà, l’asse attraversa la superficie del pianeta in punti distanti dai poli geografici, spiega Jim Davis, geodeta dell’Osservatorio della Terra Lamont Doherty della Columbia University, che non ha partecipato allo studio. La distanza tra i due punti è chiamata deviazione dei poli, o true polar wander, ed è fondamentale conoscerla per una serie di scopi.

“Gli astronomi ne hanno bisogno. Il GPS ne dipende. Ci sono molte cose che dipendono dal sapere come sta ruotando la Terra in in un determinato momento”, sottolinea Davis. “Dobbiamo conoscere con precisione la deviazione dei poli, altrimenti gli errori si propagheranno in altri sistemi da cui dipendiamo quotidianamente.”

Il massiccio pompaggio di acque sotterranee ha modificato l’inclinazione dell’asse terrestre


Lo spostamento polare avviene perché la superficie della Terra ruota per ridistribuire la massa e stabilizzare la sua rotazione. Immaginate il nostro pianeta come un pallone da spiaggia che gira sul dito di qualcuno. Se si attaccasse una gomma da masticare alla palla, allora la palla potrebbe oscillare sul suo asse di rotazione e muoversi per adattarsi all’aumento di massa, spiega Davis. Sulla Terra, invece di una gomma da masticare, ci sono strati di ghiaccio che si spostano e movimenti della roccia del mantello che fanno sì che il pianeta si adatti. Sebbene le dighe spostino una quantità di massa minore rispetto a questi altri fenomeni, hanno comunque un effetto apprezzabile.

Per capire l’entità dell’effetto, Natasha Valencic, dottoranda al quarto anno alla Harvard University, e il suo gruppo hanno apportato alcune piccole aggiunte a una banca dati di dighe precedentemente sviluppata e hanno esaminato un totale di 6862 dighe costruite dal 1835 al 2011. Hanno poi calcolato l’effetto delle dighe sui poli terrestri in due periodi di tempo. Dal 1835 al 1950 circa, la maggior parte delle dighe è stata costruita in Nord America e in Europa, causando l’allontanamento del Polo Nord da queste regioni. Poi, a partire dagli anni cinquanta, sono state costruite altre dighe in Africa orientale e in Asia, tirando il polo nella direzione opposta. Nel 2011, il polo si trovava a soli 20,5 centimetri di distanza dalla sua posizione originale, ma nel corso del tempo si è spostato avanti e indietro per un totale di 113,4 centimetri, poco più di un metro.

“Un metro è una quantità apprezzabile per quanto riguarda il movimento polare”, afferma Davis. Lo studio del movimento polare rivela qualcosa sul modo in cui si muove la massa della Terra. “I movimenti della massa rivelano sia importanti processi naturali nel sistema terrestre sia significativi cambiamenti indotti dagli esseri umani, per cui la loro comprensione è importante per la scienza e la società, anche per quanto riguarda i cambiamenti climatici e le soluzioni a questi ultimi.”

(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American”. Traduzione ed editing a cura di “Le Scienze”. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)  

Share.

Leave A Reply