Le pulsazioni di magma stanno “facendo a pezzi” l’Africa
Le firme chimiche delle rocce vulcaniche offrono indizi su ciò che sta accadendo nel mantello al di sotto dell’area in cui si incontrano tre zone di frattura in Africa orientale
di Nora Bradford/Scientific American
www.lescienze.it

Un punto dell’Africa orientale chiamato Triangolo di Afar segna l’incontro di tre zone di frattura (rift zone), ovvero linee in cui la crosta terrestre si sta lacerando. I ricercatori non sono ancora sicuri di cosa sia alla base di questa frattura, ma un nuovo studio pubblicato su “Nature Geoscience” suggerisce che sia causato da impulsi ritmici di roccia fusa provenienti dalle profondità sotto la superficie.
Gli scienziati hanno proposto per la prima volta negli anni settanta che al di sotto di questo punto si verificasse una risalita di materiale caldo dal mantello terrestre, conosciuta come pennacchio. Da allora i ricercatori hanno discusso se a spingere le placche sia un singolo pennacchio, diversi pennacchi più piccoli o qualcosa di completamente diverso. Emma Watts, geochimica presso l’Università di Swansea, in Galles, voleva risolvere la questione e insieme a un team di geofisici, geochimici e scienziati computazionali ha messo insieme le forze e ha trovato una risposta plausibile.
“Più approfondisco l’argomento, più mi rendo conto che bisogna avere tutti i pezzi del puzzle per vedere il quadro generale”, afferma l’autrice.
Afar: dove l’Africa si spacca
Il team ha analizzato 130 campioni di roccia provenienti da vulcani della regione di Afar. Le firme chimiche di ciascun campione hanno aiutato il team di ricerca a ricostruire il movimento della roccia fusa sotto la superficie terrestre: gli scienziati hanno calcolato i rapporti delle concentrazioni di elementi come il piombo e il cerio, che possono indicare se il materiale del mantello profondo è risalito verso l’alto, nonché i rapporti di diversi isotopi che provengono ciascuno da fonti leggermente diverse all’interno del mantello.
Dopo aver confrontato i loro dati con modelli computazionali di varie permutazioni di pennacchi del mantello, i ricercatori hanno scoperto che la migliore spiegazione per le loro osservazioni è un singolo pennacchio che si muove verso l’alto a impulsi. Gli impulsi sembrano esercitare una pressione variabile che spinge su ciascuna zona di frattura in modo diverso, a seconda del modo in cui la frattura si muove e dello spessore della crosta su entrambi i lati. Il rift del Mar Rosso, che si estende rapidamente nel Triangolo di Afar, ha impulsi che si spostano più lontano lungo la zona di fratturazione e che sono più frequenti di quelli della Rift Valley Etiopica, che si estende più lentamente nella parte occidentale del triangolo.
“I tassi di fratturazione controllano realmente ciò che vediamo nel pennacchio”, afferma Watts. “Riteniamo che il rift del Mar Rosso si stia estendendo più velocemente…, quindi ha più spazio per muoversi e si allunga più facilmente.”
La relazione tra il movimento del mantello e le impronte geochimiche è “entusiasmante perché suggerisce che la geofisica e la geochimica possono essere coniugate per dedurre processi geodinamici su larga scala”, afferma Catherine Rychert, geofisica presso la Woods Hole Oceanographic Institution, che non è stata coinvolta in questa ricerca.
Questo è uno dei primi esempi conosciuti di un pennacchio del mantello dinamico che risponde alle placche tettoniche sovrastanti, quindi sono necessarie ulteriori ricerche per confermare la scoperta, afferma Rychert. Watts spera che questa tecnica possa essere utilizzata in altri sistemi di rift e che ulteriori dati provenienti da questo sistema possano fornire una visione più precisa di ciò che accade in profondità sotto la superficie terrestre.